La morte di Carnevale fa ridere Napoli
In un periodo in cui si trova sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per il problema dei rifiuti, Napoli ricorda al pubblico milanese che conosce altri modi per far parlare di sé, ad esempio grazie al suo patrimonio teatrale. Sul palcoscenico del San Babila approda per la prima volta la Compagnia il Siparietto, che mette in scena La morte di Carnevale, esilarante commedia del drammaturgo partenopeo Raffaele Viviani. «È stato un grande uomo di spettacolo, ma qui al Nord è pressoché sconosciuto – spiega Patrizio Rispo, uno degli interpreti, noto al grande pubblico per la sua partecipazione alla fiction televisiva Un posto al sole –.
L’ha penalizzato la sua napoletanità, soprattutto per quanto riguarda il lessico. Viviani usa alcuni termini dialettali che neppure gli stessi napoletani capiscono più. Per parecchio tempo, dopo la sua morte, gli eredi hanno proibito di attualizzare i testi, che rischiavano di essere dimenticati».
Quella che va in scena al teatro San Babila, per la regia di Salvatore Ceruti, è la prima autentica “italianizzazione” di questa commedia, che fa sorridere amaramente lo spettatore. Carnevale non è infatti il periodo di feste in maschera, ma un avido usuraio che, in punto di morte, si trova circondato da uno stuolo di parenti a caccia del suo ingente patrimonio. «Il nome del protagonista non è stato attribuito casualmente – sottolinea l’attrice Dalia Frediani –. Durante la settimana di Carnevale tutti noi tendiamo a sfogarci, pensando di liberarci dei nostri peccati e di vivere una sorta di purificazione. I personaggi di Viviani, gli abitanti dei vicoli di Napoli, fanno lo stesso: usano il vecchio Carnevale come capro espiatorio. Quando hanno a che fare con lui paradossalmente si sentono meglio perché, disprezzandolo, possono considerarsi superiori». In realtà l’usuraio, interpretato da Tommaso Bianco, non è l’unico mostro della situazione: il cinismo imperante non risparmia nessuno e i personaggi minori, completamente asserviti al dio Denaro, non sono certo migliori del protagonista. «Il mio ruolo è quello di rappresentare la Napoli avara verso i suoi figli, in cui tutti i poveri del mondo possono identificarsi – spiega Bianco –. I disgraziati che si devono arrangiare per sopravvivere sono una categoria universale, anche se credo che la recitazione istintiva di noi napoletani ne interpreti i problemi in modo particolarmente efficace». La regia di Ceruti ha reso il testo più comprensibile, ma senza nulla togliere ai colori caratteristici di Napoli, alla musica, alla gestualità e all’atmosfera partenopee. «La nostra città è da sempre il centro della cultura europea e la situazione attuale è semplicemente indecorosa – chiosa Rispo –. Napoli ha tutto: paesaggi favolosi, storia, gente magnifica. Ma non riesce a gestire queste enormi ricchezze. E i napoletani si disperano. Oggi come ai tempi di Viviani».
[lucia landoni]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
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[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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