Il mistero dei bambini-fantasma
Sbarcano in Sicilia e poi spariscono nel nulla. Sono poco più che bambini, provengono dall’Africa orientale e occidentale, dal Pakistan, dalla Palestina. Hanno tutti dai dodici ai diciassette anni, arrivano a Lampedusa, vengono ospitati per i primi giorni – di solito una settimana – dagli ex Cpt ora chiamati Cie (centri di identificazione ed espulsione) e poi trasferiti nelle “case famiglia” della Sicilia e di ogni provincia italiana. Da lì in poi, scompaiono. Le statistiche dicono che su 1.320 approdati in Italia nel 2008, 400 non si trovano più. Tecnicamente vengono definiti “minori non accompagnati”: sono ragazzini che da soli attraversano il Mediterraneo e che spesso finiscono poi per spacciare o vendersi. Tanti sbarchi come quest’anno non si erano mai visti: dal primo gennaio al 30 settembre sono stati 332.
Dal 2002 ad oggi da Lampedusa ne sono entrati 100 mila. In questa massa di migranti ci sono i “minori non accompagnati”: fra il 7 e l’8 per cento degli sbarcati. Molti fuggono per raggiungere un parente che ha già raggiunto l’Europa, altri si disperdono nelle grandi città, i meno fortunati cadono nelle reti del racket.
Prova a spiegarci meglio la situazione Paolo Di Caro, direttore di Casa Amica, una casa-famiglia di Agrigento composta da cinque comunità tutte dislocate nella città, cinquanta ospiti, venti dei quali sono immigrati: «In questi centri i ragazzi ci possono stare fino a quando diventeranno maggiorenni o fino a quando riusciranno ad avere il permesso di soggiorno. Generalmente noi lo garantiamo in un anno o, al massimo, in un anno e mezzo. Ma non tutti resistono. Alcuni dopo due o tre giorni scappano». I motivi delle fughe sono molteplici. Spiega Di Caro: «C’è chi è in contatto con qualcuno ancora prima di toccare terra, numeri di telefono, indirizzi. Così, appena possono allontanarsi, lo fanno. Altri invece, appena sbarcati, sono subito in cerca di denaro da inviare al paese di origine per risarcire la famiglia che ha pagato loro il viaggio». Il problema è serio e la situazione non è facile da gestire: «Il fatto più grave – racconta il direttore di Casa Amica- è che noi non siamo predisposti per dare una mano a questi ragazzi. Le case famiglia nascono per aiutare ed ospitare i giovani italiani del territorio. Sono sei/sette anni – continua – che le prefetture, in seguito al decreto del 2001, ci chiedono di collaborare. Ma esistono difficoltà di lingua, cultura, religione, bisogno di denaro. Il segreto per non farli scappare è far sì che i ragazzi acquisiscano fiducia in noi. Cerchiamo in tutti i modi di far loro capire l’importanza di ottenere un permesso di soggiorno – aggiunge - e, soprattutto in questi ultimi due anni, ci stiamo riuscendo».
Grave è quello che racconta Attilio Bolzoni, giornalista di Repubblica che da anni si occupa degli immigrati che sbarcano a Lampedusa: «Negli ultimi anni spesso i trafficanti dei viaggi con destinazione Lampedusa affidano proprio ai ragazzini le responsabilità dei barconi usati per attraversare il Mediterraneo, perché i minori non possono essere puniti. Ma – continua – è soprattutto il problema delle sparizioni a dover essere denunciato, perché questo fenomeno ha davvero numeri impressionanti».
[cesare zanotto]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
guarda l'intervista
[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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