Il volontariato milanese, un gigante dai piedi fragili
Milano si scopre sempre più città solidale. Da una ricerca effettuata dalla provincia e dal Ciessevi (Centro servizio volontariato per la provincia di Milano) emerge, infatti, che il 20% del volontariato italiano è lombardo e che un terzo di questa percentuale è raggiunta nella sola zona di Milano e provincia. I numeri, relativi al 31 dicembre 2006, sono confortanti: oltre 56 mila volontari impegnati in 1162 organizzazioni iscritte al registro regionale. Un vero e proprio esercito di soldati dal cuore tenero a cui vanno aggiunte tutte le altre persone impegnate in iniziative non istituzionalizzate, nate all’interno dei centri di aggregazione e tra le mura degli oratori. «I numeri parlano da soli – dice Ezio Casati, assessore alle politiche sociali della Provincia di Milano – . Il volontariato è indispensabile per l’aiuto a bisognosi, anziani e diversamente abili in primis. La provincia di Milano è sempre stata un territorio con una massiccia presenza di organizzazioni di volontariato. Il compito delle istituzioni è quello di non lasciarle sole».
Non fatevi però ingannare da questi numeri, perché la situazione non è solo rose e fiori. A livello provinciale, infatti, sono impegnate nel terzo settore solo due persone su cento che, nella metà dei casi, superano i 54 anni. Una percentuale insufficiente a soddisfare le esigenze di un territorio che, con i suoi 3 milioni e 500 mila abitanti, si colloca al secondo posto nella classifica delle province più popolose d’Italia. «Non si può negare l’evidenza – rilancia Casati – .Esiste un problema di ricambio generazionale, al quale si allaccia la necessità della formazione dei volontari». Immediata la replica di Lino Lacagnina, presidente di Ciessevi: «Stiamo dando molta attenzione al mondo della scuola. Vogliamo e dobbiamo investire sui giovani, soddisfando le loro esigenze e la loro voglia di protagonismo».
Il rapporto giovani-volontariato è molto complesso e nasconde diversi aspetti. Lo spiega bene Roberto Biorcio, professore della facoltà di sociologia all’università Bicocca di Milano: «Non è del tutto vero che i ragazzi snobbino il volontariato. Nelle organizzazioni non iscritte al registro regionale, infatti, il loro numero cresce sensibilmente. Questo perché, nelle iniziative appena nate e in quelle non istituzionalizzate, il giovane trova una risposta concreta al suo bisogno di protagonismo. Nelle organizzazioni iscritte al registro regionale, invece, questo bisogno rimane spesso inascoltato perché i più anziani nutrono diffidenza verso le nuove generazioni».
I problemi, però, non finiscono qui. Spesso le associazioni di volontariato non hanno i fondi necessari per continuare ad essere operative e a volte non hanno nemmeno una sede propria, adeguata alle loro esigenze. Diventa allora fondamentale l’intervento delle istituzioni, che devono garantire finanziamenti costanti e che devono impegnarsi nella realizzazione di campagne pubblicitarie specifiche e diffuse sul territorio. A questo proposito il comune di Milano ha lanciato un messaggio chiaro a tutti i volontari: state tranquilli, l’amministrazione pensa anche a voi. Se i piani verranno rispettati, nel prossimo futuro ogni organizzazione potrà contare sia su un proprio quartier generale in ogni zona della città che su convenzioni finanziarie.
Infine c’è la questione Expo su cui le associazioni del terzo settore non mollano. Il mondo del non profit vuole dare il suo contributo, anche se nei mesi scorsi il Comune ha annunciato che non ci sono fondi per il settore. Lacagnina sembra non sentire ragioni: «Noi vogliamo partecipare alle operazioni di organizzazione mettendoci a servizio della comunità. Il nostro non è un atteggiamento da “assalto alla diligenza”. Il volontariato non è manovalanza a basso costo, ma certo sarebbe bello se il nostro aiuto fosse ricompensato con la costruzione di una casa del volontariato». Parole sacrosante visto che, grazie all’azione gratuita di questi angeli custodi dei più deboli, il Comune risparmia ogni anno 99 milioni di euro.
[daniela maggi]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
guarda l'intervista
[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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