Sempre più immigrati, sempre più stabili
Lungo le strade del futuro è lo slogan dell’annuale dossier statistico sull’immigrazione in Italia presentato ieri al Centro pastorale “Paolo VI” di Milano, da Caritas e Migrantes. Il primo compito del rapporto è quello di fornire delle cifre esatte sulla presenza di immigrati regolari nel nostro paese. Secondo i dati Istat i cittadini stranieri residenti in Italia all’inizio del 2008 sono quasi 3.433.000, inclusi i comunitari. Il dato è di poco superiore per Migrantes e Caritas che considerano anche coloro che, arrivati da poco, non hanno ancora acquisito la residenza. Le regioni con il maggior numero di immigrati stranieri sono la Lombardia (815.000 residenti e circa 910.000 presenze regolari) e il Lazio (391.000, 423.000). Mentre Milano supera Roma come numero di presenze (418.800), diventando la provincia più multietnica del Paese.
La presenza di immigrati in Italia si fa sempre più forte e stabile e il nostro Paese si colloca in Europa tra i primi per numero di presenze. La comunità più rappresentata, raddoppiata in due anni, è quella romena (sono quasi 1 milione le presenze regolari secondo le stime del dossier), seguita da quelle albanese (402.000) e marocchina (366.000); seguono le collettività cinese e ucraina. Oltre al forte aumento annuale, le fonti statistiche attestano alcuni cambiamenti significativi dell’immigrazione in Italia: l’aumento della presenza femminile, diventata ormai pari a quella maschile, la maggiore forza di attrazione delle regioni del Centro-Nord ma con una crescente presenza anche nel Meridione, la tendenza alla stabilizzazione e il peso crescente delle seconde generazioni.
Il dossier sottolinea come la presenza di immigrati, che costituiscono la maggior parte della manodopera, è indispensabile per accrescere l’economia del paese soprattutto in un momento di crisi economica come quello attuale. La massima concentrazione di lavoratori immigrati si trova, come è facile immaginare, al Nord: le province dove l’incidenza è maggiore sono quelle di Brescia, (dove è immigrato ben un lavoratore ogni cinque occupati) Mantova, Lodi e Bergamo. Tra gli immigrati che trovano occupazione in Italia, secondo i dati del dossier, almeno mezzo milione lavorano in nero, non solo nelle piccole e medie imprese, ma anche nelle famiglie. «Le imprese e le famiglie italiane – ha spiegato Maurizio Ambrosini, docente di sociologia dei processi migratori – sono le prime fautrici del lavoro nero degli immigrati irregolari. Le famiglie hanno bisogno di badanti per accudire i loro anziani e le imprese di operai per mandare avanti le imprese». «Le esigenze economiche e sociali in questo caso – prosegue Ambrosini – si scontrano con quelle della politica e con le paure ingiustificate ma diffuse nell’opinione comune. La politica e, in particolare, l’attuale governo vuole chiudere le porte agli immigrati».
Una sezione del dossier Caritas è dedicata al “pacchetto sicurezza”, presentato dal ministro dell’Interno Maroni, che inasprisce le pene per gli immigrati clandestini, facilita le espulsioni, trasformando i centri di permanenza temporanea e di assistenza in “centri di identificazione e espulsione”. L’immigrazione clandestina rappresenta sicuramente un problema per lo stato italiano ma una distinzione importante va fatta: «Molti di coloro che rischiano la vita per arrivare in Italia – si legge nel dossier – non sono migranti economici bensì persone costrette a fuggire a causa di persecuzioni, violenze o guerre e che non hanno altra possibilità di arrivare in Europa per trovare la protezione che, nel loro Paese, gli viene negata». Nel 2007 hanno presentato domanda di protezione internazionale in Italia 14.053 cittadini stranieri, la maggior parte dei quali proveniva dall’Africa, anche se molti fuggono da Asia e Europa dell’Est. «Esiste un obbligo umanitario nei confronti dei rifugiati – ha detto Maurizio Ambrosini – che fa riferimento alle convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese insieme ad altri stati europei. Il nostro dovere, come Stato e come popolo italiano, è quello di accogliere, curare, sfamare gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste in cerca di protezione. Altrimenti andiamo incontro ad una violazione dei diritti umani. I limiti all’accoglienza stanno nella nostra concezione di umanità, di diritti e di società giusta».
Alla presentazione milanese del dossier è stato gettato uno sguardo sul modello di accoglienza spagnolo grazie all’intervento di Maria Segurado Lozano, avvocato responsabile della Rete Legale di Caritas Spagnola. I dati presentati mostrano come l’economia spagnola sia cresciuta nel 2007 proprio nei settori in cui lavorano tradizionalmente gli immigrati: agricoltura, costruzioni e servizi. «In Spagna l’immigrazione non è vista come un problema – ha spiegato Maria Segurado Lozano – ma come un’opportunità. Gli stranieri si integrano nel tessuto sociale e, con la loro presenza, bilanciano numericamente la popolazione spagnola che invecchia». Sono 4 milioni gli immigrati spagnoli con permesso di soggiorno nel 2008, persone che lavorano, pagano i contributi e le tasse come qualsiasi cittadino spagnolo. «L’integrazione – prosegue la Segurado Lozano – è concepita dalle istituzioni e dai cittadini come un fenomeno bidirezionale in cui devono essere responsabili e attivi gli immigrati, i cittadini spagnoli e gli organi politici e amministrativi. L’immigrazione è inserita in tutte le politiche relative alla società».
La Spagna dà una grande lezione di integrazione e proprio l’integrazione degli immigrati è la priorità per Caritas e Migrantes, organismi impegnati in questo settore con propri mezzi e operatori fin dagli anni ’70, quando il fenomeno ha iniziato a essere visibile: «È la logica dei numeri a esigere un cambiamento di mentalità – si legge nel dossier – e l’adozione di politiche realistiche e più aperte. È necessario superare l’avversione aprioristica verso la diversità degli immigrati».
[michela nana]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
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[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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