Garbage!, la spazzatura rivoluzionaria
«Non dobbiamo accettare di vivere in un pianeta inquinato, abbiamo il diritto di respirare un’aria che sia pulita. Abbiamo però il dovere di rispettare l’ambiente: la rivoluzione deve partire dalle nostre case». Andrew Nisker, regista canadese indipendente, ha trasformato il suo lavoro in una scelta di vita. Il documentario Garbage! The revolution starts at home è il suo primo lungometraggio, presentato e apprezzato all’undicesima edizione di Cinemambiente, il festival di pellicole dedicate al pianeta tenutosi a Torino dal 16 al 21 ottobre scorsi. È la storia di una famiglia canadese che decide di tenere per tre mesi la propria spazzatura nel garage di casa.
I mesi scelti non sono casuali: il periodo copre ottobre, novembre e dicembre che, con l’arrivo della stagione invernale, causano un accumulo incredibile di rifiuti, soprattutto in concomitanza delle feste di Halloween e di Natale, che Oltreoceano provocano un’ascesa consumistica vertiginosa. Il successo del film sta nel suo stile: attraverso un ritmo incalzante e un tono leggero, il regista riesce a presentare un tema profondo in maniera divertente. Ma l’obiettivo è fare riflettere lo spettatore sui temi del vivere in modo ecologicamente compatibile.
Com’è nata l’idea di questo documentario?
«Ho iniziato a pensare alla mia spazzatura e a come il nostro comportamento influenzi l’ambiente in cui viviamo. L’idea è nata dal momento di massimo accumulo durante lo “sciopero della spazzatura” di Toronto nel 2002, durato due settimane. Le persone hanno iniziato a depositare i propri rifiuti proprio nel parco vicino a casa mia e dopo solo pochi giorni il cumulo di spazzatura aveva assunto una dimensione tale da scioccarmi. Quell’evento ha fatto sì che mi accorgessi di ciò che io stavo producendo».
Perché questo titolo?
Il titolo è un omaggio al mio amico Robert Hunter, co-fondatore di Greenpeace. Lui sosteneva che “la rivoluzione deve iniziare nelle nostre case”. Ciò significa che ogni azione, ogni cambiamento, per quanto piccolo, può fare una grande differenza per l’ambiente».
Può suggerirci le prime cinque azioni che una famiglia può fare immediatamente per aiutare l’ambiente?
«Ci sono 1001 modi per migliorare la nostra relazione con la natura. Ad esempio, si può fare la spesa in maniera più critica, considerando anche la presenza degli imballaggi. Nel documentario la famiglia Mc Donald’s utilizza detergenti a basso impatto chimico e acqua corrente invece di quella in bottiglia. Si può trasformare anche la propria vacanza in un momento eco-compatibile. Si possono spedire e-cards virtuali per risparmiare carta o donare oggetti in confezioni riciclabili. Oppure utilizzare la porcellana invece di posate e bicchieri in plastica perché, anche se sono indubbiamente convenienti, sono anche molto pericolosi».
Lei è riuscito a parlare di un problema serio in modo divertente. Quali sono i segreti e i consigli per chi lavora nel mondo della comunicazione e deve trattare questi temi in maniera brillante, facendo ridere e pensare allo stesso tempo?
«Credo che sia importante presentare qualsiasi argomento in maniera accattivante, cercando di catturare l’attenzione del lettore, dello spettatore o dell’ascoltatore. Non dobbiamo dimenticare che un grande film ambientale deve essere anche un buon prodotto. Gli occhi della famiglia Mc Donald’s tengono la storia su un filo piacevole e leggero. Sopravvivere tenendo tutta la propria spazzatura può essere per certi versi divertente. Presto inoltre molta attenzione al mondo dei bambini perché ho lavorato per molti anni nel mondo dell’intrattenimento ricreativo, realizzando giochi interattivi in dvd e programmi per l’infanzia».
Nel documentario la spazzatura cresce sempre di più, insieme ai problemi della famiglia. Come cambia la relazione tra marito e moglie e in che modo reagiscono i bambini?
«Per questo film ho scelto una tipica famiglia canadese: Glen, Michele e i loro tre bambini. Ariel di sette anni, Thomas di quattro e la piccola Esther di soli dieci mesi. Solo Ariel ha un’idea di cosa stia succedendo, anche se tutto ciò che comprende è che i suoi compagni la prendono in giro perché a casa sua “collezionano” spazzatura. Michele e Glen sono molto diversi: la prima ha un carattere forte ed entusiasta, mentre il secondo vive alcuni momenti di crisi e difficoltà. È una situazione molto particolare, ma davvero utile per tutta la famiglia».
La famiglia si reca nella discarica dove confluisce tutta la spazzatura da loro prodotta. Crede che si dovrebbe promuovere questo tipo di “viaggi” per responsabilizzare i cittadini?
«Penso che ogni famiglia debba visitare la discarica più vicina, pensare alle acque di scolo compromesse dall’uso dei fertilizzanti chimici per le piante, capire dove vanno i rifiuti prodotti. L’esperienza renderebbe più consapevoli dell’inquinamento creato dall’uomo e forse, la produzione verrebbe ridotta».
Può spiegare il nuovo progetto Garbage!2?
«Sarà un nuovo film realizzato grazie al contributo degli utenti che offriranno spunti e idee sulla riduzione dei rifiuti nelle loro comunità. Il sito web è una realtà importante, ci sono già oltre 3000 iscritti “devoti” alla causa della tutela del pianeta. È una sorta di eco-YouTube, dove le persone possono contattarci per essere aiutate a sviluppare una coscienza ambientale. Sul sito saremo presto in grado di offrire prodotti eco-friendly».
Ha speso gran parte della sua vita lavorando per il pianeta. Quali sono i suoi prossimi progetti?
«Sto lavorando al mio secondo lungometraggio, Chemical Nation. Parlerà dell’impatto devastante dei detergenti chimici sull’ambiente e sulla salute delle persone. Sarà distribuito entro la fine del 2009».
Com’è cambiata negli anni la sua attività?
«Ho deciso di lasciare il mio lavoro in tv per raccogliere la sfida di divenire un produttore indipendente con una causa attivista. La scelta non è stata facile. Dopo essermi laureato in film e programmi video all’Accademia di belle arti di York, ho scritto, prodotto e diretto per il cinema e la televisione. Il mio amico Bob Hunter morì di cancro nella primavera del 2005 dopo una vita spesa per la natura; la sua morte fu la spinta finale per capire che dovevo cambiare la mia vita e fare qualcosa di davvero importante per il nostro pianeta».
Quali sono i suoi obiettivi?
«Il mio scopo è diventare un regista e un produttore indipendente per realizzare film socialmente rilevanti. Amo i documentari perché non ho bisogno di permessi o appoggi economici. I miei due obiettivi principali sono aiutare le persone a capire come possono rispettare il nostro pianeta e aiutare gli artisti a migliorare la loro situazione. Non c’è motivo perché l’uomo aspetti».
E ci dica, quanto è stata importante la nascita di suo figlio nella realizzazione di questo progetto?
«Ho capito che erediterà tutto questo e ho deciso di fare qualcosa per lui. Ognuno di noi ha la responsabilità di preservare il nostro pianeta e dobbiamo fare tutto il possibile per vivere in armonia».
[vesna zujovic]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
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[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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