Piazza Fontana, la strage impunita
Le 16 e 37 di venerdì 12 dicembre 1969: Piazza Fontana numero quattro, Milano. Un ordigno contenente sette chili di tritolo esplode nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura. A perdere la vita sono 16 persone, 87 restano ferite. È il primo clamoroso attentato della storia dell’Italia repubblicana. A distanza di 39 anni da quel giorno si parla di strage impunita. L’iter giudiziario, infatti, non ha smascherato i colpevoli di quell’eccidio. Negli anni sono state battute diverse piste, da quella anarchica a quella neofascista, si sono susseguiti arresti, processi e la misteriosa morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli. Ma i familiari delle vittime non riescono ancora a trovare pace.
Da quel maledetto pomeriggio l’Italia piomberà nell’incubo degli “anni di piombo” del terrorismo che si sarebbero protratti per più di un decennio e si troverà in ginocchio dinanzi ad una serie di attentati senza soluzione di continuità. Lo scenario di quei giorni è a dir poco fluido: il Partito Comunista Italiano aveva fatto un gran balzo nelle elezioni legislative dell’anno precedente e il sistema di potere imperniato sulla Democrazia Cristiana iniziava a scricchiolare. Gli Usa erano ”impantanati” nella guerra del Vietnam con pesanti ripercussioni interne, mentre l’Urss reprimeva nel sangue le manifestazioni di dissenso scoppiate in Cecoslovacchia, mostrando il volto più truce del regime comunista. Eventi che, come si ricorderà, contribuirono a far salire la tensione ben oltre i livelli di guardia.
Cerchiamo ora di ripercorrere le tappe di questa vicenda che ha segnato in maniera indelebile la storia del nostro Paese. Nei giorni successivi alla strage, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra e due appartenenti a formazioni di destra. Il primo ad essere convocato è proprio Giuseppe Pinelli. Dopo tre giorni di interrogatorio all’anarchico non viene contestato alcun capo di imputazione, ma comunque non viene rilasciato. Il 15 dicembre Pinelli muore in circostanze misteriose, volando da una finestra della Questura di Milano. Verranno istruiti processi nei confronti di alcuni funzionari di Polizia che si concluderanno con un nulla di fatto. Il prezzo più alto lo pagherà il commissario Luigi Calabresi, vittima della spirale di violenza innescata dalla morte di Pinelli.
Il primo processo per la strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura inizia il 23 febbraio del 1972: i principali imputati sono due militanti del gruppo anarchico 22 marzo, Pietro Valpreda e Mario Merlino, che si scoprirà poi essere un infiltrato dei servizi segreti. Nel corso degli anni, accanto alla pista anarchica si fa strada l’ipotesi del coinvolgimento di gruppi neonazisti. Sotto la lente degli inquirenti finiscono in particolare Franco Freda e Giovanni Ventura. La farraginosa macchina della giustizia italiana “partorisce” finalmente una sentenza definitiva solo dopo il quinto processo contro i quattro, accusati a vario titolo di aver pianificato e realizzato la strage: tutti assolti.
Nel 1990 arriva la svolta nelle indagini: Delfo Zorzi, all’epoca dei fatti capo operativo della cellula veneta del gruppo di estrema destra Ordine Nuovo, si attribuisce la responsabilità di essere l’esecutore materiale dell’attentato. Il 1 luglio 2001 la Corte d’assise di Milano condanna all’ergastolo lo stesso Zorzi, fuggito in Giappone subito dopo la strage, Carlo Maria Maggi, capo di Ordine Nuovo in Triveneto, e Giancarlo Rognoni, leader del gruppo “La Fenice”. Ma sia la Corte d’assise d’appello di Milano che la Cassazione annullano le condanne perché «i tre non hanno commesso il fatto».
[pierfrancesco loreto]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
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[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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