La Cgil sfila a lutto e ricorda i morti sul lavoro
«La vostra crisi non la vogliamo pagare noi». Questo è lo slogan che sintetizza meglio le ragioni che, venerdì 12 dicembre a Milano, hanno spinto 80mila lavoratori a mettersi in marcia dietro gli striscioni della Cgil. Il serpentone umano, che da Porta Romana sfila verso Piazza di Castello, racchiude in sé una moltitudine di esperienze. Sembra quasi che ogni singola persona rappresenti un caso sociale e politico a sé.
«Siamo qui per quello che dice la Cgil. Ma io sono qui soprattutto per alcuni motivi specifici». Con queste parole Simona giustifica la sua presenza alla manifestazione. «Sono un’educatrice scolastica. Mi occupo dei bambini che, per diversi motivi, sono stati segnalati dai servizi sociali. Con i tagli del governo io perderò il lavoro e molti alunni bisognosi non potranno più contare sul mio aiuto». Anche Rosi, un’insegnante della scuola elementare di Garbagnate, si lamenta dei tagli all’istruzione pubblica:«Il tempo pieno non è solo una questione di ore. Necessita anche di un organico consistente. Se ci tagliano il personale la nostra scuola diventerà solo un parcheggio per bambini».
Lì vicino c’è anche una rappresentanza delle Asl. «Siamo qui - spiega Roberto Rioli - per denunciare la non volontà delle istituzioni di far funzionare le cose. Nel mio ambiente di lavoro, 200 precari rischiano il posto. Senza di loro non potremmo più offrire alcuni servizi ai cittadini». Il sindacalista se la prende anche con le altre sigle, che definisce “servo-padronali”. «Nella Asl accade, in piccolo, quello che, a livello nazionale, succede in grande. Con la Uil si può anche parlare ma con la Cisl non c’è proprio niente da fare». Appena più indietro sfilano i chimici della Filcem. Anche per loro non è un bel momento. «Il settore farmaceutico non risente della crisi-spiega Fabio Trezzi -. Di sicuro la gente non decide di risparmiare sui farmaci di cui ha bisogno. Eppure molte multinazionali del settore stanno usando la difficile situazione economica come scusa per ridurre drasticamente il personale». Alla fine del corteo ci sono i rappresentanti della funzione pubblica. Il loro principale problema è sempre quello dei contratti di lavoro. Per uno di loro, Natale Cremonesi, «un aumento salariale di 60 euro al mese non sta al passo con l’inflazione. Il nostro settore si sta progressivamente impoverendo».
Sul palco le bandiere della Cgil sono issate a lutto e gli organizzatori portano sul petto il fiocco nero per ricordare i morti della Thyssen. L’iniziativa ha anche l’obbiettivo di ricordare quello che Gianni Ferré, della Franco Tosi di Milano, chiama «il quotidiano bollettino di guerra delle morti sul lavoro. Che conta, in media, 4 vittime al giorno». Prima del comizio, la piazza dedica un minuto di silenzio alle migliaia di persone che hanno perso la vita nei cantieri, nelle fabbriche e nei campi agricoli del nostro paese. Poi, sindacalisti e rappresentanti della società civile cominciano ad avvicendarsi al microfono per spiegare il loro punto di vista sulla situazione. Giuliana Marzi, dello Spi, ricorda che, «anche in tempi di crisi, i pensionati vogliono mantenere la loro dignità. Una dignità che però la social card calpesta, imprimendo uno stigma nelle persone meno abbienti. C’erano mille modi per evitare questo sgradevole motivo di vergogna». Alla vecchia sindacalista, sul palco, subentra un giovane acquisto della Cgil. Si chiama Elisabetta De Micheli ed è una dipendente del supermercato Il gigante. Ogni giorno lavora al fianco di «giovani precari che vivono continuamente sotto ricatto. In una condizione lavorativa che non offre loro nessuna tutela».
Alla fine prende la parola Morena Piccinini, una rappresentante della segreteria nazionale. A lei spetta il compito di riassumere, in una strategia sindacale unita, le innumerevoli richieste che, durante la giornata, sono emerse. E lo fa dicendo che «la crisi non è stata provocata dalla sfortuna. Ma da un sistema economico drogato, capace di speculare anche sui pochi risparmi della povera gente. Dobbiamo lottare per la creazione di un nuovo modello di società». L’autunno sta finendo ma le lotte dei lavoratori non sembrano raffreddarsi.
[andrea torrente]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
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[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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