Milano, la città della musica che fa emigrare i musicisti
“La musica è una legge morale: essa dà un’anima all’universo, le ali al pensiero, uno slancio all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso alla gaiezza e la vita a tutte le cose”: così diceva nei suoi Dialoghi Platone, che riteneva che l’armonia della musica fosse in grado di creare armonia anche nella società. Una frase che forse tanti milanesi dovrebbero ricordarsi quando si parla di finanziare progetti che abbiano come scopo la promozione della cultura musicale. Milano, come l’Italia, d’altronde, nasconde dentro di sé mille contraddizioni: è la prima città italiana per numero di ingressi per gli spettacoli dal vivo, ma allo stesso tempo è anche capace di denunciare l’organizzatore del concerto di Bruce Springsteen a San Siro perché il grande cantante ha sforato di venti minuti la fine del suo show. Milano è anche la città dove il 57% degli eventi musicali avvengono in soli 28 luoghi della città, mentre in quel della Bicocca giace praticamente inutilizzato il Teatro degli Arcimboldi che, dopo aver sostituito egregiamente la Scala durante il restauro, ora è diventato la casa dei comici di Zelig.
È questo lo scenario che emerge dalla ricerca condotta da MeglioMilano, presentata martedì 16 dicembre alla Camera di Commercio di Milano, per capire le potenzialità che il capoluogo lombardo ha di diventare la Città della Musica, in grado di competere anche con i più importanti centri culturali europei. A livello nazionale, Milano è senza dubbio il centro musicale più importante del paese: sono 973 le organizzazioni, di cui 397 di musica dal vivo e 320 di musica registrata, 130 i locali in cui ascoltarla, 84 i negozi di strumenti e 236 le imprese che operano nel campo, per un totale di circa 6.000 lavoratori. Milano è anche la capitale dell’industria discografica italiana, con ben 68 case discografiche, di cui alcune storiche come la Ricordi, fondata nel 1808. Febbraio e giugno sono i mesi che registrano più eventi, rispettivamente 682 e 560, per una media giornaliera di 23,5 e 18,7 eventi, mentre i festival durante l’arco dell’anno sono 29. Eppure, la situazione attuale non sembra soddisfare gli operatori coinvolti nel settore: le attività musicali della città sembrano infatti essere costantemente oscurate dall’ingombrante nome della Scala, viene registrata una carenza di orchestre sinfoniche stabili e scarsi spazi per la musica etnica. I festival sono pochi e troppo concentrati nel tempo, tanto da creare spesso sovrapposizioni, e c’è poca voglia di osare e rinnovare il settore con contaminazioni tra generi diversi e con arti come la danza e la recitazione. I 41 intervistati che hanno partecipato alla ricerca lamentano la mancanza di un coordinamento tra le istituzioni musicali e l’assenza di buona informazione musicale sui quotidiani, che preferiscono sempre parlare o del grande evento o del gossip di turno. Un panorama pieno di contrapposizioni, che dovrà però rispondere a una sfida forse più grande: quella lanciata dall’Expo, che tra sei anni sbarcherà nel capoluogo portandosi con sé circa 7.000 eventi. Proprio per questo, si sente l’esigenza di creare un osservatorio che monitori le attività del settore musicale e comprenda la strada da seguire.
La ricerca condotta da MeglioMilano è stata accolta positivamente dagli addetti del settore, in quanto mette in luce alcuni dei tasti dolenti del panorama musicale milanese. «Il problema principale è la sproporzione tra una domanda, che è troppo debole, e l’offerta. Milano, per trovare una sua collocazione all’interno del panorama musicale internazionale, deve misurarsi con città come New York, Parigi e Madrid. L’eccellenza della Scala è dovuta ormai solo alla tradizione e non alla produzione attuale. Il guaio peggiore è che tante, troppe istituzioni hanno direzioni artistiche inadeguate ed è per questo che a Milano non si può fare innovazione. Anche la razionalizzazione degli spazi è un problema: a Milano ci sono due auditorium, il Verdi e il Dal Verme, che si fanno concorrenza: basterebbe razionalizzare gli spazi, creare un centro polifunzionale, per risolvere gran parte dei problemi». D’accordo con la creazione di uno spazio polifunzionale è anche Joanne Maria Pini, docente di Cultura musicale presso il Conservatorio Verdi di Milano, che proprio quest’anno compie 200 anni. Ma secondo lui il grande problema è un altro: «Nei conservatori italiani si diplomano degli studenti che, per lavorare, saranno costretti a emigrare all’estero. In Italia non c’è più la cultura della musica e da anni aspettiamo una riforma dei conservatori. L’Italia, per uscire da questa fase di stallo, deve prendere come esempio gli altri paesi europei».
[alessia lucchese]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
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[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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