Milano, un melting pot di religioni
L’Università parla del nuovo ruolo della religione. E diviene essa stessa spazio aperto al dialogo e al confronto multiculturale. Religioni nello spazio pubblico. Milano verso l’Expo è uno dei tanti momenti di riflessione e discussione in vista del grande appuntamento del 2015. Il crescente pluralismo religioso fa sì che i modelli giuridici diventino uno strumento fondamentale per gestire queste nuove trasformazioni. È necessario discutere su quale possa essere il modello di laicità delle istituzioni pubbliche.
Clemente Lanzetti, sociologo, ha parlato del confronto tra cultura religiosa e cultura laica. Quest’ultima si è diffusa soprattutto a partire dagli anni Sessanta, attraverso un processo di secolarizzazione. La religiosità non è scomparsa, ma è entrata sempre di più in un ambito personale, attraverso una progressiva privatizzazione del sacro. Gli ultimi casi di attualità ci pongono nuovi interrogativi. La religione è infatti ritornata ad essere protagonista dei dibattiti politici: basti pensare alle scoperte delle nuove tecnologie in ambito sanitario che conducono inevitabilmente ad una riflessione sui temi della vita e della morte; o ancora, al fenomeno delle migrazioni che ci pone davanti ai temi dell’accoglienza e dell’integrazione.
Il rispetto delle diversità, la difesa delle minoranze, la garanzia degli stessi diritti a tutte le etnie presenti su un territorio: questi sono i punti cardine di una nazione moderna. E’ necessario inoltre ridefinire il controverso rapporto tra Stato e Chiesa. Le religioni fanno parte del tessuto sociale ed entrano quindi nella sfera pubblica. La necessità di uno Stato laico convive con una religione presente nello spazio della società civile, che vive nelle azioni di un cittadino attivo e responsabile. Secondo Lanzetti, «c’è chi auspica una presenza religiosa nella sfera pubblica e chi vede un traguardo nella fine delle fedi. La questione tra credenti e atei non si risolve togliendo Dio dalla società, perché i processi di sacralizzazione permangono nell’ethos pubblico. La sacralità resta sempre un’obbligazione, un’introiezione, in quanto è parte delle nostre radici culturali».
Il costituzionalista Valerio Onida ha sottolineato l’importanza di parlare di religioni piuttosto che di religione, dato il contesto multiculturale nel quale siamo immersi. Occorre anche ridefinire il concetto di spazio pubblico, inteso come società civile o come diritto pubblico. Nel primo caso si parla di pluralismo sociale, in quanto la collettività è costituita da più formazioni che contribuiscono allo sviluppo e alla libertà di espressione. Se si considera lo spazio pubblico come entità giuridica, è necessaria una distinzione degli ordini. «La laicità è irrinunciabile, imprescindibile. La diversità religiosa fa parte del pluralismo e uno dei primi compiti della Costituzione è quello di garantire l’uguale libertà delle diverse confessioni. Lo Stato non può discriminare e deve offrire ai cittadini le stesse condizioni. «Si pensi alla vicenda delle moschee: la politica deve mostrare maggiore sensibilità. E’ necessario impedire che le diversità diventino causa di guerra. Il dialogo è uno strumento fondamentale per la garanzia dei diritti umani».
Parlando di spazio pubblico, Giovanni Santambrogio, giornalista del Sole24Ore ribadisce che anche la stampa è luogo di dibattito culturale. «Nell’informazione le religioni si confrontano, si medializzano. Giornali, web, radio e tv diventano i moltiplicatori o i congelatori di un evento, favorendo il dialogo o fomentando lo scontro, in una logica che spesso deforma, invece di informare». In un incontro focalizzato sulla multiculturalità, ampio spazio è stato dedicato a studiosi internazionali. Martine Cohen, esperta di ebraismo, ha ricordato la necessità del supporto da parte delle comunità europee in un momento storico così delicato. «La memoria della Shoah non può finire e vorrei ricordare che l’identità ebraica è una scelta che ha bisogno di essere accettata». Khaled Fouad Allam ha parlato di una mondializzazione dell’Islam. «Si dovrebbe costruire in Europa una memoria condivisa con la cultura islamica. Spesso si fa coincidere la questione religiosa con quella della sicurezza, ponendo il problema del rapporto tra diversità culturale, coesione sociale e democrazia».
L’Expo porterà a Milano, nel cuore d’Europa, milioni di persone. La città non può arrivare impreparata ad un evento di tali dimensioni: si deve mostrare, invece, come un nucleo propulsore di idee che attingono ad un solo, ricco bacino: la multicultura.
[vesna zujovic]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
guarda l'intervista
[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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