Tra scioperi e attentati, gli dei stanno a guardare
Atene, marzo 2009. Nei giorni della Quaresima ortodossa, nella capitale greca si respira aria di contraddizione. A partire dal clima che, nell’ultimo mese d’inverno, ci accoglie con un piacevole tepore. Anche la città vive di contrasti: la pace dei sentieri antichi che portano all’Acropoli stride con i rumori di una metropoli di oltre tre milioni di anime che hanno voglia di muoversi, costruire, commerciare. Sono giorni di vacanza, di festa nazionale. I turisti affollano come sempre lo spazio di fronte al Partenone, scattano fotografie all’oceano di case viste dall’alto, si immaginano avvolti in candide tuniche passeggiare nell’Agorà, rivivono il dramma di Socrate nell’anfratto dove bevve la cicuta, ammirano l’incantevole panorama dalla collina di Filopappo, dimora delle Muse. Dopo i folleggiamenti del Carnevale greco, l’Atene tradizionalista rispetta i dogmi ed evita la carne, che continua a girare sugli spiedi per gli ospiti in vacanza.
Ma c’è un’altra città che mette da parte religione e riposo e decide di scendere in piazza. Il 2 marzo, giorno di festa nazionale, mentre il lungo serpentone dotato di obiettivi sale verso i templi, una ragazza greca in visita alla capitale avverte: «I manifestanti vogliono occupare l’Acropoli, bloccheranno ogni accesso». Ma l’allarme sembra rivelarsi infondato e la giornata prosegue con tranquillità. Un paio di giorni dopo, però, le vie antistanti il Parlamento si riempiono di folla e di bandiere. Lo sciopero invade il centro della capitale e fa fermare i mezzi pubblici. Lavoratori e turisti affollano le biglietterie per chiedere spiegazioni. Al ticket office si sentono rispondere: «Signori, il centro di Atene è assediato. Dovete raggiungere la periferia per accedere ai mezzi e arrivare all’aeroporto». Il museo dell’Acropoli è nuovamente chiuso: i dipendenti del Ministero del Turismo hanno deciso di incrociare le braccia per i tagli agli stipendi. Così è anche per i medici della capitale: i servizi sanitari della metropoli sono stati sospesi e un’emergenza non risolta ha causato una morte sospetta e un’ondata di proteste. Negli ultimi mesi la tensione è andata crescendo: ci sono stati numerosi attentati –fortunatamente senza vittime–, l’ultimo dei quali ieri mattina. Una bomba è infatti esplosa vicino a una sede della Citibank, nella zona nord della città. Solo qualche giorno fa un altro ordigno era deflagrato nell’auto di un imprenditore, riducendolo in fin di vita.
Molti di questi episodi, che hanno colpito soprattutto commissariati, sedi diplomatiche e commerciali, sono stati attribuiti a movimenti di matrice anarchica. Uno degli attacchi è stato rivendicato da Epanastikos Agonas (Lotta rivoluzionaria) che, telefonicamente, invitò «tutte le forze rivoluzionarie ad unirsi per rovesciare il regime». La situazione è precipitata subito dopo il tragico episodio avvenuto lo scorso dicembre, quando un ragazzo di 16 anni è stato ucciso dalla polizia nel quartiere di Eksarchia, roccaforte della sinistra antagonista. L’entrata delle pattuglie nella zona era stata interpretata come una provocazione e, bersagliati dalla sassaiola, i poliziotti hanno cominciato a sparare. La vittima, colpita allo stomaco, è morta nel giro di un quarto d’ora. Uno degli agenti è stato accusato di omicidio volontario, nonostante inizialmente la vicenda fosse stata considerata un incidente.
La reazione di rabbia e disperazione dei compagni del giovane ha portato ad una serie di episodi a catena. Nell’arco di qualche settimana, oltre 3000 ragazzi hanno assaltato 31 negozi, 9 banche e bruciato decine di auto e cassonetti. Le proteste sono giunte immediatamente ai vertici, ma il premier Costas Karamanlis ha respinto le dimissioni di due ministri, tra cui il ministro degli Interni, Prokopis Pavlopoulos. Altri attentati sono stati rivendicati da un gruppo chiamato “Setta dei rivoluzionari”, che si ispira alla Baader-Meinhof, la banda che operò negli anni Settanta in Germania sotto la sigla Raf (Rote Armee Fraktion). Il loro obiettivo sono le forze di polizia che, in un documento inviato tramite cd al quotidiano Ta Nea, vengono definiti “porci”. La polizia rappresenta la difesa delle istituzioni, che in questo momento vivono nel Paese ellenico un forte momento di crisi. La Grecia ha infatti registrato uno sfondamento del 3% del deficit di bilancio.
Karamanlis ha previsto un pacchetto di riduzione del 10% del budget per tutti i dicasteri ad esclusione di salute e istruzione, che però dovranno presentare ogni tre mesi un rapporto alle Finanze. La decisione che ha scatenato le reazioni più accese è stata la prevista riduzione di spesa per i lavoratori a contratto e il congelamento di tutte le assunzioni nel pubblico impiego. La stampa di centrosinistra ha ricordato l’inefficacia dell’operato del premier, in quanto aveva promesso l’applicazione dello stesso pacchetto in passato, senza poi essere riuscito a mantenerlo. Timori sono stati espressi anche dal governatore della Banca Centrale, George Provopoulos, che ha preventivato una stretta fiscale e un’auto-limitazione della spesa pubblica. La previsione è che il tasso di crescita possa scendere al di sotto dello 0,5%; il Paese potrebbe rischiare il tracollo se non riuscisse ad applicare le misure di emergenza. Il leader dell’opposizione, George Papandreou, ha dichiarato:«Quello che ho capito è che il governo non ha ancora un progetto definito. Temo che ci sia solo un piano: le elezioni nazionali.
La crisi attuale è legata direttamente alla fine di un modello economico che ha promesso la crescita senza garantire la redditività e la prosperità della nostra società». E’ stato così proposto un “piano verde”, con una riforma che investa anche nelle nuove tecnologie, con la creazione di un fondo per migliorare la qualità dell’ambiente. Chi entra ad Atene vive infatti una doppia dimensione. I siti archeologici e culturali vengono costantemente curati e conservati, nel rispetto della vegetazione e della natura. Accanto al patrimonio dell’Acropoli, però, la speculazione e l’abuso edilizio, l’incremento commerciale e automobilistico hanno deturpato molte zone della metropoli. Il degrado di alcune aree territoriali è solo uno dei punti deboli di un Paese che in questo momento vive problemi più urgenti: il flusso delle migrazioni, in particolare provenienti da India, Pakistan e Turchia, necessita la garanzia di un assorbimento lavorativo e la tutela dei diritti fondamentali.
Atene è infatti il fulcro di questa contraddizione: accanto ad una minima percentuale di cittadini molto ricchi, la maggioranza della popolazione vive in condizioni di difficoltà. Il fenomeno crescente della disoccupazione e del deficit pubblico sono stati al centro del dibattito tenutosi lo scorso 1° marzo a Bruxelles, durante il vertice straordinario dei Paesi Ue, alla presenza di 27 capi di Stato e di governo. La proposta del premier ungherese Ferenc Gyucsany per un piano complessivo per l’Est da almeno 180 miliardi di euro non è stata accolta. La principale motivazione è stata la paura di creare un «ghetto» economico dei Paesi dell’ex blocco sovietico e di quelli delle aree limitrofe, preferendo ipotizzare un piano di aiuti caso per caso. Nel documento finale si è sottolineata l’importanza del rafforzamento della stabilità finanziaria sulla base delle analisi della Commissione europea, per affrontare la crisi grazie alla collaborazione tra gli Stati. Ci si sta già preparandosi all’arrivo di Obama a Praga il prossimo 5 aprile per il vertice Ue, in cui si parlerà delle possibili prospettive di interazione tra i due continenti. Intanto ad Atene le proteste e gli scioperi continuano, mentre i cani randagi che giacciono ad ogni angolo delle strade raccontano di una città bisognosa di cure e attenzione.
[vesna zujovic]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
guarda l'intervista
[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
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[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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