Morgan, Orwell and Cigarettes
Cercare di condensare le due ore di valanga estetica di Morgan è un’impresa. Gli appunti si perdono, il filo conduttore salta di palo in frasca: è difficile uscire intellettualmente indenni. Marco
Morgan Castoldi, voce dei Bluvertigo e volto di
X Factor, è salito in cattedra all’Università Cattolica per gli studenti dell’Almed, l’alta scuola in media comunicazione e spettacolo. Difficile immaginare l’istrionesco personaggio calato nei panni di un docente, sarebbe un azzardo solo pensarci, eppure, tra battute e un registro al limite della decenza accademica, Morgan ha dipinto un quadro illuminante dello stato della televisione italiana. Per capirci: basta mettere
La critica del giudizio di Kant, Orwell, mezzo litro di Red Bull, Alka Seltzer e un pacchetto di sigarette in un frullatore. Accendere alla massima velocità e voilà, ecco il contenuto della
Morganeide. Cappotto, gilet, altro gilet leopardato, camicia improponibile e nodo mazziniano al collo (non chiamatelo cravatta o nastro, sarebbe una bestemmia). Appesa la mercanzia all’attaccapanni, si può iniziare.
«L’inquietudine è l’elemento fondamentale di un’arte che non sa più dove sta andando, senza direzione. Non siamo più capaci di capire cos’è bello e cos’è brutto – ha esordito Morgan – .Bisogna imparare fin da piccoli a saper scegliere, a saper dire di no e selezionare la musica e l’arte». Ma che cos’è per Morgan la televisione? «La televisione è violenza e io sono un violentatore. Chiaro, perché io entro nelle vostre case e dal tubo catodico faccio quello che voglio. Io sono cattivo? Che ne so?!. Di sicuro per fare televisione bisogna essere mediamente determinati. Amleto, con i suoi dubbi non farebbe televisione, non agirebbe, anzi, alla fine ammazzerebbe tutti. Io non credo che farei così (meno male ndr). Mi comporterei piuttosto come Don Chisciotte, il protagonista del romanzo dei romanzi, perché è stato concepito da Cervantes come via di fuga dalla galera. Per vivere, Cervantes deve scrivere e don Chisciotte è molto più vero di tutto quello che ci passa la pubblicità».
Insomma la tv fa schifo, la tv ha la forza di un leone (parafrasando Jannacci), eppure Morgan è attore di punta di questa televisione. «La cultura è vecchia e l’arte pure, mentre la televisione è un prodotto di consumo. Talvolta, però, sia l’arte che la cultura riescono a infilarsi – ha continuato Morgan –. In questa rincorsa a chi fa più schifo, però qualcosa di bello a volte spunta. X Factor è uno di questi casi: è bello perché parla di musica e io faccio musica. A me importa la musica e ci sto a parlare di musica, a differenza di quello che dice la Ventura».
Ma non è tutto oro quel che luccica. Secondo Morgan l’edizione di quest’anno ha perso di verità, perché il day time si svolge sempre a telecamere accese, togliendo spontaneità al rapporto con i concorrenti. Spiega Morgan: «Questa situazione mi impedisce di capire chi sono i ragazzi, inoltre mi rattrista pensare che oltre a quello che viene ripreso dalle telecamere non c’è nulla. In questo rapporto con l’occhio del Grande Fratello orwelliano, si crea un sistema di maschere e mi rendo conto di essere cattivo, poiché sento che ho bisogno della tv e me ne sto servendo. Invece deve essere chiaro che dobbiamo assumere la consapevolezza che siamo artisti e non strumenti della televisione».
Parafrasando le parole di Morgan, scavando oltre la facciata del personaggio sopra le righe, emerge un pantheon citazionale di tutto rispetto. Non si sa se sia frutto di coincidenze o di effettivo approfondimento, ma Cervantes, Pirandello, cenni di Kant e Orwell, passando attraverso Bad taste di Peter Jackson, sono punti fondamentali nell’analisi dell’universo mediatico. Insomma in attesa del prossimo concerto dei Bluvertigo, il Morgan che ci rimane è quello in onda il lunedì sera su Raidue.
[francesco cremonesi]