MINORI ABBANDONATI

Un libro per i nipoti di Ceauçescu

“Rabbia, gioia, felicità, amarezza” . Emozioni. E’ la Romania di don Gino Rigoldi.“Di occhi che brillano”. Dove un bambino all'improvviso può saltarti sulle ginocchia chiedendo di fargli da genitore:”fai il mio papa?” Una proposta difficile da dimenticare. Bambini soli, migliaia, e genitori mancati. La Romania è una terra di povertà e sopravvivenza. Di potenzialità mortificate da 22 anni di dittatura. Retaggi, strascichi, disperazione. Bisogna capire, prima di giudicare, abbassare l’indice. E' facile e insieme difficile. Per Anna si tratta di “andare, vedere e tornare tormentati”. Ma la sua è un’esperienza comune a centinaia di volontari che operano nell’ex impero di Ceauçescu. Esperienze intense, sempre sofferte; ora condensate nelle pagine di un libro: Amintare. Il tentativo è quello di rompere il silenzio. “Perché – spiega ancora Anna - niente è peggio che tacere”. Già il titolo racconta di una nostalgia, gli amintare sono ricordi: braccialetti che i bambini regalano ai volontari alla partenza, in segno di ringraziamento per essersi presi cura di loro.

“Ci sono momenti, in cui ti senti inutile, impotente, poi capisci che non sei lì per rivoluzionare le cose ma per donare loro un po' di bene”. In realtà , Bambini in Romania, l'onlus nata nel '99 a Milano, di bene ne ha dato molto. Incentivando la realizzazione di strutture per la formazione minorile ma anche promuovendo campagne preventive contro l'abbandono. Una piaga ancora sanguinante, ereditata dall'era Ceauçescu quando la contraccezione era proibita. Molte famiglie – spiega un volontario- erano allora costrette a portare i figli in istituto per dargli una chance di sostentamento: era un gesto d'amore. Questi bambini erano educati dallo Stato. «Oggi - spiega don Gino - la Romania è diventata un grande cantiere, sono più i cantieri che gli operai, e speriamo che la crisi non cambi le cose. Ma è una nazione ancora in cerca d'identità». Perché gli stati usciti dal mondo comunista hanno perso numerosi punti di riferimento. «E purtroppo- sospira ancora don Gino - non c'è una tradizione di cura verso gli adolescenti. C'è gente buona però. In ogni caso la Romania avrebbe bisogno di un compagno di strada non di un benefattore». L’Italia potrebbe fare qualcosa, anche partendo dal proprio territorio. “A Milano, ad esempio, si possono trovare molte energie positive”. Il problema, in questo caso, è la mancanza d’informazione.

«Ci sono storie che a raccontarle fan perdere lettori ma ne vale sempre al pena». Giangiacomo Schiavi, capo cronaca del dorso milanese del Corriere, ricorda la storia di Miky, un bambino clandestino che voleva andare a scuola. Il caso fu scoperto da un’inchiesta di Fabrizio Gatti sui campi rom e, subito, rimbalzò sulle pagine del Corriere. Tutte le mattine le maestre dell’asilo andavano alle baracche, a prendere il bambino per accompagnarlo alla scuola materna. Di nascosto perché i genitori erano irregolari. In breve divenne il migliore della classe. Quando la notizia venne fuori per alcuni scattò la solidarietà. Per altri la polemica. Volevano farne un caso esemplare: era clandestino? Andava espulso, non aiutato. Anche i lettori si divisero ma alla fine vinsero le buone intenzioni. Oggi Miky è in terza liceo grazie ad una borsa di studio, ed è ancora il più bravo. Purtroppo in Romania di Miky ce ne sono tanti, abbandonati persino dai genitori. Proprio a loro è dedicato il lavoro di don Gino Rigoni e della sua squadra. «Siamo fortunati a donare l’occasione di un sorriso – dice - ci costa niente. Davvero, non chiamateci bravi, siamo solo fortunati».


[ivica graziani]

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