Will Smith, sette anime e sette vite
Difficile identificare “Will, il principe di Bel Air” nell’uomo dal viso scavato che per 125 minuti ininterrotti è una maschera di dolore, rotta solo da qualche raro e tirato sorriso.
Eppure, con Sette anime – nelle sale italiane a partire dal 9 gennaio – l’ormai 40enne Will Smith, nella sua ultima prova drammatica ha dimostrato tutta la maturità della sua esperienza. Conosciuto come attore di film e telefilm comici e d’azione, negli ultimi anni lo abbiamo visto cimentarsi con tematiche più impegnate, con personaggi immersi negli abissi dell’animo umano. Dopo La ricerca della felicità, che ha ribaltato la maschera comica di Mr. Smith, eccolo ora ripetere la collaborazione con Gabriele Muccino in Sette anime, secondo film americano del regista de L’ultimo bacio.
Il soggetto, curato da Grant Nieporte, ha come protagonista Ben Thomas, esattore del fisco. Questi si presenta a casa di alcune persone, documenti alla mano, per discutere delle loro tasse. Ma improvvisamente, tra una domanda d’argomento fiscale e l’altra, emerge che Thomas ha una profonda conoscenza dei problemi di chi gli sta di fronte. Non solo, ma sostiene di essere in grado di fare loro un dono speciale, che cambi il corso della loro vita. Ben Thomas - come guidato da una forza superiore, in realtà attanagliato da un rimorso angoscioso – si imbatte così in sette persone umili e nascoste ma di grande bontà e coraggio, che hanno bisogno d’aiuto ma non saprebbero a chi chiederlo. E, come per magia, consegna loro un messaggio di speranza e il dono risolutore. Ma chi è Ben Thomas, e cosa nascondono i suoi doni? Cosa accadrà, quando una ragazza cardiopatica – l’attrice Rosario Dawson - gli ruberà il cuore? L’amore e la responsabilità metteranno l’eroe protagonista di fronte a una tragica scelta.
È, questa, una pellicola che si cimenta con temi tipici della morale americana: un uomo, il suo senso di colpa, la responsabilità personale, l’espiazione, la scelta, il dono fatto a sette “brave persone” sconosciute. L’atmosfera di Sette anime è quella del thriller a stelle e strisce. La narrazione abbandona via via i toni inquietanti dell’esordio per assumere poi quelli delicati e malinconici. La trama, inizialmente di non facile comprensione, si ricompone come un puzzle dando man mano tutte le risposte fino alla conclusione, inevitabile e annunciata già nella prima scena. Vagamente inquietante, malinconico e solo apparentemente freddo è il personaggio interpretato da Will Smith, icona dell’eroe in cerca di redenzione. Nulla a che vedere con i divi italiani, impelagati in isteriche trame sentimentali, solitamente diretti da Muccino.
Non è un film da guardare a cuor leggero, questo; non a caso la critica si è divisa a riguardo. Il New York Magazine, per esempio, l’ha spedito in testa alla classifica dei dieci film più brutti del 2008. Per i critici del quotidiano newyorkese Sette anime è “grottesco”, “indigeribile”, “ovvio e falso”. Ma l’ultima parola come al solito, spetterà al pubblico e alla cifra totale degli incassi.
[floriana liuni]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
guarda l'intervista
[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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