Non solo fiera: Milano capitale del design
Fethi Atakol è uno dei giovani designer che tra il 16 e il 21 aprile hanno esposto le proprie creazioni alla Fiera del Mobile di Milano. Anche quest’anno l’evento, che attira i professionisti del settore da ogni parte del mondo, ha dedicato ampio spazio agli esordienti: il Salone Satellite è un padiglione concepito esclusivamente per gli studenti e i giovani talenti del design.
«Non è facile essere scelti per esporre al Salone Satellite», racconta Fethi: i posti disponibili quest’anno erano 150 per almeno 600 richieste. Ciò significa che hanno selezionato un designer ogni quattro». Per cominciare, i candidati devono avere meno di trentacinque anni e non essere sponsorizzati. Le richieste di partecipazione vanno spedite in agosto a Marva Griffin, art director dell’agenzia Cosmit che organizza il salone: «Ho inviato le fotografie di tre oggetti che ho realizzato, e solo due mesi dopo, a fine ottobre, ho saputo di essere stato scelto».
Per esporre al Salone Satellite non basta il genio creativo: «Essere selezionati – puntualizza Fethi – non vuol dire guadagnarsi il diritto di esporre gratis, ma avere l’opportunità di comprare uno spazio nudo (moquette e pareti bianche). Il costo si aggira intorno ai 3mila euro; le spese aggiuntive – ad esempio, il trasporto degli oggetti – sono extra e ancora una volta a carico dei designer». Per non parlare del fatto che quasi nessuno dei giovani artisti è di Milano, per cui vanno considerati anche i costi di vitto e alloggio. Ma Fethi Atakol non ha dubbi: «Lo rifarei. La Fiera del mobile è una vetrina sul mondo: sento di aver guadagnato grande visibilità. Non avrei mai pensato che galleristi, giornali e tv da tutto il mondo potessero interessarsi ai miei oggetti». Fethi definisce la sua specialità redesign: «Mi piace andare a cercare gli oggetti in cantina o in soffitta, e attribuire agli scarti nuove funzioni. Voglio che le mie creazioni non siano solo belle da guardare, ma soprattutto che servano».
Allo Spazio Satellite i designer italiani sono la minoranza: molti di loro sono giovani che vengono dall’Estremo Oriente o dal Nord Europa. Il nome di Fethi può trarre in inganno, «ma anche incuriosire il pubblico – racconta –, diversamente dalle firme italiane che, come ho notato al Salone, suscitano sempre meno interesse. In realtà sono di padre turco e di madre italiana e attualmente vivo a Rimini. Le aziende italiane – continua Fethi – hanno una forte tradizione, ma attualmente si rivolgono ai designer stranieri. Negli anni Sessanta le star erano gli artisti nostrani, mentre oggi i più richiesti sono residenti all’estero. Nel nostro Paese manca il coraggio di investire nei giovani talenti, non solo nel settore dell’arredo e del design. In Olanda, una realtà che conosco bene, i progettisti di interni si affermano a venticinque anni, mentre qui in Italia a quaranta; ai giovani olandesi vengono riconosciute responsabilità e meriti». La Fiera del Mobile è stata per Fethi una vetrina sorprendente: «Non credevo di guadagnare tanta visibilità. Negozi di arte e design a Parigi, Londra e Roma mi hanno proposto di esporre pezzi singoli, ma alcune aziende italiane e statunitensi vorrebbero coinvolgermi anche in produzioni industriali». Al di là delle offerte di lavoro, Fethi è contento di essersi confrontato con i colleghi stranieri: «Ho apprezzato particolarmente il design giapponese perché è sinuoso e mi fa pensare agli origami. In generale, ho avuto la possibilità di conoscere gli stili più diversi; ancora una volta Milano ha attirato artisti da tutto il mondo». Il capoluogo lombardo si riconferma, dunque, capitale del design. Anche adesso, che la Fiera del Mobile ha chiuso i battenti, non mancano eventi per esperti del settore o semplicemente appassionati e curiosi. Palazzo Reale ospita fino all’undici maggio un’esposizione intitolata 99 icone di design dedicata alla storia del made in Italy: «Di solito – spiegano gli organizzatori – alle mostre c’è distacco tra opere e pubblico, mentre in questo caso il clima è familiare». I visitatori riconoscono gli oggetti esposti, ritrovano le icone della propria infanzia e adolescenza: la vespa piaggio, la moka bialetti, gli occhiali Persol e la Fiat 500. Per non parlare dei cult che hanno fatto la storia del made in Italy: i blazer destrutturati di Armani, le camice bianche di Ferrè, i pantaloni alla capri di Emilio Pucci o le sneakers di Superga. Impossibile non riconoscere nel modello Borsalino del 1857 il cappello da passeggio del nonno. Ed è inevitabile – anche - associare un evergreen come le cravatte di Marinella ad altrettanti – inossidabili – esponenti politici.
[giovanni luca montanino]
CONFLITTO DI GAZA
Intervista a Nahum Barnea
«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.
[viviana d'introno e cesare zanotto]
L'INTERVISTA
Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.
guarda l'intervista
[marzia de giuli e luca salvi]
L'INCHIESTA
È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).
Ascolta l'intervista
[alberto tundo]
MARIO CAPANNA
Onda e '68 a confronto
Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.
[cesare zanotto]
CIBO E MEMORIA
La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.
[francesco perugini]
GIORGIO BOCCA
Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.
[gaia passerini]
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