CONFLITTO DI GAZA

Intervista a Nahum Barnea

«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.

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[viviana d'introno e cesare zanotto]

L'INTERVISTA

La voce della libertà

Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.

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[marzia de giuli e luca salvi]

L'INCHIESTA

È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).

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[alberto tundo]

MARIO CAPANNA

Onda e '68 a confronto

Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.

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[cesare zanotto]

CIBO E MEMORIA

Viaggio nel gusto italiano


La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.

[francesco perugini]

GIORGIO BOCCA

Intervista sulla crisi del giornalismo italiano


Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.

[gaia passerini]

AIDS

Virus Hiv, è di nuovo allarme contagio

Non fa più paura, e il problema è proprio qui. Sono passati più o meno vent’anni da quando l’incubo dell’Aids affollava le pagine della stampa e l’immaginario collettivo. Vent’anni da quando il virus mieteva vittime ad ogni schiocco di dita, accaparrandosi così l’epiteto di “peste del XX secolo”. Vent’anni, questi, in cui la medicina ha fatto le scale a tre a tre: i farmaci retrovirali hanno dato un nuovo volto alla malattia, riconsegnando alla normalità tante vite il cui destino sembrava doversi ridurre a una manciata di anni. Una battaglia vinta, sicuramente. Ma la guerra contro l’Hiv è tutt’altro che finita.

Il nuovo fronte si apre sulle stime di un contagio che aumenta con ritmi vertiginosi: secondo il più recente rapporto dell’Unaids (Agenzia delle nazioni unite per la lotta contro l’Aids) svolto su scala mondiale, ogni giorno si registrano 7.500 nuove infezioni, che si aggiungono ai 33 milioni di persone già colpite da Hiv. Restringendo il campo d’indagine al capoluogo lombardo, stiamo parlando di 750 nuovi contagi all’anno, circa due al giorno. Ma è forse la fisionomia dei soggetti che contraggono il virus il dato più inquietante e significativo: se una volta la malattia tabù era associata, nel pensiero comune, alla trasgressione, ora la piaga sembra sempre più insinuarsi nella “quotidianità più normale”. «Non più droga o rapporti omosessuali, ai quali è stata sempre legata l’idea del contagio – spiega Antonietta Cargnel, dopo una vita da primario all’ospedale Luigi Sacco di Milano, e ora presidente della fondazione Aids aiuto –; sono i rapporti eterosessuali non protetti la principale causa di trasmissione». In Italia, fra i soggetti più colpiti troviamo principalmente donne e cinquantenni: «È come se, da una certa età in poi, si cominciasse a prendere la vita con una certa leggerezza e ci si dimenticasse che il virus c’è e che il contagio è davvero dietro l’angolo per chiunque non si protegga», commenta Arnaldo Caruso, a capo dell’equipe di ricerca di Brescia che sta sperimentando il vaccino. «Il punto però –aggiunge – è che si è smesso di parlarne».

L’Aids non più di moda, insomma. Secondo uno studio della Swg, per il «Network persone sieropositive», la patologia da virus Hiv rappresenta addirittura l’ultima delle preoccupazioni degli italiani: solo il 5% dice di averne paura, contro il 20% del 1991. Il virus quasi dimenticato rischia però di diventare ancora più pericoloso: i farmaci retrovirali ci sono, è vero. Ma rallentano la malattia, non la guariscono: un particolare non da poco. Questo significa che il trend di scarsissima attenzione, non solo alla prevenzione del contagio, ma soprattutto ai test per l’Hiv, può comunque essere fatale: «In molti casi i pazienti scoprono di essere sieropositivi solo quando il virus è già allo stadio di malattia avanzata», spiega Giuliano Rizzardini, responsabile della prima e seconda divisione di malattie infettive del Sacco. Le conseguenze sono dunque pericolosissime: quando la malattia è galoppante le cure diventano sempre più difficili e il rischio di mortalità cresce esponenzialmente. Non solo: chi non sa di avere contratto la malattia la diffonde con più molta più facilità.

Gli studiosi quindi concordano: il primo passo per far fronte all’espansione a macchia d’olio della nuova epidemia è far rientrare l’Aids fra gli allarmi attuali. Occorre ricominciare a discuterne. Tornare a battere con insistenza il chiodo della prevenzione, sgomberando definitivamente il campo dall’idea che l’Aids riguardi l’universo un universo “altro” – come i Paesi in via di sviluppo, così come prostitute, tossicodipendenti e omosessuali – perché si tratta di un universo “nostro”.


[tiziana de giorgio]

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