CONFLITTO DI GAZA

Intervista a Nahum Barnea

«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.

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[viviana d'introno e cesare zanotto]

L'INTERVISTA

La voce della libertà

Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.

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[marzia de giuli e luca salvi]

L'INCHIESTA

È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).

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[alberto tundo]

MARIO CAPANNA

Onda e '68 a confronto

Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.

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[cesare zanotto]

CIBO E MEMORIA

Viaggio nel gusto italiano


La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.

[francesco perugini]

GIORGIO BOCCA

Intervista sulla crisi del giornalismo italiano


Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.

[gaia passerini]

MAFIA

Vor v zakone, comandano ghiaccio e sangue

La stanza è tutta ombre. Un uomo è seduto al centro, dietro di lui il bancone di un bar. Seminudo, col busto coperto di tatuaggi. Cinque uomini, neri nel nero, sono seduti davanti a lui in semicerchio. Non è un processo, è un’iniziazione. Una skhodka, assemblea di capi mafia. Come ne “Le conseguenze dell’amore”, il film in cui Paolo Sorrentino ha documentato un processo mafioso. Ma se il Titta Di Girolamo di Toni Servillo sa di essere arrivato al capolinea, e con orgoglio prende di petto la colata di cemento, l’uomo al centro della stanza, scrutato severamente dalla skhodka, non guarda al capolinea, ma guarda alla pistola dello start.

Sta per diventare un vor v zakone, un ladro che obbedisce al codice (in russo voroskoi vzakon). Un affiliato ad un’organizzazione mafiosa potentissima, violenta, insidiosa come un fiume carsico. Antonio Nicaso è un giornalista e scrittore italiano che vive e lavora in Canada. Studia da anni le mafie internazionali e ha pubblicato libri di successo come “Blood lines”, “Deadly silence” e il recente “’Ndrangheta, le radici dell’odio”. Adesso si occupa di mafia russa, un fenomeno che Nicaso ha affrontato anche sul web. A lui chiediamo quali sono le origini dei vor v zakone. «La mafia russa non è un prodotto del dopo Perestrojka. Trova bensì le sue radici negli anni Trenta del secolo scorso, non prima della rivoluzione bolscevica. I primi padrini entrarono in contatto con i dissidenti politici. Di ladri invece ce ne erano già tantissimi dai tempi di Pietro il Grande(1695-1725). Con la liberalizzazione del mercato, in seguito alla disgregazione dell’ex Urss, il fenomeno è indubbiamente cresciuto. Ci sono tante singole organizzazioni, denominate brigate. Poi arrivano la mafia dei vor v zakone, che diventano l’elite, i vertici indiscussi. Attualmente la maggior parte degli affiliati e di età molto giovane: l’85,6% di essi ha un età compresa fra i 30 e i 40 anni».
L’organizzazione ha una struttura precisa?
«La struttura è orizzontale, precisamente come quella della ‘ndrangheta. I vertici sono composti da diverse potenti famiglie che hanno preso piede nei vari quartieri delle città russe più importanti. Così si spartiscono le zone d’influenza in patria, facendo riferimento alle aree cittadine. La loro mobilità sociale, la loro scalata al potere fa leva sulla violenza privata e sulle attività commerciali.
Gli affiliati vivono secondo principi molto ferrei e coltivano la cultura dello “sgarro”, proprio come gli appartenenti alla ‘ndrangheta. La glacialità per la quale sono assolutamente famosi parte dai loro rapporti interni».
In che modo si finanziano? Quali sono i loro interessi?
«Si mostrano all’esterno con attività legalizzate, ma i soldi con cui finanziano queste attività sono i proventi di tutto l’illecito sottostante. Il loro comportamento è assolutamente anti-statuale; infatti, è nota la loro avversione al potere precostituito. Ma sanno essere silenziosi, minacciano e corrompono in maniera sottile, sono specialisti dell’ambiguo e dello strisciante. Hanno ormai interessi in tutti i campi, ovunque dove la malavita possa attecchire. C’è una piccola eccezione al loro rigido individualismo: quando devono prendere parte ad operazioni internazionali si riuniscono per agire. Di recente hanno spesso utilizzato un curioso escamotage: per attraversare le frontiere si sono finti ebrei. Hanno falsificato i documenti per potere arrivare dappertutto, ad esempio in Nordamerica, per dare così inizio alla scalata al potere. Uno dei più famosi fautori di questa ingegnosa pratica è stato Vyacheslav Ivankov, detto per il suo taglio degli occhi “Yaponchik”, il giapponesino. È uno dei più potenti esponenti dell’organizzazione, e per iniziare si è finto cittadino ebreo».
In Italia, in che zone la mafia russa si è infiltrata?
«Inizialmente si è stanziata nella zona adriatica, principalmente nelle Marche. In seguito si è diffusa in maniera capillare. Attualmente la sua presenza è riscontrabile un po’ ovunque».
Nel recente film del cineasta canadese David Cronenberg, “Eastern Promises” (“La promessa dell’assassino”), nella scena della cerimonia d’ingresso nei vor l’attore Viggo Mortensen, completamente nudo, mostra imponenti tatuaggi su tutto il corpo. Che funzione hanno?
«Direi fondamentale. Per i vor il carcere è una tappa obbligata, una tappa d’onore. La loro formazione, come uomini e come appartenenti al codice, passa sostanzialmente dalla permanenza nei penitenziari. Un vor sulla sua pelle ha tatuato il proprio pedigree. Innanzi tutto i propri gradi all’interno dell’organizzazione, poi anche la personale storia carceraria. Ne vanno fieri. In fondo l’usanza dei tatuaggi ci riporta ancora alla storia della ‘ndrangheta».
Quindi quella di Cronenberg è stata una ricostruzione fedele e accurata.
«Senza dubbio. Cronenberg ha sapientemente ricreato sia le atmosfere che i rapporti di forza all’interno di una famiglia mafiosa russa».
Non c’è una certa glacialità nel confronto generazionale, all’interno delle famiglie mafiose russe?
«La concezione di famiglia si avvicina, anche qui, a quella della ‘ndrangheta, ma in maniera meno marcata. Il sangue è il solo legame. C’è un forte senso di appartenenza, però solo nella frangia georgiana. In quella russa la famiglia è diventata un surrogato di quella tradizionale. Ormai il carcere si è sostituito alla gerarchia patriarcale. La sofferenza comune genera rispetto, la detenzione nei gulag corrobora i rapporti più del semplice fatto di sangue. Cronenberg ha dato una perfetta idea, con la scena della shkodka, di che cosa è importante per un’aspirante vor: oblio per parenti e Stato, dedizione totale al codice».
E il rapporto con la religione?
«Non ci sono particolari legami con l’ortodossia russa. I vor non fanno affidamento sui vertici religiosi del loro paese. Ogni uomo ha un rapporto personalissimo con la propria fede, e nella mafia russa questo tabù sopravvive».
Adesso quali sono i rapporti della mafia russa col terrorismo?
«Ottimi. Per il momento è in corso un piano in Colombia per il traffico di cocaina, un piano che coinvolge anche cellule terroristiche. La mafia russa pagherà con un pezzo di sommergibile, cosa della quale non è certamente sprovvista. Per essere più competitiva, sui mercati illeciti internazionali, la mafia russa tuttora assolda e paga scienziati di fama mondiale. Il plutonio e l’uranio sono il mercato del futuro».


dal backstage di "Eastern Promises", l'arte del tatuaggio nella mafia russa



[paolo rosato]
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MILANO

Brevi di nera del 31 gennaio

È andata male ieri sera a un ladro di auto al «lavoro» alle quattro di mattina in via Dottesio a Milano. Era alla guida di una Volkswagen Golf appena rubata quando è stato avvistato da un carabiniere fuori servizio. Il militare ha dato l’allarme dopo aver visto l’auto con l’allarme inserito, le quattro frecce accese e il lunotto posteriore rotto. In via Tirone il malvivente è sceso dall’auto ed è salito su una Fiat 500 dove è stato raggiunto e bloccato da una pattuglia del 112. Nella seconda auto i carabinieri hanno ritrovato un palmare e degli occhiali che non appartenevano al ladro. L’auto era stata infatti rubata alcuni giorni prima. L’uomo, un marocchino di 22 anni, Samir el Barkawi, pregiudicato, è stato arrestato per furto aggravato di automobile e ricettazione.

Ieri sera, poco dopo l’una di notte, un rapinatore è entrato nel Blockbuster di viale Papiniano con il viso coperto da un collant e una pistola. A quell’ora non c’erano clienti e l’uomo si è fatto consegnare dal commesso i soldi della cassa, circa 300 euro. Il malvivente prima di allontanarsi ha tentato anche di farsi aprire la cassaforte, ma non ci è riuscito: il dipendente del videonoleggio non conosceva il codice.

Un filippino è stato aggredito ieri sera in piazza Duomo da cinque connazionali. Il 17enne, che era in compagnia del fratello e di due amici, è stato medicato al Policlinico per le ferite riportate al volto. La rissa sarebbe scoppiata per futili motivi nel gruppo di extracomunitari che sosta spesso sotto i portici del Mondadori multicenter.

Rapina ieri sera ad un phone center in corso Lodi. Il titolare, un marocchino di 43 anni, stava chiudendo il locale quando è stato aggredito da due uomini, forse sudafricani. Uno dei due rapinatori lo ha minacciato con una pistola e si è fatto consegnare la valigetta che conteneva 12500 euro e alcuni documenti. I due sono scappati a bordo di una Fiat Punto.

Una donna è stata rapinata ieri sera alle 19.40 in via Legnano. La signora 39enne era sulla sua bicicletta quando è stata fermata e minacciata con una pistola da due giovani, forse sudamericani. Nel fermarsi la donna è caduta dalla bicicletta e si è fatta male a una gamba. Mentre era a terra i due rapinatori le hanno portato via la borsa con 300 euro dentro.

Si è finto un tecnico del gas venuto e ha derubato un’anziana settantenne. Si è presentato in casa della donna in via Tommei con la scusa di verificare la presenza di una fuga di gas. Poi è arrivato il suo complice, travestito da vigile urbano, per segnalare la presenza di truffatori nel quartiere. I due hanno portato via 600 euro e alcuni preziosi.

[francesco perugini]
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GRANDI MARCHI

“Looking at Tod's”: incontro di moda e design

Si chiama “Looking at Tod's” ed è un’idea di design che nasce dall'amicizia tra l’architetto e art director Giulio Cappellini e Diego Della Valle, presidente e amministratore esecutivo del gruppo Tod's. Presentato a Milano, il progetto è una “storia a capitoli” con sviluppi ancora da mettere a punto, ma all'insegna del rapporto tra moda, architettura e design.

Il primo passo è stato affidare Patrick Norguet, Barber&Osgerby e Ineke Hans, architetti e designer di fama mondiale, le vetrine dei principali negozi del famoso marchio, che si alterneranno per una stagione, fino a giugno, nelle maggiori boutique Tod's del mondo.Si troverà, dunque, lo stesso allestimento nei negozi di Milano, Roma, Firenze, Parigi, New York, Tokio e location estive d’elite. «L’idea è quella di affascinare il cliente – ha spiegato Claudio Castiglioni, amministratore delegato del marchio Tod’s – coinvolgendolo completamente nel “mondo Tod’s” con la giustapposizione di oggetti espressamente creati per il marchio». Non solo borse, scarpe e pelletteria, ma anche sedie, e strutture architettoniche in equilibrio.

Com’era prevedibile, alla conferenza stampa di presentazione non si è nemmeno accennato alla valanga di critiche sollevata dai sindacati in seguito alla decisione di Diego Della Valle di concedere un premio di 1.400 euro a ciascuno dei suoi 1.600 dipendenti diretti che lavorano negli stabilimenti italiani. 116 euro mensili per l'intero 2008, in difesa del potere d'acquisto perduto: sono queste le modalità previste per il pagamento della supergratifica. La mossa di Della Valle, che replica per certi versi simili iniziative intraprese da Sergio Marchionne, per i dipendenti Fiat, e da Alberto Bombassei, per la Brembo, ha spiazzato tutti i rappresentanti dei lavoratori. I segretari nazionali di Femca-Cisl, Filtea-Cgil, Uilta-Uil si sono scatenati contro la mossa del presidente di Tod’s che ha fatto emergere quanto la riforma della contrattazione stia diventano lo snodo più importante nelle relazioni industriali.

«Questo bonus non ha niente a che vedere con il rinnovo del contratto nazionale e dimostra l'isolamento di Della Valle: è un'eccezione in negativo che rappresenta una concezione padronale, tipicamente ottocentesca». Questo il giudizio di Valeria Fedeli, segretaria nazionale Filtea Cgil.
Per Maurizio Di Cosmo, della segreteria regionale Marche della Cgil, «l'aumento comunicato a sorpresa alla stampa ma non ai sindacati è una provocazione. Non solo noi e gli altri sindacati non siamo stati informati, ma continuiamo a essere ignorati».

Quel tavolo individuato da Cgil, Cisl e Uil e dalla Confindustria per riformare la contrattazione nazionale sembra essere sempre più necessario. Tanto che Sergio Spiller, segretario nazionale Femca Cisl, aggiunge: «Qui è in gioco il ruolo del sindacato e ci sono di mezzo il contratto nazionale e integrativo. Ma è chiaro che, visto lo stallo sulle trattative determinato dalla crisi politica, gli imprenditori si muovono autonomamente».

[gaia passerini]
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PALAZZO LITTA

Altri fiori e altre domande per capire la realtà

Per la prima volta gli spazi seicenteschi di Palazzo Litta si aprono all’arte contemporanea. Dal 30 gennaio al 16 marzo tra le pareti di broccato, le cineserie e gli specchi saranno in mostra le opere degli artisti svizzeri Peter Fischli e David Weiss. Altri fiori e altre domande - questo il titolo dell’esposizione che la Fondazione Nicola Trussardi ha portato a Milano in collaborazione con le gallerie Tate Modern di Londra e Kunsthaus Zurich di Zurigo - si compone di oltre 40 installazioni, video, sculture e fotografie. Per l’occasione, la loro prima retrospettiva in Italia, Fischli e Weiss presentano al pubblico pezzi storici e lavori inediti, che sfumano il confine tra la normalità e lo straordinario, tra il passato e il presente, fino a trasformare Palazzo Litta in una sorta di affascinante carillon dell’assurdo. I due artisti, che lavorano insieme dal 1979, si sono specializzati nella realizzazione di sculture in poliuretano, un materiale leggerissimo e delicato, scelto perché «sembra catturare tutta la fragilità del mondo».

Mondo che, di sala in sala, viene scomposto in un labirinto di immagini, segnando le tappe di un viaggio tra micro-universi possibili e panorami lillipuziani. Un lavoro incompleto, ad esempio, è un percorso costituito da centinaia di fotografie, sovrapposte, confuse e intrecciate per rivelare il lato oscuro della quotidianità. Passeggiando tra le installazioni esposte, si ha l’impressione che gli artisti stiano giocando con gli spettatori, mostrando loro oggetti apparentemente banali per indurli a riflessioni ben più profonde. «Con un atteggiamento quasi infantile, Fischli e Weiss portano le loro marachelle a una grandezza tale da trasformarle in classici postmoderni con tanto di pedigree da perfetti storici dell’arte», commenta il critico Arthur Coleman Danto. Nelle mani dei due svizzeri anche la materia più insignificante si trasforma in qualcosa di magico, come avviene nella serie Suddenly This Overview: qui Fischli e Weiss ripercorrono gli eventi cruciali della storia dell’umanità in una sequenza di oltre 90 piccole scene di creta. Nel video The Way Things Go, invece, gli oggetti si risvegliano e i materiali più diversi – scatole, bottiglie, pezzi di legno, candele, copertoni e teiere – si rincorrono in una serie esilarante di reazioni a catena, un effetto domino in cui caos e ordine si sfidano all’infinito. Il modo migliore per capire la filosofia del duo è quello di farsela spiegare dai protagonisti in persona: «Cerchiamo di guardare alle cose da diversi punti di vista contemporaneamente. Forse è più un modo per essere ironici: l’ironia è dire qualcosa intendendo qualcos’altro. L’ironia è essere poco chiari e parlare nello stesso momento su livelli differenti». Per riuscire a cogliere appieno tutto questo bisogna seguire il percorso onirico preparato da Fischli e Weiss, perdendosi tra Altri fiori e altre domande.

[lucia landoni]
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LAVORO

Industria metalmeccanica: crisi contenuta, ma si frena

Uso più limitato degli ammortizzatori sociali rispetto ai semestri precedenti e lieve riduzione del numero di aziende colpite da fenomeni di crisi. Sono questi i dati più importanti tra quelli contenuti nel 22° rapporto sulle situazioni di crisi nel settore metalmeccanico, presentato dalla Fim-Cisl della Lombardia.

Dati incoraggianti perché evidenziano la stabilizzazione della crisi rispetto agli ultimi anni. Tuttavia, non tutti i dati sono positivi: rimane infatti elevato il numero di lavoratori in cassa integrazione ordinaria. L’uso intensivo della cassa di integrazione ordinaria fa temere che il processo di ripresa stia in realtà rallentando e che l’industria metalmeccanica stia cominciando a tirare il freno.
«L’industria metalmeccanica contiene la crisi, ma rischia di frenare con un rallentamento produttivo – ha dichiarato Roberto Benaglia, segretario generale della Fim-Cisl Lombardia –. Il settore ha continuato a sfruttare la ripresa economica e degli investimenti registrata non solo in Italia ma in tutta l’economia mondiale».
L’industria lombarda, dunque, sta contenendo la crisi, ma rimangono alcuni settori in gravi difficoltà. I settori in crisi sono il meccanotessile e l’elettrodomestico, che non sono stati in grado di superare le sfide della globalizzazione. Il primo risente, infatti, della concorrenza asiatica, mentre il secondo di quella dell’Est europeo.
Le industrie lombarde, inoltre, rimangono fortemente legate alle altre imprese europee e quindi non risentono in maniera decisa della recessione americana. Se l’economia tedesca entrasse in crisi, anche l’economia lombarda ne risentirebbe. Un altro cruccio delle industrie riguarda le infrastrutture, spesso inadeguate in confronto ai servizi offerti dalle altre nazioni europee. L’instabilità politica, inoltre, potrebbe comportare un arresto delle trattative delineate con il precedente governo su defiscalizzazione, sostegno agli investimenti e costo del lavoro.
«Ora che abbiamo positivamente concluso il rinnovo del contratto nazionale di lavoro per i metalmeccanici, la Fim-Cisl vede con preoccupazione una fase di non governo e di instabilità elettorale, poiché in tal modo si frenerà la realizzazione ed il completamento dei nuovi ammortizzatori sociali scaturiti dal protocollo sul welfare della scorsa estate», continua Benaglia.
Quanto all’andamento dell’indice di crisi, si è tornati ai valori del 1999. Se questo indice toccava quota 144 nel primo semestre del 1999, sfiorava quota 320 nel secondo semestre 2001. Adesso è a quota 100.


[rosario grasso]
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MILANO

Brevi di nera del 29 gennaio

Ancora pallottole indirizzate ai direttori Paolo Mieli e Ferruccio de Bortoli. Alle 3.00 di stanotte un funzionario dell’ufficio postale di Peschiera Borromeo ha segnalato alla polizia due buste indirizzate ai due giornalisti. I plichi provenivano da Lamezia Terme.

In quello destinato al direttore del Corriere della Sera, oltre a una pallottola di calibro 7,65, c’era una lettera anonima che esprimeva rancore nei confronti dei politici; in particolare, l’autore faceva riferimento allo «scenario apocalittico di degrado a Crotone» causato dai «colletti bianchi».
La busta spedita al direttore del Sole 24 Ore, invece, è stata consegnata sigillata agli investigatori.

Novantadue chili di eroina per un valore di 2 milioni di euro sono stati ritrovati dalla polizia a casa di Genci Mataj, un albanese di 38 anni, già noto per precedenti di droga. Dopo una serie di appostamenti, venerdì gli agenti hanno fatto irruzione nell’abitazione di Mataj, dove hanno trovato i panetti nascosti in fusti saldati, simili a quelli utilizzati per le olive. Il carico è stato intercettato in seguito alle indagini scaturite da altri sequestri di eroina avvenuti tra ottobre e dicembre dello scorso anno, sequestri che indicano un ritorno di questa sostanza sul mercato milanese. Il carico è probabilmente arrivato via camion dalla Turchia.
L’eroina sequestrata nel nord Italia negli ultimi mesi aveva un tasso di principio attivo piuttosto alto (circa il 30%); quella del maxi-sequestro di venerdì, uno dei più sostanziosi degli ultimi anni, ha un tasso ancora più alto (fino al 40%). Non è escluso un collegamento con l’eroina-killer che a dicembre, a Roma, ha ucciso alcuni tossicodipendenti.
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BRUNO MUNARI

Una mostra tutta da toccare

I piccolissimi sono avvisati: è Vietato non toccare. Questo il nome scelto dal Museo dei bambini di Milano (Muba) per la mostra che presenta alla Triennale in occasione del centenario della nascita di Bruno Munari. Un evento che si rivolge in via prioritaria al pubblico delle scuole dell’infanzia e dei nidi, proponendo giochi ed esperienze pensati per la fascia di età 2-6 anni.

Per l’occasione sono stati selezionati, nella vasta produzione del noto artista, temi vicini alla sensibilità, alla curiosità e alle esigenze dei più piccoli, creando un percorso di gioco impostato sulla scoperta, la meraviglia, l’esperienza tattile e visiva, la sperimentazione e il fare, che vedono sempre il bambino protagonista. Una scelta quanto mai azzeccata per celebrare il designer milanese, che nel corso della sua vita si è dedicato con passione ai processi di formazione fondati sull’esperienza diretta e il gioco. «Un apprendimento ricevuto attraverso il gioco si fissa molto meglio nella memoria per il fatto che tutta la personalità è stata coinvolta – non si stancava di ripetere Munari –. Il lavoro coinvolge solo una parte della persona mentre il gioco coinvolge globalmente la persona, tutti i sensi sono interessati. Inoltre è un’attività che ti permette di risolvere dei problemi, di arrivare a dei risultati, di chiarire delle cose». Da qui l’idea di dedicare la prima parte della mostra al tema della meraviglia per le piccole cose. Dentro scatole solo apparentemente tutte uguali si scoprono infatti oggetti ispirati a progetti e libri dell’artista. Un percorso tattile conduce i bambini ad esplorare con tutto il corpo le molteplici sensazioni che derivano dalla sperimentazione fisica dei materiali più diversi. Segue Più e meno dove, su tavoli retroilluminati, si possono comporre paesaggi verosimili o fantastici con tessere trasparenti. Non potevano poi mancare i Prelibri, realizzati per avvicinare alla lettura i giovanissimi che non sanno ancora l’alfabeto. Si tratta di piccoli libri, maneggiabili dalle mani dei bambini, costruiti con forme, colori, buchi, rilegature e materiali inusuali. Libri da esplorare, sfogliare e giocare, ma anche reinterpretare creando pagine nuove. Dal 5 al 30 marzo un’istallazione in formato ridotto rispetto a quella presentata alla Triennale sarà disponibile anche presso lo spazio Citylife, in piazza Cordusio. L’iniziativa esprime lo spirito di collaborazione tra Citylife e Muba, che insieme promuovono la realizzazione del palazzo delle scintille nel nuovo quartiere che sorgerà al posto della vecchia fiera di Milano. Per continuare poi a scuola l’esperienza educativa della mostra, verrà consegnata agli insegnanti la guida Fila-Giotto contenente spunti per attività didattiche e laboratori creativi.

[cecilia lulli]
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ENERGIA

Sud Africa al buio: economia paralizzata

Di fronte alla crisi energetica che ha colpito al cuore l’economia del Paese paralizzando le imprese estrattive, il governo del Sud Africa ha elaborato un piano per superare l’emergenza. Le misure sono immediate, ma si stagliano anche sul medio e lungo periodo. Il razionamento di energia è il nodo cruciale del programma di risparmio che prende le mosse dagli esempi cubano e brasiliano. «Il Brasile e Cuba - ha spiegato il ministro dell’Energia Buyelwa Sonjinca - hanno affrontato in passato crisi energetiche simili a quella che attualmente mette in ginocchio il Sud Africa, ma hanno tratto dall’impasse opportunità di crescita economica».

Il ministro delle Imprese pubbliche Alec Erwin ha spiegato che le misure di razionamento saranno vincolanti, data la criticità della situazione, ma anche volontarie: «Occorre sottolineare che la crescita dell’economia sudafricana continuerà solo se cambieremo il nostro comportamento e diventeremo energeticamente efficienti.É indispensabile fare appello al senso di responsabilità dei singoli». Attualmente i costi dell’elettricità in Sud Africa sono tra i più bassi al mondo: sono attesi aumenti significativi, tra il 14 e il 20%. Comunque il ministro Erwin ha assicurato che l’impatto degli aumenti sugli utenti più poveri sarà diminuito. Le industrie maggiori verranno incoraggiate a produrre da sé l’elettricità di cui hanno bisogno; soprattutto i dipartimenti e gli uffici governativi, ma anche le famiglie saranno educate al risparmio. Sono aperti i canali di comunicazione tra il governo e la Eskom, l’azienda energetica di stato, per l’elaborazione di un piano più efficace di tagli. Il capo esecutivo di Eskom, Jacob Maroga, ha spiegato che il load-shedding, ovvero la necessità di interrompere l’erogazione di energia nelle linee in cui la domanda risulti eccessiva, è stato finora la soluzione estrema. Spesso allertare in anticipo la popolazione su black-out imminenti è stato impossibile. Per questo motivo saranno compiuti sforzi maggiori per avvisare in tempo di eventuali load-shedding e verrà migliorato il coordinamento attraverso tutti i media disponibili, da internet alla radio e dai giornali alla televisione. Il piano del governo prevede l’utilizzo di lampadine compatte e fluorescenti nelle case, ma anche nelle attività commerciali, per consentire un risparmio di circa 800 megawatt. Fino al 2015 le famiglie a basso reddito potranno sostituire gratuitamente le proprie obsolete lampadine con quelle compatte e fluorescenti: le imprese che non effettueranno la sostituzione saranno sanzionate. Anche l’introduzione delle bombole di Gpl in cucina porterà nelle case il risparmio energetico. L’energia solare è parte integrante del progetto governativo di superamento della crisi: nei prossimi tre anni è prevista l’installazione di un milione di pannelli. Tutte le fonti rinnovabili verranno considerate seriamente: l’eolica, in particolare, è già al vaglio degli esperti. Intanto la Eskom continuerà il suo programma massiccio di costruzione di infrastrutture e impianti a carbone e nucleari.
Intanto fonti dell’ambasciata italiana a Pretoria raccontano che per ora il piano di emergenza del governo è solo vagheggiato: non si prospettano soluzioni concrete all’orizzonte. «In Sud Africa le infrastrutture sono assolutamente carenti – raccontano dagli uffici consolari – e tutti si muovono in macchina. È sufficiente che i semafori smettano di funzionare perché il Paese si paralizzi. Per non parlare del fatto che le cucine funzionano ad elettricità e non a gas e che la mancanza di luce blocca le attività di estrazione, uno degli introiti principali in Sud Africa. Anche finanza e terziario, la prima voce del Pil sudafricano, dipendono dalle forniture energetiche perché si basano sull’uso dei computer». Secondo fonti dell’ambasciata, il governo sudafricano avrebbe trascurato previsioni orami decennali: «Nel dicembre del 1998 è stato pubblicato un libro bianco sulla politica economica e la gestione dell’energia. Era previsto che i costi dell’elettricità aumentassero in maniera significativa, ma il governo non ha investito in infrastrutture, né ha invogliato i privati a farlo». Non mancano le critiche alla Eskom: «I tagli alle forniture andrebbero programmati e preannunciati: sul sito dell’azienda c’è uno schedule che dovrebbe servire proprio a questo, ma è praticamente illeggibile. Ogni volta le famiglie vengono lasciate al buio a ora di cena e senza preavviso».


[giovanni luca montanino]
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IL RICORDO DELL'AVVOCATO

Le passioni di Gianni Agnelli: la Fiat, la Juve, la barca

«Se dovessi immaginarlo adesso, a cinque anni dalla morte, lo vedrei navigare nel mare dei cieli su una barca che era stata la sua passione, almeno come la Juve. Peccato che, quando arriva il momento, anche i re muoiono». Una dedica significativa, quella di Candido Cannavò sulle pagine della Gazzetta dello Sport dello scorso 24 gennaio: il ricordo di Gianni Agnelli è ancora vivo.

Non potrebbe essere altrimenti, per l’uomo che ha rappresentato il capitalismo italiano del XX secolo. Giovanni Agnelli, detto Gianni e ancor meglio conosciuto come “l’Avvocato”, si è spento il 24 gennaio 2003 dopo una lunga malattia. Il suo nome, negli anni della più ingarbugliata situazione politica italiana, divenne garanzia di equilibrio e di conciliazione, voce degli industriali e dell’immaginario collettivo. E, soprattutto, il suo nome divenne un tutt’uno con la Fiat, il marchio che nell’Italia provata dall’esperienza della Seconda Guerra mondiale costituì per tutti una vera e propria fabbrica dei sogni. Nominato presidente dell’azienda nel 1966, Agnelli non ebbe tuttavia la strada spianata nel corso della sua conduzione. Anzi, a differenza dei suoi predecessori, l'Avvocato si trovò ad affrontare il momento forse più difficile in assoluto per il capitalismo italiano, quello contrassegnato dalla contestazione studentesca prima e dalle lotte operaie poi, fomentate e incentivate dall'esplosione rivoluzionaria. Sono gli anni in cui si susseguono i cosiddetti "autunni caldi", un ribollire di scioperi e di picchetti che mettono in grave difficoltà la produzione industriale e la competitività della Fiat. Ora, a distanza di cinque anni, l’impero Fiat è ancora in piedi, e la personalità forte e comprensiva – dunque vincente – dell’Avvocato rimane un modello da ammirare e ricordare. È l’auspicio di tutta Italia, quella industriale come quella operaia. A cui si aggiunge, ovviamente, quella sportiva. La passione parallela di Gianni Agnelli era infatti l’amata Juventus, squadra di cui, curiosamente, aveva l'abitudine di guardare prevalentemente un solo tempo, il primo.

[francesca salsano]
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ECOPASS

Gasolio o euro 4? I dubbi dei milanesi

Sono 36 mila le auto che ogni giorno pagano l’ecopass per accedere al centro di Milano. Dalle 7,30 alle 19,30 entrano nella Cerchia dei Bastioni 60 mila veicoli, di cui oltre 51mila auto e 8.928 mezzi commerciali. Oltre il 78% delle auto appartiene alla classe 2, l'11,2% alla classe 4, l'8,5% alla classe 3. Quanto poi ai mezzi commerciali, il 41% è della classe 4, contro il 39,6% della classe 2. Ma cosa è cambiato all’interno del mercato dell’auto all’indomani dell’introduzione dell’ecopass?

La maggiore novità consiste nel nuovo mercato che si è aperto per le auto usate. Le vecchie euro 1 e 2 ritirate dai concessionari possono essere rivendute solo attraverso internet. «Ovviamente chi vive in zona non è più interessato a questo tipo di auto – ha dichiarato un rappresentante di una concessionaria milanese -, per questo, per smaltirle, siamo costretti a proporle anche al di fuori della Lombardia».
I milanesi sembrano essere stati previdenti, dal momento che la vendita di vetture euro 4 ha avuto un aumento consistente già dall’anno scorso. «Prevediamo che il mercato continui a crescere con regolarità – ha spiegato Michele Dubini, proprietario di una concessionaria dell’hinterland -, ma è ancora troppo presto per dare un giudizio definitivo visto che sono passate poche settimane dall’introduzione dell’ecopass». Una fetta consistente di milanesi, probabilmente, si prenderà del tempo per testare la funzionalità e comodità dei mezzi pubblici prima di investire nell’acquisto di una nuova auto.

Ma non tutti hanno la possibilità di comprare una nuova auto. Alcuni opteranno per la più rapida ed economica installazione sulla propria vettura di un impianto Gpl o a gas. Con una spesa tra gli 800 e i 3 mila euro, a seconda del tipo di vettura, e quattro giorni lavorativi si potrà tranquillamente accedere al centro di Milano senza pagare l’ecopass. «Per ora abbiamo riscontrato solo un leggero aumento di richieste – ha spiegato Lorenzo Maiolatesi, proprietario di un’officina che installa impianti Gpl -, la gente sta aspettando l’incentivo dello Stato che dovrebbe arrivare il 21 di questo mese. Per quel periodo ci aspettiamo un boom di clienti». Secondo l’ultima Finanziaria, l’agevolazione dello Stato è prevista per la conversione a gas di qualsiasi tipo di autoveicolo a prescindere dalla categoria euro. Il contributo unitario dovrebbe ammontare a 350 euro per le conversioni a Gpl e a 500 euro per le conversioni a metano, ma sarà necessaria una prenotazione preventiva. Si spera che queste previsioni verranno rispettate, poiché fino all’anno scorso l’incentivo era previsto solo per auto molto vecchie delle categorie euro 0 e 1.
Ma anche chi ha il Gpl è a rischio multe. Almeno secondo il sito del Comune di Milano dove inserendo il proprio numero di targa è possibile scoprire se bisogna pagare l’ecotassa. I veicoli a gasolio, però, non sono censiti e per questo considerati inquinanti.

[gaia passerini]
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BLOGOSFERA

Scherzi d'arte: quando la satira incontra la rete

Cosa succede quando tre mondi apparentemente distanti anni luce l’uno dall’altro come arte, satira e tecnologia si incontrano? Il risultato è un cocktail esplosivo, da maneggiare con cautela. Lo sa bene Paulthewineguy, un blogger che si è recentemente guadagnato l’attenzione dei media nazionali, il Corriere della Sera in testa, per uno scherzo. Sul suo sito, www.paulthewineguy.com, era infatti visibile la raccolta di immagini Understanding art for geeks, ovvero una serie di celebri opere d’arte rilette attraverso i simboli che compongono il linguaggio degli internauti, i geeks appunto.

Si va dal soggetto dell’Urlo di Munch che si esprime con gli emoticons tipici degli sms, alla Gioconda che sorride grazie al linguaggio delle chat; da un autoritratto di Picasso che riporta il codice html corrispondente al colore dello sfondo del dipinto, ai Giocatori di carte di Cézanne che si ritrovano in una zona Wi-Fi.
Nelle intenzioni dell’irriverente e ipertecnologico artista era una sorta di bonaria presa in giro rivolta ai mostri sacri della pittura. Appunto, era. Perché, giusto a proposito di citazioni irriverenti, chi di Internet ferisce di Internet perisce. Le “opere” di Paul hanno valicato i confini della blogosfera per approdare sul ben più istituzionale sito del Corriere della Sera, che le celebra sulla sua home page come Capolavori dell’arte in versione “avanzata”.
Se molti suoi “colleghi” si affidano alla rete, proprio nella speranza di raggiungere il loro momento di gloria, il blogger creativo si è preoccupato per l’improvvisa e indesiderata visibilità mediatica e ha preso la drastica decisione di auto-censurarsi. Ai già numerosi fan spiega gli sviluppi della vicenda con queste parole: «Ho rimosso le immagini perché credo di aver commesso un errore, ovvero quello di aver preso delle opere su cui non ho alcun diritto e di averle modificate. In buona fede, certo. Per uso personale, anche questo è vero. Su cui ho appiccicato una mia licenza in modo del tutto arbitrario. Ma dal momento che questa cosa è diventata di pubblico dominio, e non sono Duchamp che può controbattere come arte la propria manipolazione artistica, beh, preferisco cancellare tutto». Certo, non deve essere stata una scelta facile, dato che Paul ha intitolato il post dell’addio alle sue creazioni Non mi diverto più e ha chiesto scusa a tutti i visitatori del blog per la cancellazione, definendo il tutto «4 stupidi ritocchi fotografici». Le giustificazioni non sono però apparse valide ai suoi più affezionati ammiratori, che ritengono il gesto «un segno di resa nei confronti di qualcosa (o qualcuno)» e sono così entusiasti dei lavori di Paul da sfogarsi così per convincerlo a tornare sui propri passi: «È una tua libera espressione, gioiosa, spericolata e luminosissima, e le opere ormai sono un frammento prezioso di quella cultura digitale che anche le italiche genti cercano di costruire». Per ora tutto questo non è bastato: Understanding art for geeks è scomparsa dalla blogosfera per volontà del suo stesso ideatore. Con l’arte non si scherza. Parola di un artista pentito.

[lucia landoni]
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WORLD ECONOMIC FORUM

Almunia: alto deficit e instabilità politica, è allarme Italia

«Non ci sarà una recessione nell’Ue, la crescita sarà più bassa di quanto si prevedeva, ma non così bassa». È quanto affermato da Joaquin Almunia, commissario Ue agli affari economici e monetari, a margine del World Economic Forum di Davos che ha poi aggiunto: «I rischi per la crescita in Europa sono aumentati ma, negli ultimi anni, le economie europee hanno costruito fondamentali solidi e un buon assetto dei conti pubblici con risultati molto buoni sul mercato del lavoro che hanno fatto scendere la disoccupazione ai nuovi minimi degli ultimi 25 anni».

Joaquin Almunia è però più critico nei confronti del nostro Paese nel rapporto sul programma di stabilità italiano 2007-2011, dove «un debito pubblico molto al di sopra del 100% e la persistente debolezza dei conti, nonostante i miglioramenti, aumentano l’incertezza sulla crescita dell’economia e generano costi elevati, rendendo l’Italia vulnerabile ad aumenti dei tassi d’interesse».
Secondo il commissario Ue, per affrontare la difficile situazione economica sarebbe auspicabile una maggiore stabilità politica: infatti i conti del 2007 sarebbero stati abbastanza buoni, ma le prospettive economiche per il 2008, anche a causa dell’instabilità politica, non sarebbero delle più rosee e questo potrebbe creare pressione sulla finanza pubblica.
Il punto, secondo il commissario, è che in Italia il risanamento dei conti pubblici è meno avanzato che in altri Paesi e l’instabilità politica non consente di affrontare adeguatamente i problemi dell’economia che, soprattutto in questo periodo di congiuntura sfavorevole, sono di primaria importanza.


[giuseppe agliastro]
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TEATRO

Lella Costa è Amleto

Un Amleto per chi ha voglia di andare oltre la storia e il teatro: è così che lo racconta Lella Costa. Vestita di stelle dallo stilista Antonio Marras, responsabile dei costumi, è sola su un palcoscenico dalla scenografia da day after: pavimento di legno sfondato e inclinato, sedia rovesciata, poca luce. La dichiarazione di intenti arriva nei primi minuti: fare del teatro di indagine, cercare l’origine della storia, di molto anteriore all’epoca di Shakespeare.

Ci sono riferimenti alla biografia dell’autore, al mondo del teatro inglese nel momento di transizione tra il regno di Elisabetta Tudor e quello del ben più mesto Giacomo Stuart. Si riflette sulla vastità di temi e problematicità propria dell’Amleto: amore, amicizia, morte, potere, famiglia. Ma non sarebbe Lella Costa senza lo humor tutto femminilità e concretezza che trova ampio spazio nello spettacolo. Qualche battuta: «Orazio non solo era un amico leale, ma era anche simpatico, intelligente, bello e sveglio…probabilmente era gay». «Laerte. Sì, sì chiamava proprio come lui….come il figlio di Adriano Pappalardo». « Rosencratz e Guildestern sono completamente inutili e intercambiabili, un po’ come Dolce e Gabbana». L’attrice gestisce perfettamente più di due ore di monologo anche se la musica del pur blasonato Stefano Bollani si limita a sottolineare lo stato d’animo dei vari momenti, senza alcun guizzo di creatività e senza regalare grandi emozioni. Peccato che nel momento più tragico, quando Amleto viene colpito a morte durante il duello che dà inizio alla carneficina, Lella Costa comincia a mangiarsi le parole: per qualche minuto non si capisce più niente e il pathos svanisce di colpo. Salva la situazione l’espediente di rovesciare sulla scena un sacco di mele per ogni personaggio che muore. Il pavimento in discesa, il rosso luccicante dei frutti e il rumore di cavalleria in sordina garantiscono un effetto davvero teatrale.

[emidia melideo]
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GIORNALISMO TEATRALE

A colpi di Lettera 22

Lettera 22: prende il nome dalla celebre macchina da scrivere creata da Olivetti il concorso per critici teatrali con meno di 36 anni di età. La gara si svolge in due fasi: nella prima verranno valutate interviste e recensioni di 37 spettacoli previsti in 17 teatri di nove città italiane: Milano, Bologna, Roma , Napoli, Firenze, Venezia, Verona, Vicenza Padova.

Una giuria composta da dieci tra critici teatrali, giornalisti del settore e addetti ai lavori, sceglierà i cinque finalisti che saranno ospiti del Teatro Festival di Napoli, in programma dal 6 al 29 giugno 2008. Durante la manifestazione i giornalisti recensiranno gli spettacoli e presenteranno un lavoro che dovrà essere innovativo e propositivo in termini di format e linguaggio. I primi due classificati si aggiudicheranno un premio in denaro (1000 euro il primo, 400 il secondo), mentre al terzo andranno dieci volumi della collana Ubulibri. L’iniziativa, nata per volontà dell’associazione culturale La Giudecca in collaborazione con il master in giornalismo dell’università di Padova e il Teatro stabile del Veneto Carlo Goldoni, è stata presentata allo Strehler di Milano. Ha partecipato, in veste di madrina, Franca Valeri che ha letto alcune celebri stroncature teatrali del passato, divertenti e crudeli. Il direttore dello Strehler Sergio Escobar, anch’egli alla presentazione del concorso, ha sottolineato l’importanza del ruolo della critica nel teatro tanto più in caso di stroncatura, che ha il pregio di suscitare ilarità, ma esige più e più valide argomentazioni rispetto a un elogio. Un’occasione per dare spazio alle nuove leve del giornalismo culturale e per riflettere sull’importanza del teatro e sul ruolo della critica che, come ha osservato Piero Gobetti più di ottant’anni fa «è diventato un mestiere e doveva essere una missione».

[emidia melideo]
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MORTI BIANCHE

Morti bianche, non solo Marghera

A Padova è morto Francesco Pizzo, 51 anni, il quale è stato schiacciato dal peso del suo camion che si è rovesciato a causa di un avvallamento. Ad Andria, in provincia di Bari, Agostino Lorusso, 31 anni, è deceduto precipitando da 7 metri mentre si trovava in un cantiere edile. Domenica mattina si è registrato l’ennesimo incidente mortale, stavolta a Castelbolognese, provincia di Ravenna. La vittima è un operaio di 37 anni. La morte è dovuta ad asfissia provocata dalle polveri fini per prodotto ceramico contenute nel silos in cui la vittima è accidentalmente caduta.

Inoltre, questi incidenti seguono da vicino quello dello stabilimento di Torino della ThyssenKrupp, in cui perdono la vita sette operai.
La morte dei due operai a Marghera, in provincia di Venezia, ha riaperto il dibattito sulle morti bianche, una piaga che coinvolge ormai da tempo l’opinione pubblica. A Marghera, un incidente causato dall’alta concentrazione dell’anidride carbonica nella stiva di una nave ha provocato la morte di Paolo Ferrara, 47 anni, e Denis Zanon, 39.
Su questo incidente la procura di Venezia ha avviato un’inchiesta. È stato appurato, infatti, che nella stiva, nel momento dell’incidente, la percentuale di ossigeno era del 5%, mentre la soglia minima consentita è del 17%. Potrebbe essersi trattato di errore umano da parte dei due operai o di un malfunzionamento dei sistemi di rilevazione dell’ossigeno a bordo. Anche il ministero dei Trasporti nominerà una commissione di inchiesta.
Subito dopo la diffusione della notizia delle due morti è stato proclamato uno sciopero di 24 ore che coinvolge tutti i porti italiani. Per martedì 29 gennaio è indetta una assemblea unitaria dei quadri e dei delegati per decidere le ulteriori iniziative da intraprendere a sostegno della sicurezza nei porti. Cgil, Cisl, Uil del Veneto in occasione dei funerali hanno proclamato un'ora di sciopero generale in tutta la regione con presidi davanti alle prefetture e alle sedi delle associazioni imprenditoriali.
L’incidente di Marghera è solamente quello che ha destato le maggiori attenzioni da parte della stampa. Negli ultimi giorni, di fatto, si registrano altre tre morti bianche.
Le morti bianche fanno parte di un malessere sociale diffuso che riguarda tutti i lavoratori. L’insicurezza dovuta ai bassi redditi si intreccia indissolubilmente con quella che ormai è sempre più da considerarsi come una piaga sociale. Un fenomeno che è sempre più italiano, anche se le morti che riguardano extra-comunitari o lavoratori senza regolare contratto sono del tutto ignorate dai media.
Un’altra questione urgente è quella che riguarda i controlli sui posti di lavoro, soprattutto in riferimento al settore edile. I controlli nei cantieri edili, per quanto riguarda la sicurezza, vengono fatti dagli ispettori del lavoro: si tratta di tecnici laureati in ingegneria e architettura. È una figura professionale differente da quella degli ispettori del lavoro, laureati in giurisprudenza, i quali aumentano a dismisura a causa di una politica di assunzioni forsennata. Tuttavia, questo personale in tema di sicurezza è pressoché inutile, perché è specializzato solo in controlli contributivi.
L'ordine di grandezza è di circa due milioni di morti annualmente nel mondo, di cui circa 12 mila bambini. In Italia si registrano in media 1.400 morti sul lavoro per anno. Dal 2006, tuttavia, si è registrato un incremento in questa media. Secondo dati Eurostat, prendendo in considerazione l’Unione Europea, negli ultimi anni gli incidenti mortali sul lavoro sono diminuiti del 46% in Germania, del 34% in Spagna e solamente del 25% in Italia.
Le morti bianche sono figlie di un sistema industriale, quello italiano, che è sempre più esasperato dal profitto, e in cui gli imprenditori non sono disposti a rimetterci nulla per garantire un minimo di sicurezza ai lavoratori. Un sistema industriale moderno, invece, dovrebbe garantire l’incolumità dei lavoratori e consentire loro di operare in condizioni accettabili (per ulteriori dettagli sul punto di vista legislativo fate riferimento qui).


[rosario grasso]
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MORTI BIANCHE

Il piano della Lombardia contro le morti sul lavoro

Al palazzo della Regione, l’assessore all’artigianato e servizi, Domenico Zambetti, ha presentato un nuovo progetto per combattere l’elevata mortalità sul posto di lavoro, fenomeno in drammatica crescita in Italia.
Il progetto è strutturato intorno a quattro azioni: formazione ed informazione degli imprenditori in materia di sicurezza e ambiente; formazione ed informazione degli Rlst (Rappresentanti per la sicurezza territoriale) attraverso seminari e attività di formazione anche a distanza; sostegno all’accesso ai servizi in materia di sicurezza, ambiente di lavoro e sostegno agli investimenti produttivi per il miglioramento della sicurezza.

«Siamo pronti ad affrontare nuove sfide, nuove scommesse. Al miglioramento del sistema corrisponde il miglioramento della vita e del nostro futuro», sostiene Zambetti.
La Regione contribuirà con un investimento superiore al milione e duecentomila euro, dei quali un milione sarà dedicato al sostegno agli investimenti produttivi per la sicurezza. Il resto dell’investimento è ripartito tra la formazione degli imprenditori e dei rappresentanti per la sicurezza territoriale e il sostegno all’accesso ai servizi in materia di sicurezza.
«Un milione di euro per un miglioramento della sicurezza che non gravi totalmente sulle spalle delle imprese artigiane significa prendere nuovamente coscienza delle potenzialità del mondo produttivo artigiano, un comparto strategico grazie all’azione di piccole e micro imprese che devono essere incentivate e supportate – continua Zambetti, – È importante evidenziare l’impatto economico di sistema che potranno avere queste azioni, considerato che le risorse regionali, potrebbero contribuire a mobilitare investimenti per circa 19 milioni di euro».
Da un lato si mira a diffondere il più possibile una cultura d’impresa che riconosca il valore della sicurezza. Dall’altro lato si mettono a disposizione incentivi finanziari per supportare le imprese artigiane che si mostrano interessate ad investire negli ambienti di lavoro.


[rosario grasso]
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PRESIDENZIALI AMERICANE

Il Colorado scopre i Caucus: istruzioni per l’uso

Il prossimo 5 febbraio il Colorado ospiterà per la prima volta i cosiddetti caucus: si tratta di meeting di un’ora circa organizzati sia dai repubblicani che dai democratici per scegliere i delegati di contea e successivamente quelli nazionali. I candidati democratici, tra lacrime e aspiranti first man che sonnecchiano durante cerimonie ufficiali, devono preoccuparsi di istruire gli inesperti abitanti del Colorado: il web, la stampa locale e nazionale bombardano incessantemente di informazioni e consigli utili i cittadini, quasi angosciati alla vigilia di una consultazione che si rivela meno complessa del previsto.

Più di 3200 distretti ospiteranno i caucus in Colorado. Per partecipare bisogna essersi iscritti al Partito Democratico entro il 5 dicembre 2007 e aver compiuto diciotto anni entro il 7 gennaio 2008. Ogni elettore può trovare il caucus più vicino consultando i giornali locali o i siti web dei candidati. Giunti a destinazione, i votanti firmano prima di tutto sul registro e poi prendono posizione accanto ai supporter del candidato che preferiscono. Gli elettori si dividono in base alla preferenza che intendono esprimere e formano gruppi diversi: così avviene una prima votazione ufficiosa. Anche gli indecisi fanno gruppo e si preparano ad assistere al dibattito. A quel punto ha inizio una discussione che precede il voto ufficiale. Ognuno ha il diritto di parlare in favore del proprio candidato e di fare proselitismo. Infatti, durante il dibattito gli elettori sono liberi di lasciarsi persuadere, passare a un altro gruppo e cambiare preferenza. Il voto avviene per alzata di mano. Alla fine del caucus, gli organizzatori contano i voti in ciascun gruppo e stabiliscono il numero esatto di delegati all’Assemblea delle contee che ciascun candidato alla presidenza ha guadagnato. Non si può votare se non presenziando all’assemblea fisicamente; la partecipazione è assolutamente gratuita. Oltre ad eleggere i delegati all’Assemblea delle contee, che a loro volta voteranno i rappresentanti alla Convention nazionale, i caucus servono a nominare due componenti del comitato di distretto – che resteranno in carica due anni – e a votare su precise questioni della piattaforma di partito.

[giovanni luca montanino]
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L'ITALIA VISTA DALL'AMERICA

«What about Italians?»

Cosa pensa l’America di noi italiani? Come vivono i nostri connazionali negli Stati Uniti? Mentre il New York Times descrive il declino dell’Italia, colpiscono le testimonianze positive di chi è stato adottato dagli Stati Uniti e ha imparato a conoscerli. Lavoratori ed esponenti del mondo accademico raccontano l’affabilità degli americani e l’interesse crescente tra i giovani per il bel Paese.

L'etnocidio degli italiani all'estero

Italiani, disorganizzati e felici. Siamo i campioni dell’arte dell’arrangiarsi, ma non sappiamo fare i conti con noi stessi. Per esempio, quanti sono e come sono visti gli italiani all’estero? Noi non lo sappiamo e non lo vogliamo sapere; c’è bisogno del New York Times per ricordarcelo. L’articolo di Ian Fisher del 13 dicembre scorso, intitolato “In a funk, Italy sings an aria of disappointment”, ha nuovamente introdotto il tema dell’immagine degli italiani all’estero. Un’immagine non positiva a quanto pare, e la colpa sarebbe anche dell’amministrazione statale, spesso assente. Tanto assente da dimenticarsi dei milioni di persone che vivono oltre confine e che avrebbero diritto al voto. Perché l’etnocidio, così viene definito, degli italiani residenti all’estero è una realtà che andrebbe affrontata fattivamente, senza stare a parlarci troppo sopra. Con la legge n.470/1988, firmata Tremaglia, il Parlamento predispone un censimento degli italiani all’estero. Il conteggio, sorretto inizialmente dalle migliori intenzioni, non è mai partito. Dopo un rimpallo di dati e smentite, durato 15 anni, negli ultimi tempi sono emersi i dati più scoraggianti, se mai avessimo sperato in una ripresa della macchina organizzativa. Secondo il ministero degli Affari esteri, in base all’analisi effettuata sui 220 Consolati sparsi nel globo, alla fine del 2004 gli italiani al di fuori dello stivale sarebbero 4.026.403. Ma poi si scopre che il numero degli aventi diritto di voto diminuisce a 2.614.839, con l’eliminazione di tutti gli altri iscritti e possibili votanti. Dopo le elezioni, l'Institute for Italian-American Studies ha condotto un sondaggio telefonico da cui è emerso che, dei cittadini con diritto al voto, circa il 30% non ha neanche ricevuto il plico necessario per votare. Ed ecco servito l’etnocidio, la dispersione di un popolo fiero ma a volte scomodo. La disorganizzazione è palese, e sicuramente disincentiva l’interesse dei cittadini italiani all’estero per la vita politica. Sentirsi un peso non piace a nessuno, e i nostri connazionali vivono la scomoda sensazione di trasformarsi spesso da manna in zavorra, e viceversa. Nessuno vuole dimenticare la propria origine, ma la verifica continua di un’Italia arruffona e inefficiente non incoraggia chi, pur vivendo all’estero, ancora è convinto di essere nato in un grande Paese. Quale il rimedio, a breve termine, per quanto riguarda l’avanzare di questa sfiducia? L'Institute for Italian-American Studies propone un vero censimento basato su una rapida raccolta sul campo, ma soprattutto su un sistema decentrato nei vari Paesi. Occorre dunque adottare le diverse metodologie utilizzate, usufruendo sia delle strutture delle autorità locali sia delle migliaia di associazioni presenti sul territorio. Il principio deve essere quello di unire gli italiani nel mondo utilizzando proprio le strutture sorte nel tempo. Far capire che lo Stato è presente, sia nelle parole che nei fatti. Per questo il prossimo censimento del 2010 andrà impostato in maniera completamente diversa dal passato. Ma intanto la nostra immagine peggiora. La situazione rifiuti in Campania non ci aiuta, e appena possono i giornali stranieri piazzano il carico e fanno la predica. Effettivamente dietro la crisi campana non c’è solo una pubblica amministrazione lassista. Ci sono dati di fatto che si trascinano nel tempo, è vero. L’Italia saprà sviluppare dei veri anticorpi all’arte dell’arrangiarsi?

Gli italiani negli Usa si raccontano su Internet

«Noi che viviamo una realtà diversa abbiamo la strana impressione che i nostri connazionali residenti in Italia non si rendano conto di quella che è ormai l’immagine del nostro Paese nel mondo». Firmato: venti italiani negli Stati Uniti. Non più fantasia, letteratura, moda, buona tavola, quell’insieme di cose che ci rendeva orgogliosi di essere italiani. Perfino i nostri ben noti difetti, quel certo modo di fare e di essere “alla carlona”, per usare le parole della cantautrice che più ci rappresenta all’estero, Laura Pausini. Il “made in Italy” che da qualche settimana è sulle pagine dei principali giornali stranieri è un altro, e non passa più come guizzo creativo. L’immondizia di Napoli, i campioni sportivi indagati dal fisco, l’incidente diplomatico dell’Università La Sapienza di Roma con Papa Benedetto XVI. E, per concludere, l’arresto della moglie del Ministro della Giustizia e la crisi del governo. L’eredità di Dante e Leonardo non basta più. «L’Italia non si ama», aveva scritto Ian Fisher sul New York Times. Ed è stata la miccia che ha scatenato altri articoli, altri commenti critici sui quotidiani di tutto il mondo. Ma se gli italiani che vivono in Italia si sono forse abituati all’etichetta di italianità corrotta sventolata dai media negli ultimi tempi, la reazione degli oltre cinque milioni di connazionali all’estero è più accesa. Soprattutto negli Stati Uniti, dove i nostri talenti hanno importato negli anni – e non senza sforzi – l’idea di un’Italia fatta di eccellenze e non solo di stereotipi come quello della mafia. E di fronte a «un’immagine negativa che ha molto riflesso sui milioni di Italiani emigrati che operano molto bene nei loro settori e contribuiscono a migliorare la reputazione del loro Paese», c’è chi custodisce nel cuore il ricordo della patria lontana, è vero, ma anche chi si è rimboccato le maniche. Risale così a poche settimane fa l’iniziativa dei venti italiani ideatori del sito Internet www.italia-nuova.org. L’obiettivo, spiegano, è reagire positivamente all’articolo del New York Times, per ridare un Risorgimento e una gloria al bel Paese. I venti, tutti cittadini italiani residenti all’estero da tanti anni, amano l’Italia ma non hanno paura di riconoscerne i problemi. «Che si sveglino gli italiani tutti, finiscano di piangersi addosso, di vivacchiare illudendosi che la globalizzazione non esista. Soprattutto, che finiscano di concludere sempre - in presenza di crescenti problemi - che “in fondo l’Italia è il posto migliore al mondo”, senza quindi affrontare e risolvere i problemi stessi. Noi ci impegniamo già da anni a tenere alto il nome dell’Italia». Vedremo presto le prime iniziative concrete che si propongono di lanciare. Tanto più che gli esempi di successo non mancano in una società che notoriamente accoglie e valorizza con criteri meritocratici talenti di tutto il mondo. «È significativo che nelle università statunitensi studino e insegnino molti italiani», conferma Silvia Camilotti, dottoranda in Lingue, culture e comunicazione interculturale all’Alma Mater Studiorum di Bologna. «Le persone valide non lo diventano negli Stati Uniti, ma è anche vero che molte non hanno a disposizione in Italia gli strumenti per esprimere le proprie potenzialità». La ricercatrice, esperta in letteratura della migrazione, sta concludendo il suo percorso di studi all’Università di Brown, a Providence, uno dei primi nuclei di approdo degli immigrati europei all’inizio del Novecento e dove tuttora c’è una comunità italiana molto attiva e organizzata. «E’ significativo che oltre la metà delle domande di ammissione al dipartimento di Italian Studies dell’Università di Brown provenga da italiani». E a sostegno dei venti connazionali, rassicura: «Non c’è ragione di credere che i fatti recenti sminuiscano la stima che gli americani nutrono da sempre nei confronti degli italiani che studiano e lavorano seriamente negli Stati Uniti».

Il bel Paese visto dall'Università americana

Alessio Filippi, lettore di italiano alla University of Southern California, non è rimasto sorpreso dall’articolo pubblicato dal New York Times sul declino dell’Italia: «Ho letto parte del pezzo, ma non l’ho finito. Non mi incuriosiva: noi italiani abbiamo già ricevuto giudizi del genere». Non c’è vittimismo nelle parole di Filippi, anzi: «Penso che meritiamo certi apprezzamenti; lo riconosco con amarezza». Pur essendo italiano, Alessio Filippi conosce bene gli americani perché da anni si dedica alla diffusione della cultura del bel Paese presso le università degli Stati Uniti: «Gli americani non esprimono pareri sulla situazione politica dell’Italia perché ne sanno poco. Sono troppo pieni di sé per pensare agli altri Paesi; lo fanno solo quando gli fa comodo e in maniera approssimativa». Riguardo all’opinione degli americani sugli italiani che vivono o lavorano negli Usa, Filippi è meno categorico: «Probabilmente il loro giudizio cambia a seconda del lavoro o del ceto sociale degli italiani all’estero. In generale, siamo visti abbastanza bene, almeno nelle grandi città, ma la conoscenza che gli americani hanno della nostra cultura è superficiale, per non dire solo gastronomica». E riguardo alla sua esperienza personale aggiunge: «Credo di essere stimato come professionista».
Gli statunitensi sono disinteressati anche rispetto all’economia: «Non hanno interesse per la condizione economica dell’Italia – spiega Filippi – ma sono consapevoli degli alti costi cui bisogna far fronte per vivere nel nostro Paese, come studenti o come turisti». A dispetto del giudizio espresso dal New York Times, sempre più americani scelgono di studiare la lingua italiana all’università; si moltiplicano corsi e dipartimenti dedicati alla cultura del bel Paese. Nancy Eder, del dipartimento di italianistica dell’Università di New York, racconta: «Abbiamo circa trecento studenti che studiano italiano. I giovani universitari sono sempre più presi da cultura, arte, cinema e letteratura italiana. Promuoviamo inoltre scambi con la città di Firenze; l’iniziativa riscuote consensi sempre maggiori». Riguardo all’interesse crescente per la lingua italiana, Alessio Filippi è molto scettico: «Probabilmente è solo una moda e, in quanto tale, passeggera. Domani sarà la volta del cinese».

[paolo rosato, marzia de giuli, giovanni luca montanino]
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FOTOGRAFIA

Alla ricerca del fiume perduto

Paesaggi sognanti che ricordano le atmosfere di Claude Monet e immagini surreali che richiamano molto da vicino le invenzioni di Magritte. Eppure quelli di Nicolò Quirico non sono quadri, ma fotografie dove non c’è nulla di fantastico o inventato. Il protagonista è l’Adda, il meno blasonato e uno dei meno frequentati tra i lunghi fiumi d’Italia: placido, silenzioso, verdeggiante diventa protagonista e a tratti poetico.

Tutto merito di una particolare ricerca visiva che mette in luce i suoi aspetti paesaggistici, il suo valore storico e sociale, ma soprattutto la voglia di rispecchiare con riflessi d’autore anfratti della natura (anche umana). Un corso d’acqua che per secoli ha fatto fiorire il commercio e che, con la forza della sua corrente, ha fornito e fornisce elettricità, oggi offre anche energia emozionale. Le 52 fotografie esposte nella Casa dell’energia di piazza Po fino all’11 febbraio giocano infatti con la fantasia dei visitatori, che sono chiamati a completare paesaggi volutamente incompleti con la sola forza della propria immaginazione. Il progetto fotografico, giunto ormai alla sua nona tappa espositiva, si è arricchito per l’occasione di alcune immagini del naviglio Martesana, per ricostruire simbolicamente l’antica via d’acqua navigabile che collegava Milano a Lecco e alla Valtellina. Una rievocazione sottolineata dalla disposizione spaziale delle opere esposte. La mostra è stata infatti allestita su passerelle sospese che ricordano ponti di legno.
Felice intuizione è poi quella di associare un percorso testuale a quello iconico. Un itinerario le cui tappe sono state scritte per l’occasione da Nicoletta Lattuada Parma e Paolo Stecca o tratte da celebri opere letterarie come le Cosmicomiche di Italo Calvino. L’esposizione è visitabile gratuitamente dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 18.


[cecilia lulli]
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INTERNET

Yahoo! licenzia per evitare il tracollo

Tagliare migliaia di posti di lavoro. È questo il duro compromesso che Yahoo! deve accettare per restare in corsa contro Google. La decisione sarebbe stata presa in seguito al calo di profitti registrato dall’azienda americana per sette trimestri di fila. Le oscillazioni negative della borsa, inoltre, negli ultimi giorni hanno colpito pesantemente l'indice Nasdaq (titoli tecnologici quotati in borsa).

Il programma di licenziamenti, pari al 5% della forza lavoro, potrebbe essere annunciato in concomitanza con la pubblicazione dei conti trimestrali in calendario il prossimo 29 gennaio. Diana Wong, portavoce di Yahoo! non ha voluto commentare il rapporto pubblicato sul blog Silicon Alley Insider, sul quale si legge che Yahoo! ha creato una lista di «1.500-2.500 posti di lavoro che potrebbero essere eliminati nelle prossime due settimane». Questa possibilità è stata definita plausibile dagli analisti a fronte della perdita di competitività del gruppo: -4,6% l'utile netto nel terzo trimestre 2007 su un fatturato in rialzo del 12%, una crescita molto inferiore a quella dei concorrenti. Google registra infatti il 32% dei ricavi pubblicitari sul web contro il 20% di Yahoo! (solo due anni fa i due erano alla pari), le cui azioni sono precipitate di quasi il 50% da fine 2005.

Alla base dei licenziamenti vi sarebbe anche la politica della dirigenza di Jerry Yang, il co-fondatore che ha ripreso in mano le redini societarie dal dimissionario Terry Semel il giugno scorso e che mira a "tagliare rami secchi" da tutte quelle attività che sono considerate meno redditizie rispetto a settori di punta come la pubblicità online.

La strategia di Yahoo! davanti all’avversario Google era stata, nel 2001, quella di fare il deserto di concorrenti. L’azienda comprò tutte le tecnologie sulla piazza: acquistò Overture e inventò il search marketing e la pubblicità contestuale. Poi comprò Inktom, allora secondo competitore nel campo della ricerca e Flickr, la piattaforma per condivisione di fotografie. Nel 2005/2006 si aprono a Santa Monica gli studios di Yahoo!. Nell’azienda sono convinti che la convergenza sia ormai cosa fatta, che si tratti di essere insieme televisione e internet, che le due cose diverranno una e che la pubblicità si sposterà tutta su quella nuova piattaforma. Ma tanta tecnologia non ha prodotto il successo sperato.

[gaia passerini]
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CRONACA MILANO

Segregata in casa e stuprata per ore

Un inferno di violenza e terrore. È quello che ha passato ieri una donna italiana di 40 anni stuprata e segregata in casa per 16 ore da un uomo che aveva conosciuto nella notte in un locale nei paraggi di Porta Ticinese. L'aguzzino si chiama Giuseppe Bua, un milanese di 62 anni. Era finito nel mirino della Polizia per essersi già reso protagonista di violenze. Solo dopo estenuanti tentativi, le grida della donna hanno allertato i vicini dell'uomo, inducendoli a chiamare il commissariato di Quarto Oggiaro.

Prima di essere tratto in arresto, Bua ha cercato di zittire la sua vittima minacciandola con una mannaia da cucina e tappandole la bocca con una mano. Poi si è arreso e si è fatto arrestare. Sequestro di persona, lesioni, minacce aggravate e violenza sessuale: sono le accuse formulate dal pubblico ministero Tiziana Siciliano.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i due si erano conosciuti in un bar nella zona Ticinese, intorno alle 3 di notte. Bua era riuscito a convincere la donna a bere e ad assumere cocaina e infine ad andare nel suo appartamento, in via Pascarella a Quarto Oggiaro. Si era fidata, ma una volta entrati in casa l'incontro si è trasformato in un incubo. Bua ha chiuso la porta, nascosto la chiave e l'ha aggredita. Il delirio di pestaggi e sevizie è durato per tutta la notte e quasi tutto il giorno seguente. La donna ha raccontato di essere riuscita a fuggire nuda sul balcone solo per un attimo, prima che il violentatore la rigettasse nel terrore. Ha gridato e invocato aiuto, ma nessuno l'ha sentita. Ha dovuto attendere altre ore interminabili prima di essere liberata dagli agenti di polizia di Quarto Oggiaro che, avvisati da un vicino che ha sentito le grida, sono arrivati sul posto solo alle 19 di ieri. Hanno suonato alla porta, ma Bua, prima di aprire, avrebbe tentato di cancellare le prove della violenza. Ha preso gli indumenti della donna, laceri e sporchi di sangue, e li ha messi a lavare. Alla fine ha aperto ai poliziotti. Davanti a loro una donna stremata, segnata da lividi, ferite e ecchimosi su tutto il corpo, completamente sotto shock. Un quadro chiaro, una storia d'ordinaria follia, quella incisa, ancora una volta, sulla pelle di una donna, questa volta dalla brutalità di Giuseppe Bua, per il quale sono scattate subito le manette.


[mario neri]
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SHOAH

I giusti dell'Islam sconfiggono stereotipi e pregiudizi

«Durante la Shoah ci sono stati dei musulmani che hanno saputo dire no allo sterminio degli ebrei. Ripartiamo dalle loro storie. Per spazzare via tutto ciò che di retorico c’è nei discorsi sulla comune discendenza da “nostro padre Abramo”. E concentrarci su quei valori fondanti che soli possono rendere possibile, anche oggi, un dialogo tra identità diverse». Ecco sintetizzato, in uno dei 25 pannelli esposti, lo spirito della mostra Giusti dell’Islam, ospitata al Centro di cultura e attività missionaria Pime dal 24 gennaio al 10 febbraio.

Tra i circa 22mila “Giusti tra le nazioni” censiti dallo Yad Vashem di Gerusalemme, il più importante museo del mondo dedicato all’Olocausto, figurano anche 70 musulmani. «L’iniziativa del Pime nasce per celebrare la Giornata della memoria – spiega Giorgio Bernardelli, giornalista di Mondo e Missione e curatore della mostra –. Vogliamo far conoscere delle storie che vanno riscoperte nel contesto culturale di oggi. La memoria deve guardare avanti: è giusto interrogarsi sulle grandi tragedie del passato, ma bisogna anche intercettare i problemi concreti della società attuale. Oggi quella del conflitto tra identità e religioni è una questione fondamentale e da qui ha avuto origine l’idea di sottolineare il ruolo dei giusti musulmani per uscire dallo stereotipo dello scontro tra Ebraismo e Islam».
La mostra parte da una frase ritenuta valida da entrambe le religioni: «Chi salva una vita salva il mondo intero». Queste parole, presenti sia nel Talmud ebraico sia nel Corano, sono il più bell’omaggio per le figure celebrate dalla mostra. Al Pime sono ricordate le storie di due bosniaci, tre albanesi, due diplomatici turchi e un iraniano: dieci personaggi emblematici, scelti dagli organizzatori per rappresentare tutte le persone di fede islamica che hanno rischiato la vita per salvare gli ebrei. Si passa da Necdet Kent, console turco a Marsiglia, che salì su un treno di deportati e convinse le SS a liberare tutti i “passeggeri” minacciando di creare un incidente diplomatico, a Abdol Hossain Sardari, console iraniano a Parigi, conosciuto come “Schindler musulmano”, che concedeva il passaporto anche a ebrei non provenienti dall’Iran per impedire il loro trasferimento nei lager. «Sono orgoglioso degli atti eroici di questi miei fratelli – dichiara Abdallah Kabakebbji, dell’associazione “Giovani musulmani d’Italia” –. Penso che la mostra Giusti dell’Islam sia molto utile, soprattutto per i giovani. Aiuta a ragionare e a superare lo stereotipo, spesso diffuso anche dai media, dell’arabo cattivo e terrorista». L’esposizione riserva anche uno spazio di speranza all’attualità: in un pannello viene raccontata la storia di Ahmed, un ragazzino palestinese di 12 anni morto a Jenin, in Cisgiordania, il 3 novembre 2005. Aveva in mano un fucile giocattolo, ma un soldato israeliano l’ha scambiato per un’arma vera e ha sparato. La corsa in ospedale è stata inutile, Ahmed non ce l’ha fatta. I suoi genitori, su consiglio del loro imam, hanno deciso di donare gli organi e il loro gesto ha salvato la vita di 6 persone, tutte israeliane. I giusti non hanno bandiera, né religione. Anche oggi, anche in Palestina, dove in nome della religione si continua a morire.

[lucia landoni]
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MILANO

Imprese e no profit insieme per essere protagoniste

«Diventare soggetto più solido, più autorevole, più efficace»: Diana Bracco spiega così il rinnovamento di Sodalitas, associazione di imprenditori nata nel 1995, che ha assunto lo status di fondazione. La nuova presidente, che raccoglie l’eredità dei quattro anni di direzione di Federico Falck, ha ribadito gli obiettivi della Sodalitas: mettere al servizio del no profit alti profili manageriali, creare un polo di aggregazione per le aziende, anche non milanesi, e permettere un confronto con le istituzioni anche a livello europeo sui temi della responsabilità sociale delle imprese.

La Csr (Corporate social responsability) è il principale impegno assunto negli ultimi anni da Sodalitas. «Bisogna abbandonare l’espressione “parti sociali” che indica un’opposizione tra i due termini – ha spiegato Pietro Guindani, amministratore delegato di Vodafone Italia -. L’impresa è un luogo di aggregazione sociale, dove si crea valore ma dove avviene anche la crescita personale dei dipendenti. Le imprese sono chiamate a prestare attenzione alle nuove tematiche del lavoro, dell’ambiente e della clientela».
Maurizio Costa di Confindustria ha ricordato le difficoltà incontrate per portare la realtà della responsabilità sociale nelle imprese italiane. Infatti il mondo imprenditoriale italiano considerava la Csr solo un costo aggiuntivo. Oggi, però, questo frangente di congiuntura economica negativa diventa «il momento più adeguato per dare priorità alla Csr».
La Fondazione Sodalitas comprende 60 imprese (che rappresentano più del 50% della capitalizzazione di Borsa) e 80 manager volontari. L’associazione omonima nacque 13 anni fa per volontà di 14 imprese, Assolombarda e pochi volontari con l’obiettivo di «creare un ponte» tra l’impresa e il no profit. La presidente Bracco nella sua introduzione ha indicato quale dovrà essere il ruolo di Sodalitas, che:«si propone come un luogo dove le diversità e le competenze si incontrano per consolidare la speranza di un futuro da realizzare». La direzione sarà duale, con un consiglio di indirizzo e un consiglio di gestione, tuttavia la presidente ha sottolineato come l’obiettivo della fondazione resti lo stesso che animò i fondatori: «Una competitività responsabile e sostenibile e una società inclusiva e coesa».

[francesco perugini]
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FOTOGRAFIA

Le foto di von Gloeden debuttano tra le polemiche

Milano celebra un fotografo tedesco che amò l’Italia al punto tale da farne il soggetto principale delle sue opere. Dal 24 gennaio al 24 marzo Palazzo della Ragione ospiterà la più completa mostra mai fatta a livello internazionale su Wilhelm von Gloeden. Saranno esposte circa 150 fotografie, provenienti in parte dalle raccolte museali della Fratelli Alinari di Firenze e in parte dall’archivio civico del Castello Sforzesco.
Innamorato della Sicilia, dove si trasferì per problemi di salute, von Gloeden trascorse a Taormina gran parte della propria vita, dal 1878 al 1931. In mostra, oltre a documenti e libri appartenuti al fotografo, ci saranno le stampe originali che ne ripercorrono l’arte. Si va da immagini del paesaggio siciliano alle foto delle antiche vestigia classiche, dai personaggi in costume folkloristico al vero e proprio reportage del 1908, quando von Gloeden documentò i catastrofici effetti del terremoto di Messina. Impossibile, poi, non citare le fotografie di nudo maschile, che hanno causato le polemiche da cui è stata accompagnata l’inaugurazione della mostra. Polemiche che però, a sentire gli esperti, sono assolutamente ingiustificate.

«Von Gloeden è stato il primo artista ad affrontare il mito con la fotografia – spiega Vittorio Sgarbi, assessore alla Cultura – Tutte le sculture antiche sono nude e nessuno lo trova scandaloso: pensiamo ai Bronzi di Riace. Non parliamo poi della pittura. Se ci scandalizzassimo per un nudo dovremmo inorridire di fronte alla Venere del Botticelli». Le immagini proposte nella mostra non vogliono rappresentare la realtà, ma una dimensione onirica, di speranza e desiderio che appartiene al fotografo. «Il lavoro più audace di von Gloeden, se riletto senza pregiudizi convenzionali, si rivela, salvo alcune eccezioni, di delicata castità, semmai naïve, e di una ironica, ingenua ma accattivante poesia», sottolinea Italo Zannier, curatore della mostra ed esperto di tecnica e storia della fotografia. La produzione dell’artista si divide sostanzialmente in due grandi filoni: quello della professione pubblica, con vedute paesaggistiche e scenette di folklore, e quello dell’attività apparentemente clandestina di fotoamatore e conclamato omosessuale. Insomma, le immagini catturate dall’obiettivo di von Gloeden sono destinate a far discutere, ma pare che questa sia una particolarità dell’arte fotografica. «Anche se l’Italia sta cominciando solo ora a comprenderne l’effettivo valore, la fotografia è un’arte importantissima, giovane e rivolta ai giovani – sostiene Federico Motta, la cui casa editrice figura tra gli organizzatori della mostra –. È naturale che apra al confronto e, in qualche caso, alla polemica». Probabilmente von Gloeden, alla fine dell’Ottocento, non avrebbe mai immaginato che i suoi scatti avrebbero dato impulso a un acceso dibattito sull’omofobia, attualissimo anche nel Duemila.

[lucia landoni]
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SANITÀ

In Lombardia più assistenza per ridurre gli aborti

Nuove linee guida per l’applicazione della legge 194 in Lombardia. Il presidente della regione, Roberto Formigoni, ha annunciato ieri lo stanziamento di ulteriori 8 milioni di euro a favore dei consultori e la riduzione del termine per l’aborto terapeutico a 22 settimane e tre giorni contro le 24 previste a livello nazionale. Le donne che dovranno decidere se interrompere una gravidanza indesiderata avranno 11 giorni in meno per farlo, ma le strutture assistenziali le forniranno loro maggiore assistenza medica e psicologica. In questo modo, ha spiegato Formigoni, la giunta intende dare una tutela più forte al nascituro e ridare peso all’attività di prevenzione contenuta nella 194. Secondo gli studi più recenti, infatti, a 23 settimane è possibile la vita autonoma del neonato nel 70% dei casi. La legge non fissa una soglia temporale per l’aborto terapeutico, che l’attuale stadio delle conoscenze scientifiche indica a 24 settimane. Il cammino intrapreso in Lombardia segue i risultati ottenuti al Mangiagalli a partire dal 2004, dove l’aborto terapeutico non si effettua oltre i 164 giorni.

I fondi a sostegno dei 284 consultori accreditati (225 pubblici e 59 privati) saranno erogati unicamente in base alla concentrazione della popolazione femminile in età fertile (12-45 anni), senza tenere conto del tenore economico e della concentrazione di giovani e immigrate. In dettaglio, il 75% dei 64 milioni di euro stanziati sarà destinato al potenziamento del personale nei consultori, il 20% a sostegno dell’incremento tariffario delle prestazioni e il 5% per la formazione del personale. La regione, per ora, non ha previsto politiche a sostegno delle donne in difficoltà che, anche grazie al potenziamento dell’attività dei consultori, decideranno di proseguire comunque la gravidanza. In base alle ricognizioni in atto sulle condizioni sociali ed economiche delle gestanti in difficoltà, promette Formigoni, saranno previsti appositi interventi.

[ornella sinigaglia]
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CINEMA

Anteprima: Scusa ma ti chiamo amore

Non contento di invadere le librerie, Federico Moccia si è anche messo in testa di fare il regista. A dodici anni dal dimenticabile Classe mista III A, l’autore di Tre metri sopra il cielo porta al cinema Scusa ma ti chiamo amore. La storia di Alex, fascinoso trentasettenne che si innamora della liceale Niki, si sviluppa in novanta minuti di banalità già viste: l’ambiente dei creativi pubblicitari in cui non si lavora ma si va avanti a colpi di fortuna (L’ultimo bacio e L’uomo perfetto fanno scuola), gli studenti che arrivano somari alla maturità (Auguri professore!), l’eterno escamotage degli equivoci per vivacizzare un ritmo altrimenti funereo, l’inebetimento causato dalla bellezza acerba (ci avevano già pensato Bernardo Bertolucci e Liv Tyler con tutt’altro esito), l’insistenza pubblicitaria che rasenta la marchetta, la Roma coatta, la voce narrante un po’ come fa Silvio Orlando in Dopo mezzanotte, la vacanza in Grecia post-maturità (Che ne sarà di noi).

Penosi i dialoghi («Tremi?», «Abbracciami»), puerile l’espediente di piazzare frasi perugina con cadenza regolare, pessima la dizione di molti attori (va bene che sono romani, ma la mimesi pasoliniana era un’altra cosa). Basta dire che le migliori interpretazioni sono quelle di chi ha fatto tanta soap opera, come Veronika Logan e Luca Ward, per tarare il livello generale della recitazione. Raoul Bova sembra appena sveglio, assonnato per tutta la durata del film. C’è coerenza con la pochezza creativa del film nella scelta della colonna sonora, una versione sbiadita di Mtv Italia in cui la fanno da padrona gli Zero Assoluto, che compaiono addirittura in un improbabile cameo. Dà fastidio il modo in cui Moccia si serve della retorica e della poetica under venti, riducendola a un tripudio di unghie glitterate, cosce al vento e sesso alle prime armi. Ha un che di morboso e sembra voler stuzzicare le fantasie turbate di quarantenni col testosterone pericolosamente in ascesa. Bisogna solo sperare che alla certamente unanime stroncatura della critica segua anche un fallimento al botteghino, per dimostrare che se è vero che abbiamo la classe politica che meritiamo, non è lo stesso per il cinema.

[emidia melideo]
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ECONOMIA

Il governatore Draghi: “Diminuiscano le tasse ma non aumenti il debito pubblico”

Il sistema finanziario italiano è relativamente poco esposto alla crisi dei mutui subprime. Più pesante risulta semmai nel nostro Paese l’effetto sui consumi delle famiglie e quindi sulla crescita, che è prevista in calo nei prossimi trimestri. Ad aumentare sarà invece il divario tra l'Italia e il resto d’Europa.
È con questa riflessione che il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi ha aperto il Forex (congresso degli operatori del credito e della finanza) che si è svolto a Bari il 19 gennaio.

Per evitare una crisi economica la riduzione delle imposte è una buona misura che può far sollevare la propensione al consumo, ma gli sgravi fiscali devono comunque essere accompagnati da una riduzione della spesa corrente per non far aumentare il già elevato debito pubblico. Del resto, ha aggiunto Mario Draghi, «solo la crescita dell’efficienza produttiva e dell’offerta di lavoro offre sostegno duraturo allo sviluppo».
Il governatore ha comunque sottolineato come «i dati dell’Istat per i primi 9 mesi del 2007 mostrano conti pubblici migliori che in passato».
A preoccupare rimane piuttosto l’inflazione, tenuta alta dalla crescita del prezzo del petrolio e degli alimentari. L’obiettivo primario della politica monetaria della Bce, a partire dalle azioni sui tassi d’interesse, rimane così la stabilità dei prezzi, di cui Mario Draghi sottolinea la crucialità anche in chiave occupazionale nell’area dell’euro.

[giuseppe agliastro]
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DAKAR 2008

Per la prima volta nella storia il rally Dakar non ci sarà. Avrebbe dovuto prendere il via il 5 gennaio ma, alla vigilia della partenza, quando tutti i piloti erano pronti a partire l’Aso (Amaury Sport Organisation), ha deciso di annullare la corsa. In Mauritania dove avrebbe dovuto svolgersi gran parte della gara non sussistevano le condizioni minime di sicurezza. La redazione di m@g è andata a sentire le reazioni dei piloti e il parere dell’africanista Beatrice Nicolini.


- La vittoria del terrorismo

- I piloti: «Non è solo una perdita economica»

- Nicolini: «La sicurezza non c'entra è una scelta politica»
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