CONFLITTO DI GAZA

Intervista a Nahum Barnea

«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.

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[viviana d'introno e cesare zanotto]

L'INTERVISTA

La voce della libertà

Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.

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[marzia de giuli e luca salvi]

L'INCHIESTA

È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).

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[alberto tundo]

MARIO CAPANNA

Onda e '68 a confronto

Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.

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[cesare zanotto]

CIBO E MEMORIA

Viaggio nel gusto italiano


La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.

[francesco perugini]

GIORGIO BOCCA

Intervista sulla crisi del giornalismo italiano


Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.

[gaia passerini]

SOCIAL HOUSING

Barona, ritratto di un villaggio perfetto

Per un milanese che conosca la città, il nome di “Villaggio Barona” suona come un ossimoro curioso. Barona, un quartiere dominato da palazzi grigi e cemento, anni luce lontano dal centro sfarzoso e scintillante. Un quartiere periferico come ce ne sono tanti in Italia, perché le periferie tendono ad assomigliarsi un po’ tutte. Non gli abitanti, però. Qui, infatti, dalla collaborazione tra la Fondazione Attilio e Teresa Cassoni, la parrocchia dei Santi Nazzaro e Celso e l’Associazione Volontariato Sviluppo e Promozione, è nato quello che è, a tutti gli effetti, un importantissimo esempio di social housing che dovrebbe essere replicato su larga scala, non solo a Milano.


I residenti si sono rimpossessati dell’area compresa tra via Ponti, via Zumbini e via Santander, e ne hanno ricavato una vera e propria oasi di civiltà, un piccolo eden con un lotto di appartamenti “sociali” (82), 4 comunità alloggio protette per anziani non autosufficienti, un pensionato sociale composto da cinque nuclei riservati a studenti, lavoratori, persone svantaggiate e comprendente anche quattro mini alloggi destinati alle madri sole con bambini in situazioni di difficoltà. Non manca un lotto riservato ai servizi speciali, dal centro diurno per anziani autosufficienti al micro-nido per bambini di famiglie non abbienti, dal centro d’integrazione per disabili fisici alla palestra aperta a tutti i residenti. E poi un anfiteatro che solo quest’anno ha ospitato 55 spettacoli, un parco di 22mila mq e negozi.

Ogni anno gli artefici di questo piccolo miracolo si ritrovano per fare il punto della situazione e programmare i prossimi obiettivi. Ieri si è festeggiato il quinto anniversario dell’inaugurazione avvenuta nel 2003. C’erano, tra gi altri, l’Assessore alla Casa del Comune, Giovanni Verga, il professor Alessandro Balducci, direttore del Dipartimento architettura e pianificazione del Politecnico, la presidente della Fondazione Attilio e Teresa Cassoni, Maria Sala. I 45mila mq del progetto non sono stati tutti riqualificati ma manca poco. I prossimi obiettivi sono la realizzazione di un teatro-tenda, la costruzione di 300 pannelli fotovoltaici che saranno pagati con i risparmi energetici e con la vendita dell’energia prodotta, e la costruzione di una statua nella piazza centrale del villaggio con marmo di Condoglia messo a disposizione dalla Veneranda Fabbrica del Duomo. Importante il contributo economico della Fondazione Cariplo e della Bpm ma anche la consulenza del Politecnico e dell’Accademia di Brera, i cui professori vorrebbero trasformare il villaggio in un polo d’aggregazione e attrazione per artisti e amanti dell’arte. Un’alternativa ad un centro saturo, in cui non c’è più spazio per sognare.

[alberto tundo]
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MILANO

Il milanese? Più ricco e stressato

È più ricco, ma respira aria inquinata. Legge poco, ma si concede qualche serata a teatro. Ama lo sport, ma non ha tempo di praticarlo. Lavora molto e ricorre talvolta all’uso di sostanze psicoattive. Nel complesso corre meno rischi rispetto a vent’anni fa, ma ha paura di uscire di casa. E’ questo l’identikit del milanese tracciato da Megliomilano, Osservatorio permanente della qualità della vita.

Il rapporto, quest’anno alla diciassettesima edizione, analizza 107 indicatori suddivisi in 15 aree tematiche per descrivere l’evoluzione di Milano dal 1989 al 2006. I grafici parlano chiaro: delle quattro macroaree esaminate - benessere economico, ambientale, sociale e civico - la curva finanziaria è quella che punta più in alto. Nel 2006, il reddito familiare è cresciuto, così come l’importo medio delle pensioni (569 euro al mese contro i 522 del 2005) e i depostiti bancari (oltre 40mila euro per residente). Il 57,4 per cento della popolazione vive in abitazioni proprie. È rimasto stabile il numero di nuove imprese iscritte, 40 al giorno, mentre i fallimenti sono diminuiti del 44 per cento. Il tasso di attività è il più alto della serie storica: lavorano sette milanesi su dieci. Ma all’aumento del benessere economico corrisponde un netto peggioramento della qualità territoriale. Le strade del capoluogo lombardo sono sempre più intasate, e peggiora la qualità dell’aria: nel 2006, in 159 giorni la soglia di PM10 ha superato il limite previsto (35 giorni l’anno), contro i 152 del 2005. Aumentano il numero di decessi per malattie dell’apparato circolatorio e per tumore al polmone, e la mortalità infantile, 41 decessi contro i 33 del 2005. Anche la curva della sicurezza è in discesa. Milano supera Roma per casi registrati di criminalità, con 258 furti e 10 rapine al giorno. L’aumento della delinquenza è legato ai flussi migratori concentrati nelle aree industrializzate del nord Italia e all’uso di sostanze stupefacenti in forte aumento fra i giovani, in primo luogo la cocaina – secondo l’ultimo rapporto dell’Asl, nel 2003 uno su tre giovani milanesi dai 25 ai 34 anni ha consumato cocaina almeno una volta nella vita.

«Non c’è un rapporto inversamente proporzionale tra sviluppo e qualità del territorio - ha sottolineato Roberto Camagli, presidente del comitato tecnico di Megliomilano -. Milano deve affrontare i disagi con una visione d’insieme dei suoi punti di forza e di debolezza. È una questione di scelte politiche; accanto a noi ci sono esempi di eccellenza, come la Svizzera, dove la ricchezza produce nuove tecnologie che migliorano la qualità della vita, mentre in Italia si privilegia la quantità dei progetti a discapito del risultato finale. Milano è avanti rispetto alle altre città italiane e deve dare il buon esempio». Ma la rivoluzione urbanistica della città è già in corso da dieci anni. Troppo tardi? No, secondo l’assessore alla Mobilità, Edoardo Croci: «Negli ultimi mesi abbiamo potenziato il sistema dei trasporti pubblici, ma stiamo lavorando soprattutto per cambiare la mentalità dei cittadini. Siamo certi che anche le scelte che generano qualche malcontento iniziale, come l’introduzione dell’Ecopass disincentivante del traffico nel centro di Milano, saranno apprezzate quando se ne vedranno i risultati».

Ragionare nell’ottica a lungo termine richiede politiche sostanziali e lungimiranti. Lo ha ribadito Ernesto Ugo Savona, ordinario di criminologia dell’Università Cattolica: «Sfatiamo il mito che aumentare le forze dell’ordine risolva tutti i problemi. I dati Eurostat ci dicono che in Italia ci sono 363 poliziotti ogni 100 mila abitanti, il doppio della media europea. Il problema è un altro, cioè coordinarli. Le politiche a lungo termine non assicurano risultati immediati e per questo sono spesso scomode. Così sprechiamo capitali per curare i disagi giovanili e non vogliamo capire che l’educazione ha i risultati migliori da zero a tre anni». Soprattutto oggi che a Milano un nuovo nato su tre ha un genitore straniero, sono in calo i matrimoni, e ogni giorno divorziano più di quattro coppie. Così il cerchio si chiude e si torna al punto di partenza: benessere economico, vita frenetica, violenza. «È la percezione diffusa della criminalità a rendere la società sempre più chiusa e aggressiva - ha detto monsignor Monti, vicario episcopale –. La via d’uscita dal circolo vizioso è recuperare i valori, un patrimonio ormai considerato privato. Non con moralismi, ma con scelte concrete».

[marzia de giuli]
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TRAFFICO DI PROSTITUTE

L’Europa contro prostituzione e traffico di esseri umani

Capire chi sono i clienti delle prostitute e quali sono le regole del mercato del sesso. E’ l’obiettivo del progetto di ricerca curato dall’istituto Transcrime e dalla fondazione Ismu, presentato giovedì 29. Lo studio, intitolato How much? A pilot study on four key Eu member and candidate countries on the demand for trafficked prostitution, ha prodotto la pubblicazione Prostitution and Human trafficking, che presenta i risultati di un’indagine comparative condotta in Olanda, Svezia, Romania e Italia.

I ricercatori hanno compiuto un lavoro di “etnografia virtuale”, attraverso l’analisi di forum e chat specializzate e la somministrazione di un questionario anonimo on-line. Lo studio su internet in Italia ha rivelato che i clienti attivi sul web sono principalmente giovani tra i 20 e i 35 anni, occupati, con una scolarizzazione medio- alta e una buona dimestichezza con la tecnologia. Un’altra caratteristica è la visione fortemente maschilista del mondo, che vuole le donne sottomesse e sempre pronte a soddisfare gli uomini. L’età media dei clienti delle “prostitute trafficate”, non volontarie, è 35 anni: l’80% è single e non ha figli; il 40% svolge la libera professione, mentre il 35% ha una laurea. La metà usa il preservativo. La maggior parte dei clienti (45%) fissa un incontro ogni due mesi, preferisce saune o alberghi e prende contatti per la prima volta in internet. Il bisogno di dominio, ma anche di affetto e comprensione, l’esigenza fisiologia di sesso e il prezzo inferiore sono le motivazioni principali di che sceglie una prostituta oggetto della tratta di esseri umani. Al progetto di ricerca hanno partecipato l’Erasmus University, Olanda, lo Swedish National Council for crime prevention, l’Istituto nazionale di criminologia, Romania, Ismu e Transcrime, Italia. Il rapporto conclusivo verrà pubblicato da Springer, New York, nella primavera 2008. Transcrime ha già compiuto una ricerca nel 2005 per conto del Parlamento Europeo, individuando i diversi approcci alla prostituzione dei Paesi membri. «Tuttavia – spiega Andrea Di Nicola di Transcrime - la figura del cliente non è mai stata analizzata da alcuno studio: per questo motivo ci occupiamo adesso di quello che fino ad ora è stato il grande assente dall’indagine scientifica».

[giovanni luca montanino]
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ARTE E IMMIGRAZIONE

Immigrazione, l'arte che non ti aspetti

Michel Koffi viene dal Benin, costa occidentale dell'Africa. È arrivato in Italia negli anni ’90. Sale sul palco con il suo caftano colorato e si presenta: «Sono un musicista, uno scrittore e un attore». Si aggiusta il microfono e dalla pianola fa partire una base che mescola ritmi tribali e sonorità pop. Canta in italiano e la sua canzone parla d’integrazione e di tolleranza. Michel è uno dei Talenti Extravaganti che la Provincia di Milano ha raccolto allo spazio Oberdan per presentare il nuovo progetto omonimo sulle espressioni artistiche delle comunità immigrate realizzato in collaborazione con il Centro Come della cooperativa Farsi prossimo.

La sua esibizione apre il convegno che durerà tutta la giornata e in cui agli interventi di personalità istituzionali e di studiosi si alterneranno altri artisti come lui: per leggere poesie e racconti, suonare musica e mostrare dipinti.
«Ci auguriamo che questo progetto – dice Daniela Benelli, assessore provinciale alla cultura – promuova l’interculturalità e i processi di integrazione, valorizzando la polifonia dei linguaggi e delle varie forme di espressione artistica degli immigrati. Un’alternativa alle politiche sull’immigrazione ispirate al sospetto, alla paura dell’altro e del diverso».
Gli artisti scovati fra le comunità di stranieri a Milano e in provincia sono più di 115, tutti presenti sulla mappa online del sito della Provincia. Provengono da tutte le parti del mondo. Leggendo i dati si scopre che dall’America Latina e dall’Africa la creatività si sprigiona per lo più attraverso la musica e la pittura. Dall’Est europeo, invece, arrivano molti scrittori, che in tutto sono 31. E molti di loro scrivono in italiano. Spesso sono figli di immigrati di prima generazione, o figli di una coppia mista, come Gabriella Kuruvilla, nata da padre indiano e da madre italiana. Lei ha fatto della contaminazione dei linguaggi e delle culture una delle basi per costruire i suoi racconti: «Ho sofferto per anni il rimpianto per le tradizioni indiane, adesso le sto riscoprendo».
«La contaminazione è la matrice del nuovo. Il melting pot è il nostro orizzonte futuro, quello che permetterà agli immigrati di acquisire la cittadinanza attiva e che darà loro il diritto voto», continua l’assessore Benelli. Anche per questo la Provincia aprirà una Casa delle Culture, dove gli immigrati che producono arte e cultura potranno incontrarsi con gli italiani, mescolarsi con loro. Servirà a trasformare Milano in una metropoli capace di assorbire le diversità grazie all’incontro e al dialogo, non solo attraverso la globalizzazione.
Servirà a superare la diffidenza e l’ignoranza disorientata di chi ricorre a stereotipi e banali mezze verità per costruirsi un’immagine dell’immigrato da inquadrare e tenere a distanza. «Sarà utile – dice Enzo Colombo, docente di sociologia della Statale di Milano – ad accoglierlo come colui che più di ogni altro è capace di sorprenderti. Perché la caratteristica principale dell’incontro con lo straniero è la meraviglia, non la paura».

[mario neri]
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MUSICA E LIBRI

“La musica sveglia il tempo” e insegna all’umanità

«Mi sono sempre chiesto come si può pensare attraverso il suono. Questo fenomeno puramente che riesce a raggiungere dimensioni umane, emozionali e forse anche metafisiche. Il mio libro parte da questo principio», così Daniel Barenboim ha presentato il suo libro La musica sveglia il tempo, in uscita a breve, edizione Feltrinelli, in cui espone il proprio pensiero sull’arte dei suoni. «Che cos’è questo libro? Più facile dire che cosa non è. Non è un libro per i musicisti, perché non parla di tecnica. Ma neanche per i non-musicisti, perché richiede alcune conoscenze di base. È un libro per nessuno. E per tutti. La musica, nel suo messaggio universale, deve essere insegnata e a sua volta può insegnare molto all’umanità», ha spiegato l’artista.

Si tratta di un libro filosofico e pedagogico, che deriva dall’amore del direttore argentino-israeliano per la filosofia – Spinoza e Platone – e per la musica – Wagner e Bach sopra tutti –, un amore coltivato fin dall’infanzia, grazie al padre filosofo e pianista, « con una fila di persone alla porta di casa che venivano a prendere lezioni di piano».
Scontate e insistenti le domande dei giornalisti sulla questione palestinese, considerato il grande impegno profuso finora da Barenboim a riguardo: ha infatti fondato una scuola di musica a Ramallah e dato vita, insieme a Edward Said alla West-Eastern Divan Orchestra, costituita da giovani musicisti israeliani e arabi. «L’incontro di Annapolis è una caricatura. Tutti lo sanno. È come suonare un pezzo senza avere idea del contenuto. È un dialogo tra sordi al quale mancano due spiriti forti come Arafat e Sharon».
Invece, per quanto riguarda lo sciopero, Barenboim ha commentato laconicamente di essere soltanto «un artista ospite appena arrivato, che non può mettersi in mezzo tra istituzioni e sindacati. Lo sciopero quando inizia è sempre una sconfitta per due, quando finisce è una vittoria». Ha poi concluso scherzosamente, riferendosi anche a se stesso: «Ogni musicista nel mondo non è pagato abbastanza!».


[luca salvi]
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MOSTRE


A cinquanta passi dall’ingresso del Museo per i Beni Culturali dei frati Cappuccini, in via Kramer, c’è la mensa di Opera San Francesco. Idealmente parte da qui, dai volti in fila, in attesa di un piatto caldo, il percorso di chi visiterà la mostra “I Cappuccini e i Promessi Sposi”, che domani sarà inaugurata all’interno del museo.

La missione dei francescani si è sempre rivolta agli ultimi, siano essi i senzatetto dei nostri giorni oppure gli appestati della Milano borromea, a cavallo tra ‘500 e ‘600. Insieme ai monatti, i Cappuccini furono gli unici ad avventurarsi all’interno del gigantesco Lazzaretto di Porta Orientale, a restare in contatto con i malati, completamente isolati dal resto della popolazione. Lo scrive anche Alessandro Manzoni nel capitolo 28 dei “Promessi Sposi”, interamente dedicato al grande Lazzaretto. A suggerire un riflesso della spiritualità della missione francescana sono, nelle sale di via Kramer, le opere che compongono l’allestimento della mostra, divisa in tre sezioni.
Quella centrale è anche la più corposa e vede come protagonisti alcuni tra i principali maestri del Seicento lombardo: Procaccini, Cerano, il suo allievo Nuvolone. In mostra tavole e disegni a tema religioso, in particolare sulla figura di San Francesco. Nelle altre due sezioni, altrettante “chicche”. Una formella quattrocentesca in gesso dipinto e dorato raffigurante una “Madonna col Bambino” accoglie il visitatore: il restauro di cui è stata oggetto per l’occasione ha restituito all’opera l’originaria delicatezza di colori e materiali, riportandola allo stato in cui si trovava quando veniva esposta dai Cappuccini nel Lazzaretto. A corredo della terza sezione, che ospita alcune apprezzabili litografie dei “Promessi Sposi”, un curioso cimelio donato dalla famiglia Manzoni ai Cappuccini milanesi: una fotografia di Alessandro, impreziosita da autografo e ciocca di capelli.


[fabio bordighi]
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AMBIENTE

È Adro la regina delle “riciclone”

È Adro, un piccolo paese della Franciacorta, il comune più “riciclone” della Lombardia. A consegnare il virtuoso riconoscimento al comune bresciano è stata Legambiente che, all’interno della rassegna “Risorse Comuni” ha premiato l’amministrazione locale più attenta ai temi dell’ambiente e della gestione dei rifiuti. Insieme ad Adro sono stati premiati anche Lecco come miglior capoluogo di Provincia, Alzano Lombardo, in provincia di Bergamo come miglior città con più di 10mila abitanti e Roverbella, provincia di Mantova, nella categoria riservata ai paesi con meno di 10mila abitanti.

Un premio importante, perché, per conquistarlo non basta la sola raccolta differenziata ma è necessario primeggiare in altri trenta parametri come, ad esempio, la produzione globale di rifiuti urbani e la spesa necessaria per realizzare la raccolta.
La premiazione è stata preceduta da un seminario dove gli esponenti regionali di Legambiente hanno fatto il punto sulla gestione dei rifiuti nel territorio lombardo. Secondo il presidente Damiano Di Simine «la nostra regione deve recuperare terreno perché il Veneto e il Trentino ci hanno ormai superato, segno che si può fare di più. Soprattutto nelle province di Milano, Pavia e Brescia. Un altro fronte su cui occorre lavorare -ha aggiunto- è la lotta alle gestione illegale dei rifiuti, soprattutto quelli speciali. Un business da 234 milioni di euro».
Duccio Bianchi, direttore di “Ambiente Italia” ha voluto invece effettuare un’analisi ad ampio raggio ricordando che su questo fronte, l’Italia è il Paese che sta facendo registrare uno dei trend più negativi. Eppure basterebbe poco: «È una questione culturale. A fare la differenza è tutta una serie di piccoli gesti accompagnati da politiche mirate. E le amministrazioni locali devono capire che una gestione corretta è un’opportunità anche dal punto di vista del business. Nel resto d’Europa lo hanno capito da tempo. Noi no».

[luca aprea]
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DIPENDENZE

Droga, i giovani milanesi "riscoprono" il popper

Le droghe inalanti stanno riconquistando il mercato italiano. Lo registra la quarta edizione della ricerca sulle dipendenze tra i giovani condotta dall’Asl di Milano sugli iscritti alle autoscuole in età compresa tra i 18 e i 25 anni. «La droga denominata popper - spiega Riccardo Gatti, direttore del Dipartimento delle dipendenze della Asl milanese - è uscita dalla comunità gay, dove è usata per le proprietà vasodilatatorie, e ha conquistato il mondo universitario, dove compete alla pari con la cocaina».

Hashish e cannabis rimangono comunque al primo posto. Il 21,5% del campione (365 individui di cui l’82,5% italiani) afferma di aver consumato cannabinoidi nei 30 giorni precedenti l’intervista; le droghe inalanti seguono nel consumo complessivo con il 5%, la cocaina con il 2,5%. I dati sull’uso occasionale fotografano una situazione più preoccupante: gli indici salgono rispettivamente al 43,7%, 13,9% e 9,6%. «Il poliabuso è sempre più alto – spiega Gatti –. Si consumano fino a due o tre droghe differenti in momenti e situazioni compulsive di gruppo».
L’indagine è focalizzata anche sul consumo di alcool e sedativi. Il campione è stato circoscritto agli iscritti alle autoscuole perché qui si trovano giovani attivi, studenti e lavoratori.


[ornella sinigaglia]
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MILANO

Donne, ieri e oggi a confronto

Perché le antiche donne romane si sono emancipate prima di quelle greche? Perché erano economicamente indipendenti (ricevevano l’eredità paterna) e istruite. In questo contesto avvenne quello che è considerato il primo atto di emancipazione femminile della storia occidentale: temendo l’eccessiva libertà delle donne, l’imperatore Augusto (14 dc) stabilì che l’adulterio fosse un crimine denunciabile da chiunque e punibile con la delegatio in insulam. Per protesta, le matrone di Roma si iscrissero nel registro delle prostitute.

Sembra una lezione di storia ed è invece uno degli interventi più interessanti al convegno Voci di donne: ieri e oggi nell’ambito dell’anno europeo per le pari opportunità, organizzato dalla Camera di commercio di Milano in collaborazione con l’Università degli studi e l’Istituto lombardo di storia contemporanea, e con il patrocinio della Commissione europea. Donne imprenditrici, del mondo politico e accademico hanno raccontato al pubblico, largamente femminile, le proprie esperienze e discusso sul nuovo ruolo della donna nella società. E spetta proprio al capoluogo della Lombardia, secondo la Camera di commercio, il primato femminile: un’impresa su cinque è rosa, addirittura una su tre se si guarda agli ultimi dati. Le statistiche non evidenziano solo un significativo aumento delle donne che lavorano, ma anche delle posizioni che esse ricoprono. Dal 1992 al 2006, nell’industria manifatturiera milanese l’incidenza del personale femminile dirigente è infatti aumentata del 106%. La Lombardia vanta 436 donne che ricoprono il ruolo di amministratore delegato. Sono dati che rivelano grandi progressi. Ma se oggi a Milano oltre il 60% delle donne lavora, è anche vero che in Calabria la percentuale precipita al 27%. A ben guardare, la sproporzione nel mondo politico e dirigenziale delle cariche femminili rispetto a quelle maschili è evidente, e l’Italia è fra i fanalini di coda in Europa per applicazione delle norme che tutelano i diritti delle donne. A Roma, nell’industria dei servizi, uno dei settori a più alto impiego femminile, solo tre direttori d’albergo sono donne. La presidente del tribunale di Milano, Livia Pomodoro, nel complesso, è scontenta: «Purtroppo vedo poco attivismo da parte delle donne più giovani, che si preoccupano solo dei casi estremi di violenza pubblicizzati dalla televisione e non di difendere i diritti conquistati con fatica dalle generazioni passate».

È dunque alla storia che bisogna guardare. Ripercorrendo le lunghe tappe dell’emancipazione femminile, è evidente che solo dall’inizio del novecento le donne hanno iniziato a svolgere lavori intellettuali. «Istruzione è la parola chiave e la premessa fondamentale per il rispetto delle pari opportunità. Da sempre le donne si distinguono per la sensibilità e l’intuizione che permettono loro di guardare al futuro precorrendo la modernità», ha detto il ministro Barbara Pollastrini. I temi nell’agenda sono tanti: la mobilità sociale, i congedi parentali, la flessibilità nell’orario di lavoro, i servizi assistenziali e soprattutto la sicurezza. Il ministro ha anche commentato i recenti disordini di Roma avvenuti durante la manifestazione dei gruppi femministi contro la violenza maschile; alcune manifestanti hanno fischiato le autorità femminili presenti. «Incontrerò le donne che mi hanno contestato per avviare un dialogo – ha detto - ma non dimentichiamo che 150.000 donne sono scese spontaneamente in piazza. È un risultato importante che testimonia la volontà di affermazione delle donne italiane. È ora che il nostro Paese riconosca che i talenti femminili sono indispensabili sia per la crescita economica che per creare nuovi laboratori di leadership culturale».

[marzia de giuli]
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MILANO

Case per studenti nei quartieri popolari

Con i tempi che corrono, qualcuno potrebbe obiettare trovandosi all’improvviso trenta studenti per vicini di casa. Ma per gli anziani che vivono nelle case popolari del quartiere Botticelli, la prospettiva di sentire ogni tanto qualche innocente schiamazzo al piano di sopra è piacevole. Oggi l’Aler, l’Azienda lombarda edilizia residenziale, e la Regione hanno consegnato ai primi studenti le chiavi degli appartamenti ricavati dai sottotetti delle case popolari di via Moretto da Brescia.

I minialloggi, in tutto 131 nei quartieri Botticelli, Forlanini, Friuli, Calvairate e Genova, sono stati ristrutturati e arredati grazie a un accordo dell’Aler con la Regione e le università. La convenzione Isu (Istituto per il diritto allo studio universitario) li offre a 330 euro a posto letto, spese incluse, agli studenti il cui reddito familiare non superi i 44.000 euro. Il finanziamento complessivo, di 40 milioni di euro, consentirà di ricavare altri alloggi nei prossimi anni. Due nuovi edifici sono già in fase di realizzazione nei quartieri Gratosoglio e Mazzini, mentre il progetto più impegnativo riguarda la trasformazione dell’antica residenza dei Martinitt in un campus universitario da 430 posti. «Le dieci università di Milano rivestono ormai un ruolo industriale preponderante - ha detto il presidente dell’Aler, Luciano Niero - È dovere della regione e dell’università mettere gli studenti nelle migliori condizioni per alimentare questo laboratorio culturale». A Milano vivono 15.000 studenti fuori sede, la maggior parte dei quali ha grosse difficoltà a trovare casa. Basta dare un’occhiata alle bacheche delle università per rendersi conto che la domanda supera largamente l’offerta. Alla fine molti sono costretti a pagare affitti esorbitanti, spesso gravando sulla famiglia. La soluzione di recuperare gli spazi inutilizzati delle case popolari è ideale: non solo si aiutano i giovani, ma si rivitalizzano, reinserendoli nel circuito cittadino, quartieri ormai abitati esclusivamente da anziani.

[marzia de giuli]
continua

TEATRO

Il teatro Ciak riapre alla Fabbrica del Vapore

Il Teatro Ciak non è mai stato chiuso. È il messaggio che si vuole lanciare con la riapertura dello storico teatro milanese dedicato all’attività giovanile. A partire da venerdì 30 novembre, il Ciak si sposterà nella nuova sede alla Fabbrica del Vapore. Lunedì 26 novembre si tiene l’ultimo spettacolo in via San Gallo. La struttura provvisoria ospiterà il Ciak per tre anni. È messa a disposizione dall’Assessorato allo Sport e Tempo libero. La tensostruttura è in grado di ospitare un’ampia sala con un grande palcoscenico e un foyer attrezzato con bar sempre aperto.

La struttura può contenere 1284 spettatori, che diventeranno 2000. Il palco è il secondo per dimensione tra i palchi dei teatri di Milano; lo supera solamente quello del Teatro degli Arcimboldi. Fra tre anni il Teatro Ciak si sposterà nuovamente, stavolta in una struttura definitiva. Questa è messa a disposizione, tramite affitto, dalla società di promozione e di sviluppo immobiliare Euromilano. La struttura, che si trova alla Bovisa, è al momento in fase di costruzione. «L’apertura del nuovo Ciak va considerata anche alla luce del rilancio della Fabbrica del Vapore –ha spiegato l’Assessore Giovanni Terzi. - In un mese di tempo è stata adeguata la struttura. Si tratta di un semplice passaggio, visto che il Ciak si sposterà fra tre anni a Bovisa. L’obiettivo è di supportare l’attività giovanile a Milano». La stagione 2007/2008 sarà animata, tra gli altri, dagli spettacoli di Gaspare e Zuzzurro, di Enrico Bertolino, da Sarà una bella società, su testi di Edmondo Berselli e su selezione musicale a cura di Shel Shapiro, dalla compagnia Ballet Flamenco Jerez de la Frontera, da Coatto unico…senza intervallo di e con Giorgio Tirabassi, da Alessandro Bergonzoni con Nel. Il Teatro Ciak è stato fondato nel 1977 dal geniale impresario Leo Wachter. Da quel momento è sempre stato un punto di riferimento della vita culturale di Milano.

[rosario grasso]
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CINEMA

Lascia perdere, Johnny!: debutto alla regia per Bentivoglio

Lascia perdere, Johnny! segna il debutto alla regia di Fabrizio Bentivoglio. Un debutto all’insegna di tre temi: musica, disagio giovanile, ingenuità. In effetti, il film segue tre filoni portanti, ognuno dei quali individua un preciso momento della vita del giovane protagonista, Faustino. Ci troviamo negli anni ’70 a Caserta. Fausto è orfano di padre. Vive una vita senza alti né bassi, sembra quasi farsi trascinare dagli eventi senza prendere decisioni che possano dare una sterzata alla sua esistenza. Inizialmente, è alle prese con il rinvio militare: può ottenerlo solamente con un contratto di lavoro e l’unica possibilità che ha è quella di contattare un vecchio bidello che, occasionalmente, organizza dei tour musicali nei paesini dell’entroterra campano.

Faustino dimostra del talento e ben presto si ritrova a suonare nella “Piccola Orchestra di Augusto Riverberi”. Tra il grande musicista e Fausto si crea un rapporto speciale. Augusto introduce Johnny - così il maestro chiama Fausto - nel mondo dello spettacolo, promettendogli una grande carriera. Ma, contemporaneamente, lo avverte: “lascia perdere, Johnny”. Inizialmente film da disagio giovanile anni ’70, Lascia perdere, Johnny! diventa un film corale, in cui la musica diviene protagonista, e in cui ci si concentra sul malsano mondo dello spettacolo. Sono anche gli anni dell’ingenuità, anni in cui i ragazzi si fidano ciecamente di persone non propriamente affidabili, consegnando nelle loro mani il proprio destino. In realtà Fausto è alla ricerca di amici e di quel riferimento che nella sua vita manca ormai da diversi anni. L’atmosfera di Lascia perdere, Johnny! è volutamente ovattata, ma costellata da momenti di ilarità. Questi finiscono per costituire l’anima principale della narrazione, rendendo in alcuni momenti Lascia perdere, Johnny! più divertente che serioso. La prova degli attori è buona a tratti, ma non tutti riescono a tenere il passo della Golino e dello stesso Bentivoglio. Il rischio è che in alcuni momenti molti personaggi appaiono come caricature di sé stessi. La contestualizzazione provinciale alla quale il cinema italiano è ormai abituato e la scelta di raccontare dal di dentro il mondo dello spettacolo che porta sulla strada sbagliata, danno allo spettatore la sensazione di già visto. L’impostazione ironica voluta da Bentivoglio è da elogiare, ma forse l’artista milanese avrebbe potuto e dovuto osare di più sui temi e su alcune scelte narrative.

[rosario grasso]
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DIBATTITI

De Bortoli: «La nostra classe dirigente? Tutta da rifare»

«La classe dirigente italiana non funziona». È il grido d’allarme lanciato da Ferruccio De Bortoli dal collegio Agostinianum della Cattolica durante il dibattito programmato per lunedì 19 novembre. Il tema della conversazione è “Il ruolo dell''informazione nel sistema bipolare italiano” e il direttore del Sole24Ore parla a ruota libera, toccando tutti gli argomenti dell’agenda pubblica, dall’economia alla politica senza dimenticare la cultura e l’informazione.

Una relazione lucida e appassionata dove De Bortoli ha fatto il punto sulle cose che funzionano (poche) e quelle che proprio non vanno (tante). A destare particolare sorpresa è il duro attacco che De Bortoli ha sferrato all’establishment politico-finanziario: «In Italia abbiamo una classe dirigente inadeguata. Spesso si parla dell’inefficienza del nostro settore pubblico ma da quando dirigo il principale giornale economico nazionale ho constatato che è il settore privato, soprattutto quello legato al mondo finanziario, a registrare i peggiori disservizi. Abbiamo un’economia basata sulle relazioni e non sui risultati. È un modo di agire opaco e sotterraneo che non può che nuocere al nostro paese. La nostra è una classe dirigente convinta che l’interesse collettivo altro non sia che la somma dei vari interessi individuali. Un modo di agire di cui stiamo amaramente vedendo gli effetti». Il principale tema politico è quello legato al bipolarismo: «Io sono un bipolarista convinto ma il sistema che si sta venendo a creare è fragile. Non ho pregiudizi verso i sistemi proporzionali, più adatti alla cultura politica italiana, ma nutro seri dubbi sulla loro efficienza. La cosa preoccupante, però, è la rassegnazione dei cittadini verso un Governo che non attua le riforme necessarie, che non agisce, che è fermo.» Cultura e valori. Anche su questo versante lo scenario tracciato da De Bortoli non è incoraggiante: «L’Italia è un Paese in cui scuola, università e cultura non hanno mai avuto la priorità. Mai. È frustrante. Senza dimenticare che – ha proseguito De Bortoli – si è annacquato il concetto di cittadinanza. È preoccupante anche il fatto che stiamo perdendo la nostra identità nazionale, le nostre radici cristiane. Si tratta di elementi che non pregiudicano assolutamente l’apertura verso lo straniero ma che, al contrario, sono alla base del concetto di accoglienza. Stiamo costruendo la società multietnica nel peggiore dei modi. Senza regole, senza identità di riferimento e dove la globalizzazione non è quella che esporta i diritti ma lo sfruttamento».

Ma l’argomento al quale il direttore del Sole24Ore si appassiona di più è l’informazione. A chi gli domanda se esista ancora lo spazio per un giornalismo libero e indipendente De Bortoli risponde in maniera affermativa: «Se c’è la volontà, lo spazio per fare inchieste “vecchio stile” non manca. Basta guardare trasmissioni come Report, le inchieste di Fabrizio Gatti o alcuni servizi dello stesso Sole24Ore che hanno smascherato le manovre di personaggi come Fiorani e Ferruzzi. Quello che demoralizza è l’atteggiamento dei potenti nei confronti dell’informazione libera, vista non come uno strumento di crescita ma come una seccatura. Non un valore ma una merce, dunque, e, come tale, acquistabile. Oggi si vedono editori che pensano ai giornali come prolungamento della comunicazione d’impresa se non proprio di pubblicità. Buona parte delle colpe, però, sono comunque dei direttori delle grandi testate che spesso non si rendono conto che la forza del loro brand è superiore a quella dell’editore di turno. Purtroppo i giornalisti italiani tendono ad essere una parte attiva in questo gioco e non professionisti esterni, al servizio dell’opinione pubblica. Da questo punto di vista abbiamo molto da imparare dal giornalismo statunitense, che ha appoggiato la guerra in Iraq ma è stato in prima linea nel denunciare gli orrori di Abu Ghraib». Mentre in queste settimane è scoppiato il caso della rete occulta fra Rai e Mediaset, risuonano come premonitrici le parole di De Bortoli: «In Italia il duopolio esercitato dall’emittenza pubblica e da quella privata sta portando a un’omologazione, in un “gioco degli specchi” che coinvolge anche la carta stampata».

Sulle nuove potenzialità offerte dalle tecnologie al giornalismo, invece, ammonisce: «È vero che oggi ci sono strumenti che facilitano il lavoro ma espongono anche al rischio dell’eccesso informativo. Quantità non è sinonimo di qualità. Prima i giornali offrivano ai lettori elementi per un’analisi più approfondita. Una funzione che andrebbe recuperata». A chiudere la serata è stato il rettore dell’Università Cattolica, Lorenzo Ornaghi, che ha ringraziato Ferruccio De Bortoli per aver fatto esplicito riferimento a due concetti fondamentali: il riformismo e la morale che nel mondo dell’informazione pare sia diventata un optional. Una dichiarazione di stima culminata con una rivelazione: «In passato abbiamo a chiesto a De Bortoli di diventare un nostro docente, ma, purtroppo per noi, l’offerta è stata declinata. Contiamo che possa accettare nel prossimo futuro».

[luca aprea]
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SICUREZZA

Il Comune schiera i camper anti-scippo

«Il Comune non ha mai mollato sul fronte sicurezza. Intorno alla Centrale non ci sono più abusivi, stiamo pensando di spostare i chiostri degli ambulanti. Non vogliamo che qui fiorisca un “suk”. La Centrale è il biglietto da visita di Milano, una scommessa che il Comune non vuole perdere». Il vice sindaco Riccardo De Corato aveva la mente «ai 100 mila clandestini e ai 10 mila nomadi che vivono in città» ieri mattina, mentre presentava il primo dei cinque camper della polizia municipale che il Comune ha messo in campo per contrastare la piccola criminalità.

Nello stesso giorno in cui, in consiglio comunale, il capogruppo della Lega Nord Matteo Salvini invocava anche per Milano il «modello Cittadella» nei confronti degli immigrati. Si chiamano “Security Point”. Da oggi, uno resterà fisso in piazza Savoia, a lato della stazione. Da lì controllerà l’area grazie a una rete di videosorveglianza, in servizio dalle sette fino all’una e trenta di notte. Attualmente le telecamere attive sono 68, ma da qui a fine anno ne saranno installate di nuove, capaci di trasmettere immagini in un raggio di 200 metri, anche alle centrali di polizia e carabinieri. Tra cui le cosiddette “urla e sparo”, in grado di individuare tra i rumori di fondo le invocazioni di aiuto, attraverso particolari meccanismi di filtro. «Le forze dell’ordine potranno intervenire, anche se per una divisa è difficile avere a che fare con un borseggiatore che al massimo ha 12 anni e non è perseguibile», ha aggiunto il vice sindaco.
De Corato definisce l’iniziativa «un punto di sicurezza partecipata e di vicinato che intende coinvolgere i milanesi. Altri quattro “Security Point” si muoveranno sul territorio, in base alle segnalazioni dei cittadini e dei comitati di zona». Attualmente, un camper è in servizio in via Padova, uno in via Lopez a Quarto Oggiaro, uno al Giambellino in Piazza Tirana, l’ultimo nel quartiere Baggio.

[fabio bordighi]
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AMBIENTE

La Lombardia è vicina a Kyoto

Le amministrazioni locali lombarde si fanno carico dei cambiamenti climatici e recepiscono il protocollo di Kyoto. Eco-Way, società di consulenza attiva nel campo dell’ecologia, ha organizzato il workshop “Tutti insieme per Kyoto”, in cui sono stati analizzati strumenti e politiche ambientali per ridurre i gas serra; l’obiettivo primario è coinvolgere comuni e cittadini. L’evento è stato ospitato a Milano nell’ambito della Fiera Forum Risorse Comuni 2007, appuntamento annuale che vede protagoniste le amministrazioni comunali che contribuiscono allo sviluppo dei territori.

L’incontro curato da Eco-Way ha presentato la situazione italiana relativa al protocollo di Kyoto e ha illustrato strategie, soluzioni e strumenti operativi a disposizione degli enti locali per fronteggiare il global warming. Sono state descritte varie modalità di intervento per ridurre le emissioni di gas dannosi, e strumenti di comunicazione efficaci per sensibilizzare la comunità. In particolare, Fabrizio Piccarolo, direttore della Fondazione Lombardia per l’ambiente (Fla), ha presentato il Progetto Kyoto: «Un piano triennale, inserito tra le iniziative dell’accordo di Programma quadro tra ministero dell’Ambiente e regione Lombardia, che si propone di fornire in modo chiaro e completo gli elementi per il controllo di gas serra a livello regionale». Guido Bosato, presidente di Eco-Way, ha aggiunto: «Per sensibilizzare i cittadini abbiamo deciso di presentare le testimonianze dirette e i progetti pilota della Regione, della Provincia di Milano e del comune di Arese per la riduzione dei gas nocivi. Per mettere in atto la nostra missione aziendale e trasformare le parole in fatti concreti, abbiamo reso la fiera a emissioni zero compensandola con un progetto boschivo No effetto serra».

[giovanni luca montanino]
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ENTI LOCALI

Il federalismo non può più aspettare

Tutti lo vogliono, ma nessuno lo realizza. Tutti dicono che è una riforma fondamentale ma al momento decisivo si blocca sempre. È il federalismo, senza dubbio uno dei temi più tormentati della storia politica italiana. Ed è stato questo l’argomento centrale del convegno che ha inaugurato “Risorse Comuni”, la rassegna dedicata alle realtà locali in programma al Palazzo delle Stelline il 27 e 28 novembre. L’incontro ha toccato i punti più caldi dell’agenda federalista con particolare attenzione alla politica regionale, considerata da tutti i relatori (rigorosamente lombardi) un modello da imitare.

A tenere banco è la polemica dei 174 sindaci dei Comuni confinanti con le Regioni a statuto speciale, che in settimana hanno chiesto più spazi e risorse per fronteggiare i privilegi dei “vicini”. Tutti i relatori si schierano al loro fianco e Giuseppe Adamoli, Presidente della Commissione per lo statuto regionale, non risparmia una frecciata: «Le Regioni a statuto speciale non possono chiedere trattamenti di eccessivo favore. Leggo che la Valle d’Aosta minaccia ritorsioni se costretta a partecipare al fondo di perequazione. È un atteggiamento inaccettabile». Ma quali sono i passaggi fondamentali per riuscire a sconfiggere gli eccessi del centralismo statale? Secondo Giuseppe Benigni, capogruppo regionale del neonato PD, la riforma non può prescindere da una coesione fra tutte le realtà locali e non esita a denunciare come «per il federalismo la situazione stia peggiorando. Rispetto a dieci anni fa abbiamo fatto solo passi indietro». Non poteva ovviamente mancare la voce della Lega Nord, un partito nato proprio sotto la bandiera del federalismo a tutti i costi. Per il Carroccio parla Stefano Galli che snocciola le cifre: «La Lombardia contribuisce al 52% del Fondo di solidarietà per le Province, cioè qualcosa come 3.500 € . Tutti soldi che i contribuenti non rivedranno. E che andranno a rimpinguare le casse di enti locali spreconi. Ora basta, il federalismo fiscale non può più attendere». La chiusura è sul vento dell’antipolitica che soffia forte anche al Nord. Galli non ci sta e attacca: «Saranno mica i soldi dei gettoni di presenza dei consiglieri a mandare in malora i conti pubblici? I giornalisti si guardino i loro stipendi piuttosto». Forse Galli non sa che i giornalisti non sono pagati con i soldi dei cittadini e che come ha puntualmente ricordato il moderatore del dibattito, Renato Andreolassi, giornalista del Tgr, si trovano in condizioni difficili: «sono senza contratto da tre anni».

[luca aprea]
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CALCIO E VIOLENZA

Milano dà “Un calcio alla violenza”

I poliziotti nelle scuole elementari di Milano per raccontare la propria esperienza negli stadi. Il progetto “Un calcio alla violenza”, nato da un’idea del Forum della solidarietà della Lombardia, è stato presentato il 26 novembre a Palazzo Marino. Organizzata con il patrocinio di Comune di Milano, Regione Lombardia e Ministero delle politiche giovanili e attività sportive, l’iniziativa si ispira ai fatti di Catania e Arezzo. Il Meazza di San Siro ospiterà gli incontri, in modo da consentire agli scolari di visitare il museo Milan/Inter.

Il programma prevede giochi e gare tra le scuole, mentre l’evento finale sarà una partita di calcio: poliziotti contro giornalisti, capitanati da un giocatore dell’Inter e uno del Milan, si affronteranno il 28 maggio 2008 all’Arena civica di Milano. «Vogliamo diffondere tra i giovanissimi i sentimenti di amore per lo sport, di ripudio per la violenza, di solidarietà e fratellanza con le forze dell’ordine - ha spiegato Paolo Malena, segretario generale del Forum della solidarietà della Lombardia -. Le tifoserie si combattono come nemici sul campo di battaglia e il Viminale vieta la vendita dei biglietti d’ingresso, ma il problema non si racchiude nel perimetro degli impianti sportivi. La questione è culturale, per cui bisogna trovare sinergie con scuola, famiglia, società sportive e istituzioni locali». Più diretto l’assessore Piergianni Prosperini, assessore regionale ai Giovani: «Se parliamo di responsabilità, Inter e Milan possono acquisire la proprietà del Meazza e farsi carico pienamente della sicurezza, come avviene in Inghilterra». Bruno Pizzul, che ha vissuto lo stadio per un trentennio da cronista sportivo ha individuato altre responsabilità: «Oggi i giornalisti sportivi raccontano lo sport con un linguaggio sboccato e manifestano una litigiosità esasperata. Il problema è l’incapacità di rapportarsi con l’altro. Dobbiamo ritrovare la natura ludica del calcio».

[giovanni luca montanino]
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MILANO

Una mostra fotografica racconta l'handicap

Poche fotografie in bianco e nero, all’ingresso della stazione di Porta Garibaldi, attirano lo sguardo dei pendolari che passano in fretta. Mostrano i volti rassicuranti di ragazzi che vivono pienamente la loro vita a dispetto di quanti la considerano svilente: la vita di un disabile.

Le fotografie li ritraggono mentre si sfidano in gare sportive e giocano sulla riva del mare. Una coppia si abbraccia. La mostra è stata inaugurata dall’associazione Handiamo, che dal 1999 promuove un progetto di comunicazione rivolto alla scuola e al mondo dello sport, ai media e alle istituzioni per rispondere ai problemi e valorizzare le potenzialità delle persone con deficit motori. L’esposizione fa parte del ciclo “Nelle piazze del terzo millennio”, un tour itinerante che, dopo aver sostato nei centri commerciali, è ora arrivato nelle stazioni ferroviarie grazie alla collaborazione delle Ferrovie dello Stato. Paolo Conte, presidente di Handiamo, ha ricordato un dato importante: il 5 per cento della popolazione italiana è disabile. “Nel corso della storia le definizioni si sono evolute da termini forti come handicappato e disabile a diversamente abile, termine coniato proprio da Handiamo. La società è sempre più matura, ma la strada è ancora lunga e soprattutto bisogna evitare i sentimenti di pietismo e l’immagine purtroppo diffusa del poverino. La disabilità non è un mondo a parte, ma è parte del mondo”. Eppure, per molte persone, trattare con un disabile è ancora comprensibilmente difficile. Marco De Pasquale, non vedente, è spesso oggetto di attenzioni non richieste: “Impietosite, molte persone cercano di aiutarmi prendendomi per un braccio e trascinandomi, senza avere capito di che cosa ho bisogno”. Ma la maggior parte della gente rimane indifferente. De Pasquale è conosciuto da tutti nell’associazione da quando lo scorso luglio è rimasto vittima di un brutto incidente. Caduto a causa di una grata aperta nel centro di Milano, è rimasto a letto immobilizzato per mesi. “I miei legali stanno facendo il possibile, ma finora non ho ricevuto alcun risarcimento. Malgrado si parli di abbattimento delle barriere architettoniche, c’è molta disinformazione. Bisognerebbe insegnare agli operai, ai costruttori, cioè le persone che lavorano direttamente sul territorio, a segnalare le tante barriere architettoniche presenti ovunque”.

[marzia de giuli]
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LIBRI

Buon compleanno Dottor Zivago

Era il 23 novembre 1957 quando la Giangiacomo Feltrinelli Editore, una giovane casa editrice italiana ancora agli esordi, pubblicò in anteprima mondiale Il dottor Zivago, il capolavoro dello scrittore russo Boris Pasternak che, di lì a poco, avrebbe vinto il Nobel per la letteratura.

Oggi il gruppo Feltrinelli celebra il cinquantenario dalla prima edizione del libro con Buon compleanno Dottor Zivago, una rassegna tutta dedicata all’autore e al suo romanzo. «È un libro cardine nella nostra storia editoriale – afferma l’amministratore delegato Carlo Feltrinelli –. Ancora oggi, dopo cinquant’anni, siamo innamorati di questo libro». L’iniziativa, dal 23 al 27 novembre, realizzata con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività culturali e della Fondazione Cariplo, ruota attorno a quattro eventi principali: la nuova edizione del romanzo di Pasternak con allegato un dvd di interviste originali a scrittori e critici; un convegno della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli nel quale verranno presentati i nuovi studi su Il dottor Zivago; una mostra dedicata al romanzo; infine, un reading in contemporanea in più città italiane (Milano, Firenze e Roma). È un romanzo adatto a tutte le età, questo Dottor Zivago, definito dallo stesso Giangiacomo Fetrinelli come «la più profonda delle esperienze umane». «Lo Živago – scrive Feltrinelli in una lettera all’autore – mi aiuterà sempre a ritrovare i valori della vita più semplici e profondi, anche quando mi sembreranno definitivamente perduti».

[matteo mombelli]
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DISAGIO SOCIALE

Suicidi giovanili, per la Lombardia un triste primato

Il 18 dicembre 2000 Charly Colombo, un ragazzo milanese di sedici anni si toglie la vita. Un gesto drammatico dal quale è nata "L'amico Charly" un’associazione Onlus che ha come scopo l’assistenza agli adolescenti che hanno tentato il suicidio.
Un appoggio che, ovviamente non può prescindere da un supporto clinico qualificato che si è concretizzato in una collaborazione con l'ospedale Fatebenefratelli. Una partnership unica nel suo genere che ha compiuto in questi giorni un anno di vita di cui i risultati sono stati presentati lunedì in conferenza stampa.

I dati presentati dal primario di psichiatria Claudio Mencacci lasciano senza fiato: in Italia, nei ragazzi fra i 15 e 24 anni, il suicidio è la seconda di causa di morte dopo gli incidenti stradali. Un dato che se osservato in una dimensione locale, diventa ancora più preoccupante. Nella sola Milano 1500 adolescenti hanno tentato di togliersi la vita. E nel resto della regione la situazione, se possibile, è ancora più nera, con zone come la Valtellina e la Val Brembana a fare la parte del leone in questa cupa classifica. Senza contare che si tratta di numeri che non rendono la dimensione del fenomeno. Il suicidio è infatti un evento difficilmente rilevabile dalle statistiche. Tantissimi sono i casi in cui passa sotto silenzio e altrettante volte il tentativo di togliersi la vita non viene riconosciuto come tale. Anche qui i numeri rendono l'idea. Solo un ragazzo su quattro entra in contatto con il medico. E spesso, in assenza di percorsi clinici adeguati, viene rispedito a casa. Una specie di condanna perché chi tenta di uccidersi spesso tende a ripetere il gesto.
Il servizio promosso dal Fatebenefratelli e da “L’amico Charly” cerca di offrire un’assistenza qualificata a questi ragazzi ma soprattutto mira a essere pioniere. Spiega il professor Charmet direttore del progetto: «Siamo partiti dal deserto, ma i risultati dopo un anno sono importanti. Abbiamo seguito 170 persone che avevano bisogno di aiuto. Non solo ragazzi ma anche le loro famiglie». Importante, dal punto di vista clinico, è il metodo utilizzato che prevede un’effettiva integrazione fra i vari livelli della filiera medica (pediatria, neuropsichiatria, psichiatria) che, come ricorda Luca Bernardo, primario del reparto di pediatria, «è attivo solo in Lombardia».

[luca aprea]
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NATALE A MILANO

Natale, consigli per gli acquisti

Manca solo un mese a Natale. Alzi la mano chi non si è mai trovato la sera della vigilia alla disperata ricerca di un regalo. Una situazione da cui, di solito, si esce con cadeau altamente improbabili, spesso vere e proprie “perle del trash”. Regali temuti, perché come vengono fatti così possono essere anche ricevuti: effetto boomerang. Da qualche settimana il centro di Milano si scalda per la grande festa e con Sant’Ambrogio inizierà la caccia vera e propria.




I regali migliori saranno i primi a sparire, e nelle vetrine rimarranno solo oggetti bellissimi ma costosissimi o, appunto, le patacche. I più previdenti però hanno un’alternativa, e se patacca deve essere, che almeno sia originale. Gli amanti dell’hi-tech possono optare per l’avveniristico orologio digitale con memoria Usb (129 euro), i più sportivi per un contapassi parlante adatto alle passeggiate invernali (29.90 euro), mentre per i più pigri c’è la pistola cambia-canali con tanto di stella da sceriffo (14.90 euro), un buon modo per esorcizzare la violenza dispensata da certi programmi tv. Gli amanti del computer non rinunceranno sicuramente all’aspirapolvere anni ’50 (15.90) collegabile direttamente alla presa Usb, utile per coloro che vogliono sempre lavorare su una superficie pulita. Per chi invece vuole fare un regalo alla dolce metà, l’impresa è più complessa, ma anche in questo caso è possibile cavarsela con “stile”. A Capodanno, il completino di paillette dorate (80 euro) assicura il giusto compromesso fra chic e trasgressione, mentre per la coppia più focosa sono disponibili le manette in elegante pelo rosa (6 euro) che fa pendant con le scarpe ricoperte di perline scintillanti (73.50 euro). Se invece la fidanzata è un tipo tranquillo, gradirà sicuramente l’originale borsa-barboncino avvolto in un impermeabile rosso cardinale (10 euro).
Per i tradizionalisti c’è anche un set di oggetti che rievocano l’atmosfera del Natale: piatti, bicchieri, cucchiaini e perfino coltelli con il faccione rassicurante di Santa Claus, oppure una macchina da caffè a forma di Babbo Natale (15.90 euro). Altre amenità fuori dal comune e solo apparentemente introvabili sono invece disponibili nei magazzini di via Paolo Sarpi, dove i commercianti della comunità cinese, che fino a pochi anni fa non conoscevano nemmeno il Natale, si sono attrezzati con “Babbi” gonfiabili (3° euro), cappellini sormontati da pon-pon rossi e bianchi (2 euro) e presepi dove la statuetta di Mao fa bella mostra di sé accanto ai Re Magi. Ma il vero oggetto-feticcio della stagione sembra il cono natalizio-centro tavola, manufatto decorativo che ricorda un albero di Natale stilizzato. Se ne trovano di ogni genere e dimensione: versione gigante, luminoso, dorato, in stoffa rossa. Per i più sofisticati, che vogliono sbalordire senza badare a spese, ci sono gli intramontabili gioielli. Anche in questo campo c’è solo l’imbarazzo della scelta, ma il regalo più gettonato sembra la riproduzione dei simboli natalizi in raffinato cristallo Swarovski (499 euro). Per chi va al risparmio, infine, gli orecchini-stella cometa (3.95 euro). Certo, non sarà uno di quei regali che lasciano a bocca aperta, ma in fondo a Natale è il pensiero che conta.

[luca aprea, marzia de giuli, matteo mombelli]
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MILANO MARATHON

Milano city marathon, torna la passione

Milano si riappropria della sua maratona. Sono oltre cinquemila gli iscritti alla manifestazione podistica presentata in mattinata a palazzo Marino. La corsa torna alla sua data originaria, il 2 dicembre, e riconquista l’affetto degli appassionati. La collaborazione con le forze dell’ordine e le istituzioni locali è alla base del nuovo progetto. Gli organizzatori hanno studiato un nuovo percorso che consentirà di ridurre i disagi alla popolazione. Si partirà come sempre da piazza Castello e il tracciato, che si concluderà in corso Sempione sotto l’Arco della pace, sarà diviso in cinque zone con chiusura al traffico differita.

L’invito resta quello di utilizzare i mezzi pubblici, ma per chi non riuscirà proprio a fare a meno dell’auto, i disagi saranno minimi. Il tutto per evitare scene simili a quelle dell’edizione dello scorso anno, con i cittadini infuriati per il traffico a insultare i corridori. Partner della iniziativa è la Fondazione che porta il nome di Umberto Veronesi. Il fondatore dello Ieo nel corso della conferenza stampa ha sottolineato il valore terapeutico dell’attività fisica per il fisico e la mente: «Lo sport è una scuola per affrontare le sfide della vita e un antidoto al disagio mentale che spinge i giovanissimi verso la droga». Al fianco di alcuni politici appassionati di maratona, come il presidente della Regione Roberto Formigoni e l’assessore comunale allo Sport Giovanni Terzi, anche Filippo Penati. Il presidente della Provincia ha annunciato per il prossimo anno la nascita dell’università della maratona all’Idroscalo, per festeggiare il 60esimo anniversario della costruzione dell’impianto. Quasi uno spot per la manifestazione sono le parole pronunciate da Pier Gianni Prosperini, assessore provinciale allo Sport e pugile di vecchia data: «La maratona deve essere un’occasione per fermare la Milano che corre affannata e mettere in moto la Milano che corre pacata». Al fianco dei professionisti ci saranno infatti gli amatori (sono oltre 20 le associazioni riconosciute in Lombardia), i disabili e tutti coloro che vorranno partecipare alla McDonald’s Family Walk, passeggiata non competitiva nel parco Sempione. La passione non corre veloce.

[francesco perugini]
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SOCIETÀ

Terza età ed economia: due giorni di discussioni

Valorizzare la ricchezza e le potenzialità di una popolazione sempre meno giovane è necessario per affrontare i bisogni degli anziani non autosufficienti e per rallentare il processo di invecchiamento della società. È la tesi della Fondazione socialità e ricerche, di cui discuteranno studiosi e imprenditori riuniti oggi e domani a Stresa nel forum Terza economia – Sempre più valore dalla terza età.

L’allarmismo sui costi economici dell’invecchiamento della società non è favorevole al benessere degli anziani, sostiene Marco Trabucchi, geriatra e presidente del comitato scientifico della Fondazione. I vecchi sono «produttori di ricchezza che contribuiscono ai costi dei non autosufficienti», sottolinea Trabucchi, ma questo potenziale non è considerato dalla società e dall’economia. Creare una terza economia, un sistema che preveda strumenti che favoriscono l’accesso degli anziani al mercato senza per questo mercificarli, può contribuire al loro benessere e a quello di tutta la società, assicura Trabucchi. Le problematiche che la terza economia vuole risolvere sono quindi tre: il lavoro degli anziani, il consumo di beni «non ghettizzanti» e la creazione di strumenti finanziari e assicurativi ad hoc. Accendere un mutuo a 50 anni per comprare una casa e lasciarlo in eredità ai propri figli: in nord Europa è possibile. E la statistica dimostra che affrontare l’acquisto di un immobile non rende più difficile far quadrare i conti agli anziani, ma permette loro di distribuire in maniera più efficiente le risorse economiche. Secondo il professor Guglielmo Weber, responsabile per l’Italia dell’indagine europea Share (Survey of Health, Ageing and Retirement), gli anziani costituiscono «una capacità finanziaria male utilizzata» soprattutto nell’Europa mediterranea.

Ma la malattia si può procrastinare? Sembrerebbe di sì. Le esigenze dei vecchi sono prevalentemente legate all’uso del tempo e al significato della vita, e la salute, soprattutto nei pensionati, è condizionata dagli stili e dalle condizioni di vita. Secondo i dati forniti dai promotori della terza economia, solo il 10 per cento degli anziani non è autosufficiente; il restante 90 per cento potrebbe allora impiegare le proprie forze e competenze professionali in servizi di assistenza alla persona.
Nobili intenti, che rischiano però di scontrarsi con quella parte di popolazione contraria alle riforme pensionistiche. Ma proprio il pensionamento, per Trabucchi, «è una sventura, eccezion fatta per i lavori usuranti, perché comporta la perdita del senso di appartenenza e il controllo della propria vita dato dall’impiego».

[ornella sinigaglia]
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GIOVANI E CHIESA

Sant'Ambrogio fa il tutto esaurito

I “Sant’Ambrogio boys” sono arrivati in Chiesa direttamente dall’università ancora con lo zaino in spalla. Non recitavano giaculatorie, non si inginocchiavano: semplicemente ascoltavano e riflettevano, fermando sulla carta, tra gli appunti delle lezioni, i propri pensieri. Eccoli, i ragazzi che hanno affollato Sant’Ambrogio per la consueta tre giorni di esercizi spirituali dedicata ai giovani. Hanno colto l’opportunità di fermarsi e di raccogliersi in silenzio; hanno fatto il punto, si sono sottratti al tran tran quotidiano e hanno ritrovato la capacità di ascoltare.

Anche quest’anno, dal 19 al 21 novembre, la basilica di Sant’Ambrogio li ha ospitati: una folla festosa di ragazzi che ha così inaugurato il calendario ambrosiano dell’avvento. La tre giorni, organizzata dalla pastorale giovanile dell’Arcidiocesi, è intitolata “Avrete forza dallo Spirito”, una citazione dagli Atti degli Apostoli riferita alla prigionia di Pietro e Giovanni. L’iniziativa ha riscosso un successo inaspettato ed è stata benedetta dalla visita dell’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi: più di mille partecipanti hanno fatto a gara per i posti a sedere. Così, l’obiettivo di avvicinare i giovani alla lettura della Bibbia è stato raggiunto: centinaia di universitari e teen-ager, tra cui molti non praticanti e lontani dalle realtà parrocchiali, hanno seguito il momento di riflessione guidato da don Davide Caldirola e monsignor Erminio Scalzi, abate di Sant’Ambrogio. «Questa è la seconda edizione cui partecipo – racconta Gaetano, studente in economia – e ne sono contento. Lo scorso anno accettai, incuriosito, l’invito di un amico. Poi però gli argomenti trattati mi interessarono: per questo ho deciso di tornare». È stato Luigi, vent’anni, ad introdurre Gaetano agli esercizi e quest’anno lo ha accompagnato per la seconda volta: «Diversamente dal mio amico, sono un praticante. In facoltà ho letto per caso un manifesto e così ho iniziato a frequentare la pastorale giovanile. Conosco bene gli organizzatori della tre giorni: temono di riuscire a coinvolgere solo i giovani già “coltivati” e praticanti. Ma se ogni assiduo riesce a portare con sé una persona “distante”, come ho fatto io, il successo è garantito». Ancor prima dell’inizio della celebrazione la basilica si è riempita di giovani: sono arrivati in metropolitana e tutti insieme hanno invaso la strada che porta a Sant’Ambrogio. Una folla così di adolescenti la vedi solo il sabato, prima che inizino le feste pomeridiane in discoteca. Ci sono anche le ragazze in minigonna. Ma lo spirito è ben diverso.

[giovanni luca montanino]
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CINA

Il nuovo manager spiegato agli italiani

Su India e Cina circolano molte leggende. Del resto, libri di ogni genere si trovano ormai ovunque, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Chi ha vissuto una qualche esperienza sul campo, per breve che sia, sente il dovere di scrivere qualcosa, come per rivelare verità miracolose a chi vuole intraprendere un’avventura commerciale in Oriente e non sa da dove partire. Molti libri erano a disposizione anche all’ingresso del convegno “Reinventing the Cfo” (il nuovo ruolo del manager finanziario), organizzato a Milano dal gruppo internazionale Hsm, specializzato in executive education. Il titolo del convegno, articolato in due giornate, è ispirato al best seller internazionale di Jeremy Hope.

I numeri della crescita della Cina e dell’India sono sotto gli occhi di tutti. Qualche esempio? Duecentoventidue: le città cinesi con oltre un milione di abitanti. Sei: i milioni di telefoni cellulari venduti ogni mese in India. Quarantotto: i negozi Zegna in trentatré città cinesi. Sono altrettanto noti i successi e le sconfitte delle nostre aziende, i prezzi concorrenziali delle merci prodotte a basso costo, le complesse questioni della protezione delle proprietà intellettuali e del carente sistema legislativo cinese. Per farsi un’idea di che cosa significhi fare business in Asia, leggere qualche libro può bastare. Si imparerebbe che in Cina è importante coltivare le relazioni (guanxi) e che nelle trattative commerciali è fondamentale ricordare il principio cardine del beneficio reciproco, che si attua nel patto tacito di una duratura amicizia. Per molti imprenditori presenti al convegno, queste nozioni erano scontate. E’ il punto di partenza per comprendere i messaggi più profondi che i relatori hanno voluto trasmettere. Secondo il giapponese Kenichi Ohmae, noto come “Mr. Strategy” e perfetto conoscitore del management mondiale, la linea che divide il prima e il dopo Cristo è il 1985, l’anno dell’ascesa al potere di Mikhail Gorbaciov e della nascita di Windows, la creatura che ha rivoluzionato il mondo. Per Ohmae è impossibile dare una definizione esaustiva di telefono cellulare, perché è un oggetto multiuso in continua evoluzione. Tecnologia agli eccessi? “Forse sì – dice - ma questa è la realtà, e potremo plasmare il futuro solo se saremo in grado di comprenderla”. Il professor Ming-Jer Chen, uno dei maggiori esperti di strategia commerciale con una lunga esperienza nell’insegnamento aziendale negli Stati Uniti, ha ricevuto un’educazione tradizionale. Cresciuto in Cina, si è perfettamente integrato nella società americana. “Gli americani iniziano sempre con una battuta e i cinesi sempre scusandosi”. I ragazzi cinesi, abituati a crescere in un mondo interculturale e in forte evoluzione, imparano tutto e subito. Si calcola che nel giro di dieci anni ci saranno più persone in grado di parlare inglese in Cina che negli Stati Uniti. La notizia sensazionale però non è questa, ma il fatto che per i ragazzi cinesi sia normale. “Sono avvocato, parlo cinque lingue, ho vissuto sei anni in Cina e laggiù tutto questo è normale”, ha commentato una giovane italiana. In cinese si dice “pensare lontano”. Forse per il sistema educativo particolarmente rigido, forse perché la loro storia economica è ripartita da zero poche decine di anni fa, o semplicemente perché è il loro momento, Cina e India sono i due Paesi del futuro. Supereranno gli Stati Uniti? Le teorie politico-economiche si moltiplicano. Ma una cosa è certa: “se gli italiani vogliono avere successo in questi Paesi, devono entrare nel mondo globale”, ha detto Ohmae. “Un buon esempio è la strategia adottata da Taiwan, che ha scelto di non competere sui marchi, ma di usare la Cina come un ricco laboratorio. Dovete partire con un chiaro progetto, sapendo esattamente dove eccellerete e che cosa invece è meglio lasciare a loro. L’obiettivo è capire se è il momento di esportare il know-how o di sfruttare la manodopera a basso costo, quando spingere il brand e quando fare un passo indietro, fino a che punto insistere nella contrattazione”. “Per fare buoni affari, quando si arriva a Pechino e a Nuova Deli bisogna dimenticare il business e fermarsi a osservare”, ha concluso Chris Patten, l’ultimo governatore di Hong Kong. Questo è l’unico vero comandamento del nuovo manager finanziario. Il resto, appunto, è leggenda da libro.

[marzia de giuli]
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MILANO

Debutta lo statuto della Lombardia

Cosa cambierà per i cittadini della Lombardia? “Tutto”. Con questa risposta il presidente del consiglio regionale, Ettore Adalberto Albertoni, ha concretamente sintetizzato il nuovo Statuto d’autonomia della Lombardia. Il documento è il frutto del lavoro di una commissione speciale creata nel luglio 2006 per attuare la riforma costituzionale del 2001 - stabilizzata con il referendum del 2006 - che ha introdotto nell’ordinamento italiano il federalismo amministrativo e avviato il programma di decentramento di funzioni e competenze amministrative dallo Stato alle regioni e agli enti locali.

“Questa modifica, ancora inapplicata, prescrive un profondo cambiamento in senso più autonomista e federalista”, ha esemplificato Albertoni. “Il cittadino non avrà più come interlocutore solo lo Stato, ma i vari enti locali che godranno dei poteri e dell’autonomia previsti dagli articoli 116 e 119 della Costituzione”. La bozza dello Statuto è pronta ed è stata discussa dalla commissione questa mattina a Milano. Nella soddisfazione e nell’entusiasmo generali, non è mancato qualche punto di disaccordo. Di fronte alla specificità degli articoli della bozza, l’assessore al Bilancio, Romano Colozzi, ha osservato che lo Statuto dovrebbe essere più snello, una sintesi di princìpi fondamentali facilmente comprensibili al cittadino. La pensa diversamente il consigliere regionale Lorenzo Demartini, secondo cui lo Statuto deve essere chiaro, e di conseguenza sufficientemente articolato, per rispondere a esigenze di attenzione per i diritti umani dettate dall’evoluzione della società moderna.

Sintetico o dettagliato, il documento dovrà dare spazio alle diverse esigenze nel giusto equilibrio. Lo ha sottolineato con un’obiezione Silvia Ferretto Clementi, consigliere regionale di Alleanza Nazionale: “Poiché la commissione ha più volte ribadito il ruolo dello Statuto di controllo e attuazione delle leggi, dovrebbero essere elencati, oltre ai diritti, anche i doveri dei consiglieri. Per esempio, andrebbe posto un limite all’assenteismo”. Non solo: “Lo Statuto promuove la salvaguardia delle tradizioni storico-locali ma non fa alcun riferimento all’identità nazionale e alla radici cristiane della Lombardia”. Con qualche revisione, la bozza è a buon punto. Una volta concordato, il documento dovrà seguire l’iter previsto dalla legge. L’approvazione del Consiglio regionale, inizialmente prevista per il 31 dicembre, slitterà con molta probabilità al prossimo 31 marzo. Sarà quindi la volta del governo, che ha il potere di bocciare lo Statuto in caso di anticostituzionalità. Opzione che la commissione non contempla, in quanto certa della piena legittimità costituzionale del lavoro svolto.

[marzia de giuli]
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BENEFICIENZA

Anche il vecchio cellulare può fare bene

Secondo le ultime ricerche un europeo su quattro cambia il cellulare ogni anno, mentre quasi la metà lo fa ogni due anni. Ma dove vanno a finire i vecchi telefonini? Il consorzio di cooperative Farsi Prossimo, la cooperativa sociale Vestisolidale, la società di sevizi Prima Tech, Caritas Ambrosiana e l’assessorato all’Arredo, decoro urbano e verde, hanno promosso l’iniziativa “Donaphone” per il recupero dei cellulari usati.
L’iniziativa è già stata sperimentata alcuni mesi fa su piccola scala con contenitori posizionati solo in alcune parrocchie della diocesi di Milano: il successo straordinario di “Donaphone” (oltre 10 mila telefonini recuperati in un mese) ha spinto i promotori a chiedere il patrocinio del Comune di Milano per estendere la raccolta a tutta la Lombardia.

«Tramite contenitori dislocati su tutto il territorio – ha spiegato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana – contiamo di raccogliere almeno 100 mila vecchi cellulari, funzionanti o danneggiati. I proventi dell’iniziativa saranno utilizzati per la costruzione di una struttura di accoglienza per mamme e bambini in difficoltà». L’assessore all’Arredo, decoro urbano e verde, Maurizio Cadeo si è detto entusiasta di un’iniziativa che allo stesso tempo creerà nuovi posti di lavoro, permetterà di smaltire i telefonini nel rispetto delle norme ambientali e contribuirà a un progetto importante di solidarietà. «“Donaphone” – ha dichiarato l’assessore – è la dimostrazione che la collaborazione tra diversi enti può creare attività virtuose di concreto aiuto sociale».

[gaia passerini]
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ECONOMIA

Easyjet: un'azienda in espansione

Easyjet si fa i conti in tasca. E il 20 novembre li comunica al pubblico in conferenza stampa a Milano. La compagnia aerea dichiara di aver ottenuto nel 2007 2.500 milioni di euro di ricavi totali e un utile prima delle imposte di circa 282 milioni (con un incremento del 56% rispetto all’anno precedente). Easyjet ha ampliato la propria rete e la propria flotta e così quest’anno ha potuto trasportare più di 37 milioni di persone, diventando la quarta linea in Europa per numero di passeggeri.

Da sottolineare il crescente peso di Easyjet nel mercato del sud Europa: quest’anno è stata inaugurata la diciassettesima base a Madrid, città in cui la società vanta un traffico di oltre 2 milioni di passeggeri, e dalla primavera del 2008 anche Lione-Saint-Exupéry sarà toccato dalla compagnia aerea (oltre a Parigi-Charles de Gaulle per quanto riguarda la Francia). In Italia quest’anno Easyjet ha quasi raggiunto i 5 milioni di passeggeri, posizionandosi sesta nel ranking del nostro mercato nazionale, dove nei prossimi 18 mesi si prevede un incremento nel numero di aerei e destinazioni. Per raggiungere questo traguardo hanno sicuramente giocato un ruolo chiave gli investimenti della low-cost che, a partire da marzo 2006, hanno interessato l’aeroporto milanese di Malpensa, attuale base italiana della compagnia. Easyjet dà inoltre grande importanza al mercato britannico, dove la recente acquisizione di Gb Airways è stata strategica per il consolidamento e il miglioramento della posizione nell’aeroporto londinese di Gatwick. “Nel futuro – ha affermato Arnaldo Muñoz, Regional General Manager Southern Europe – non si pensa però all’acquisizione di altre compagnie aeree perché Easyjet vuole ampliare il proprio peso in aeroporti centrali, non congestionati ed efficienti, e questo non è sempre facilitato dall’acquisizione di altre compagnie”.
Easyjet, pur essendo una low-cost, non esclude dal suo target il segmento business (che solitamente non si serve di internet per l’acquisto dei biglietti) e grazie ad un accordo con due importanti operatori del settore (Amadeus e Galileo, ndr), le agenzie di viaggi possono visualizzare i voli della compagnia tramite Gds (Global distribution system). Alla domanda se Easyjet tema la concorrenza di Ryanair, Muñoz risponde: “le persone cercano prima il prezzo minore ma poi il maggior valore”. Ma del resto non molti giorni fa fa anche Ryanair si è vantata egualmente dell'economicità dei voli e della qualità dei servizi offerti. Ai consumatori l’ardua sentenza.

[giuseppe agliastro]
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MEDICINA

Ultrasuoni cinesi per vincere i tumori

Gli ultrasuoni a distanza sono la nuova frontiera della lotta contro i tumori. Dalla loro combinazione nasce Haifu, la macchina che l’Istituto Oncologico Europeo di Milano ha ricevuto in comodato gratuito dalla cinese Chongqing Haifu Technology. Il suo impiego, senza precedenti in Europa, potrebbe rappresentare una rivoluzione nel campo delle terapie oncologiche per i tumori che interessano gli organi addominali. Il cancro alla mammella, per esempio, contro cui l’Istituto Oncologico diretto da Umberto Veronesi è storicamente impegnato. O il tumore al fegato, per il quale Haifu è stata originariamente progettata: in dieci anni, in Cina sono stati trattati più di 10 mila pazienti.

Il principio alla base della macchina non è una novità assoluta: gli ultrasuoni sono già utilizzati, anche a Milano, per combattere diversi tipi di tumori superficiali e il cancro alla prostata. «La novità è che possono essere trattati organi interni a distanza – spiega l’oncologo Umberto Veronesi -. La macchina permette di focalizzare il calore prodotto dagli ultrasuoni anche in profondità, su bersagli non più grandi di un chicco di riso». Senza la necessità di tagli chirurgici, o l’inserimento di aghi e cateteri, le cellule di qualunque lesione tumorale individuabile attraverso una semplice ecografia possono essere letteralmente bruciate dalle onde sonore e ridotte alla necrosi. Come dare fuoco a un pezzetto di carta con la luce del sole usando una lente d’ingrandimento. In futuro, per debellare un tumore potrebbe essere sufficiente un intervento clinico in day hospital. Il sistema Hifu si presenta come un macchinario molto simile alla Tac. Il paziente viene fatto accomodare su un lettino, con al centro una piccola vasca con acqua purificata, attraverso cui si diffondono gli ultrasuoni, onde sonore ad altissima intensità. «Ridisegneremo la macchina, miglioreremo la sua efficienza come strumento d’intervento sui tumori alla mammella – continua Veronesi –. I risultati che stiamo ottenendo in fase sperimentale non ci fanno avere dubbi sulla sua validità tecnica».

[fabio bordighi]
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LEONCAVALLO

“La terra trema” sotto il Leoncavallo

Portare a Milano le tracce di un rapporto conflittuale e vivo tra città e agricoltura periurbana. É l’obiettivo della manifestazione La terra trema che, dal 23 al 25 novembre, radunerà in città oltre ottanta vignaioli e trenta fra coltivatori ed allevatori che offriranno in degustazione e in vendita a prezzo sorgente i loro prodotti. L’evento, in continuità con La fiera dei Partcolari/Critical Wine, verrà ospitato dallo Spazio Pubblico Autogestito Leoncavallo e sarà anche occasione di incontro con giovani scrittori, giornalisti e studiosi fra i quali Andrea Perin, curatore della nuova edizione di Vietato Vietare di Luigi Veronelli.

La terra trema potrebbe essere l’ultima iniziativa del centro sociale Leoncavallo. Il 26 novembre, infatti, l’edificio, occupato senza titolo da svariati anni, riceverà la dodicesima ingiunzione di sfratto da parte del comune di Milano. A questo proposito, l’associazione “Mamme Antifasciste del Leoncavallo” ha inviato una lettera al sindaco Letizia Moratti affinché si possa regolarizzare la questione del titolo legale dell’area e rendere conforme alla legge un centro che da oltre tredici anni è utilizzato con finalità pubbliche. «Fin dal 1975, e negli ultimi dieci anni – si legge nella lettera -, abbiamo avviato diversi incontri con i proprietari, con le diverse amministrazioni comunali e provinciali succedutesi nel tempo, al fine di raggiungere questo obiettivo. Ma, nonostante la dichiarata disponibilità di quasi tutte le parti, nessuna soluzione è stata percorsa». La speranza da parte di coloro che frequentano questo centro è che, nel trentesimo anniversario dall’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci (giovani frequentatori del Leoncavallo e vittime del terrorismo), si possa raggiungere quest’obiettivo che ha tutte le carte in regola per meritarsi una soluzione.

[matteo mombelli]
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PERIFERIE

Gratosoglio, una culla per il quartiere-dormitorio

Qualcuno l’ha definita una città dormitorio ma Gratosoglio, il quartiere nella periferia Sud di Milano, vive e prova a rialzare la testa. L’impresa non è certo facile e le difficoltà sono numerose: si parte da una popolazione costituita per la maggior parte da anziani over 60, costretta a vivere in condizioni di degrado edilizio, e si termina con un campo nomadi al confine del quartiere, spesso teatro di episodi di microcriminalità e di spaccio.

Ciò nonostante, anche in una situazione di abbandono, qualcosa di positivo si muove: ci sono comunità che lavorano per offrire agli abitanti una vita migliore. È il caso del centro diurno integrato Vodia Cremoncini, concesso dalla Cariplo alla Caritas e gestito in collaborazione con l’Associazione Filo d’Arianna. Da circa sei anni il centro, che occupa uno spazio di circa 500 mq., accoglie quotidianamente fino a 30 anziani offrendo loro servizi di base e specialisti con personale sanitario e assistenti sociali qualificati. «Sono circa 45 gli anziani che frequentano il centro nell’arco della settimana», afferma Maria Violanda, fra le assistenti sociali che lavorano al Vodia Cremoncini. «Li andiamo a prendere al mattino e rimangono con noi per buona parte della giornata». Qui un anziano non trova solo un centro di assistenza ma una vera e propria “seconda casa”. «Chiunque frequenti il Vodia Cremoncini - continua Maria - può fermarsi a pranzare, e poi passare il pomeriggio insieme ad altri nella sala relax: qui legge, ascolta la musica o guarda la televisione. Molte delle persone che frequentano questo centro, infatti, non hanno nessuno e vengono qui per cercare un po’ di compagnia». Il centro Vodia Cremoncini è un luogo caldo e accogliente nel grigiore degli edifici e delle serrande chiuse del Gratosoglio. Ma anche questo centro deve affrontare diversi problemi. «C’è la necessità di una rampa privata per l’accesso delle carrozzine», ammette Maria Violanda. Il martedì, infatti, in occasione del mercato di via Saponaro, l’accesso alla rampa è ostruito dalle bancarelle. «Al martedì l’accesso al nostro centro è davvero difficoltoso – insiste l’assistente del centro –. Molti dei nostri anziani preferiscono non venire qui per via del mercato». Al problema non sembra esserci soluzione, almeno per ora. L’assistente sociale se ne lamenta: «Abbiamo chiesto al Comune di Milano di spostare le bancarelle davanti alla rampa». La risposta? Maria Violanda si sforza di non essere arrabbiata, perciò sorride: «Ci hanno detto: “Il mercato ha più diritto di voi”».

[matteo mombelli, luca salvi]
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