CONFLITTO DI GAZA

Intervista a Nahum Barnea

«Non ci sono dubbi che le operazioni militari organizzate da Israele sono state condotte ad ampio spettro. Il punto è che sono durate anche molto più a lungo di quanto ci si aspettasse», racconta da Gerusalemme Nahum Barnea, una delle penne più autorevoli del giornalismo israeliano, intervistato in esclusiva da m@g. Barnea, che scrive per il quotidiano Yedioth Ahronoth e ha vinto il premio Israel Prize per la comunicazione, ha perso un figlio nel 1996, in un attentato kamikaze di Hamas a un autobus di linea. Al funerale ha perdonato pubblicamente l’assassino, considerandolo vittima della stessa tragedia che affligge il popolo palestinese. Da anni si spende per favorire il dialogo nell’ambito del conflitto arabo-israeliano.

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[viviana d'introno e cesare zanotto]

L'INTERVISTA

La voce della libertà

Yang Lian, nato in Svizzera nel 1955 ma cresciuto a Pechino, è oggi uno dei maggiori poeti contemporanei e una tra le voci più importanti della dissidenza cinese. Esiliato dalla Repubblica Popolare Cinese dopo avere duramente criticato nel 1989 la repressione di Piazza Tiananmen, vive all’estero da vent’anni. È stato candidato al Premio Nobel nel 2002 e le sue poesie sono state tradotte in 25 lingue. Yang Lian interpreta lo spirito della millenaria cultura cinese attraverso la sua esperienza da esule. Una riflessione sulla condizione generale dell’uomo ma anche un invito alla speranza per milioni di cinesi che chiedono democrazia.

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[marzia de giuli e luca salvi]

L'INCHIESTA

È un’emergenza che dura da oltre vent’anni. I territori tra Napoli e Caserta sono uno stato nello stato dove l’unico potere reale è quello della Camorra. Nonostante i blitz, gli arresti e l’invio di soldati e poliziotti, i clan continuano a fare affari in un cono d’ombra in cui convivono l’economia legale e la politica. Ne abbiamo parlato con Andrea Cinquegrani, direttore de La Voce della Campania (oggi La Voce delle Voci).

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[alberto tundo]

MARIO CAPANNA

Onda e '68 a confronto

Quarant’anni dopo la protesta che ha segnato un’epoca, gli studenti italiani sono ancora in piazza. Secondo alcuni osservatori, l’Onda, che contesta la riforma Gelmini, è la fotocopia del’68. Altri la pensano diversamente. Mag ha chiesto un’opinione a Mario Capanna, ex studente dell’Università Cattolica e leader del movimento nel 1968.

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[cesare zanotto]

CIBO E MEMORIA

Viaggio nel gusto italiano


La relazione tra il cibo e la memoria è uno degli aspetti più profondi e antichi della cultura italiana e internazionale. Emblema di questo nesso è la madeleine che risveglia i ricordi dell’infanzia di Marcel Proust nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto . Che cosa pensano i gourmet più affermati e i cuochi più celebri del nostro Paese del rapporto tra lo stile di vita dei nostri tempi e i cambiamenti nel gusto culinario, sempre più lontano dalla tradizione culinaria? La risposta nel servizio.

[francesco perugini]

GIORGIO BOCCA

Intervista sulla crisi del giornalismo italiano


Nessuno meglio di Giorgio Bocca può aiutarci a riflettere sulla crisi che sta vivendo oggi la professione di giornalista. "E' la stampa, la bellezza!", il suo nuovo libro vuole essere un'occasione per riflettere sul destino di un mestiere che sembra aver perso le sue virtù. In Italia la carta stampata appare schiacciata dalle pressioni della politica e dell’economia, incapace di reagire allo strapotere della comunicazione televisiva, non più in grado di scandagliare i mutamenti reali della società. Abbiamo approfondito queste e altre questioni nell'intervista.

[gaia passerini]

EMERGENZA UMANITARIA

«Il pericolo è un nuovo genocidio»

La Repubblica Democratica del Congo anche oggi è un terreno di caccia. Perché è ricca di coltan, un minerale fondamentale nella costruzione di cellulari e chip per pc. «Ma questa prosperità è un boomerang per la popolazione civile – spiega Beatrice Nicolini, docente di storia e Istituzioni dell’Africa all’Università Cattolica –. A trarne vantaggio sono spesso soltanto gli entourage dei capi di stato che, con un atteggiamento autocratico e cleptocratico, s’impossessano di una buona fetta delle ricchezze del Paese».


L’emergenza umanitaria del Congo è la più grave del pianeta?
«Penso di sì, anche se la stampa internazionale, e quella italiana in modo particolare, non le danno il giusto risalto. Le nostre conoscenze sul continente nero si fermano frequentemente a retaggi coloniali e ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Basti pensare quanto poco si sappia anche del Sudan. E poi devo pensare che ci sia anche la volontà di trascurare alcune tematiche che non rientrano nelle logiche della globalizzazione».

Anche l’Onu sembra inerme al cospetto dell’avanzata cruenta dei ribelli di Nkunda.
«Ma cosa potrebbero fare 17.000 soldati in una Repubblica estesa quanto l’intera Europa occidentale? I caschi blu sono pochi e devono fronteggiare problematiche di ogni tipo, oltre ad ostacoli logistici e a tipologie di mandato. I ribelli, poi, usano armi di una violenza inaudita. Avanzano pieni di droga fino al collo, formano squadre della morte. Fanno stuprare le donne congolesi dai loro soldati sieropositivi. E per sparare usano i mitra Ak-47, fucili economici e molto leggeri che mettono in mano anche i ragazzini».

Storie che, colpevolmente, appaiono troppo lontane da noi. Come potrebbero scendere in campo le maggiori potenze mondiali?
«Fino al 1991 l’Africa era il territorio del bipolarismo Usa/Urss. Dal 2001 gli Stati Uniti sono stati coinvolti nella lotta al terrorismo internazionale, gli interessi della Russia sono mutati, e la Cina, nelle sue relazioni con i paesi africani, trascura in gran parte il rispetto dei diritti umani. In compenso i cinesi cooperano costruendo infrastrutture e mettendo a disposizione della Repubblica Democratica del Congo formazione e infrastrutture in cambio di accesso alle risorse primarie».

Se non ci fosse stato l’11 settembre l’Africa sarebbe tenuta in maggiore considerazione da parte delle grandi potenze internazionali?
«Da quel momento in poi l’attenzione si è spostata sul Medio Oriente. Ma gli Usa, comunque, scelsero di non intervenire in Africa dopo la disfatta somala del 1993. Trascurarono anche il genocidio in Ruanda del 1994 che, di riflesso, ha mutato gli scenari della Repubblica Democratica del Congo. I campi di prima accoglienza nel Kivu sono ormai diventati siti permanenti e nel Parlamento congolese vi è una significativa presenza di ruandesi che influenza anche alcune scelte di Kabila. Il Ruanda è una nazione grande quanto la Lombardia, estremamente fertile. Rivendica uno spazio vitale che storicamente non ha. Ecco speigata la presenza di gruppi armati provenienti dal Ruanda nella Rdc.

La gestione Bush ha concluso il suo operato inaugurando l’Africom
«È un comando militare unificato per l’Africa che forse muterà gli equilibri geopolitici globali».

A ruota seguono le Ong. Possono rimproverarsi qualcosa?
«Il loro approccio è spesso individualista, per evitare la mescolanza tra gruppi di diversa origine politica e nazionale. Invece occorrerebbe maggiore sinergia sui progetti di sviluppo, riducendo il numero degli interlocutori locali che in alcuni casi amplificano la corruzione in paesi dove tale piaga è ormai strutturale».

Nkunda, giunto alle porte di Goma, ha annunciato il “cessate il fuoco”. È una dichiarazione mendace o i ribelli sono davvero pronti a deporre le armi?
«È’ molto probabile che verranno a trattative con Kabila soltanto dopo aver conquistato i territori più importanti. È una situazione di una delicatezza estrema. Mi auguro soltanto che questa cassa di risonanza induca la comunità internazionale ad occuparsi seriamente di una crisi che potrebbe trasformarsi in un nuovo genocidio».


[fabio di todaro]
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AFRICA

Congo, un’odissea senza fine

La Repubblica Democratica del Congo è di nuovo sull’orlo del baratro. La crisi, riesplosa alla fine di agosto dopo la violazione degli accordi di pace sottoscritti a gennaio, ha raggiunto il culmine nelle ultime ore. A guidare la rivolta sono le truppe di banyamulenge (etnia del ceppo tutsi) del generale dissidente Laurent Nkunda che hanno sconfitto l’esercito di Stato agli ordini del presidente Joseph Kabila e che ora sono alle porte di Goma, la capitale del Nord Kivu, la regione a più alta concentrazione di risorse naturali situata nella zona orientale del Paese. In pochi giorni 45mila profughi in fuga hanno lasciato la capitale. Lo stesso Nkunda, ieri, ha proclamato una tregua unilaterale che per ora regge. Sul campo sono schierati anche 17mila uomini delle Nazioni Unite che dovrebbero provvedere al mantenimento della pace e al sostegno dei civili. Ma che poco possono in una situazione ormai fuori controllo.

Tant’è che lunedì il generale spagnolo Vicente Diaz de Villegas, capo della missione Monuc (Missione Onu per il Congo), si è dimesso dall’incarico dopo meno di due mesi lamentando carenze di mezzi per fronteggiare l’emergenza.


La storia del Congo, grande quanto un quarto dell’intera Europa, è segnata da sempre da una serie di conflitti di solito finalizzati al controllo delle immense risorse naturali di cui il Paese dispone: oro, diamanti, uranio, cobalto, rame , legno pregiato e gomma arabica tra le altre. Sfruttato prima dalla colonizzazione franco-belga, poi dalla più che trentennale dittatura di Sese Seko Mobutu (1965-1997) e infine invaso, a partire dagli anni ’90, dagli eserciti delle nazioni confinanti e da bande mercenarie che non hanno fatto altro che alimentare la guerra civile. Il conflitto in corso, il più grande dai tempi della Seconda guerra mondiale, ha provocato finora circa 4 milioni di morti e 3 milioni di sfollati. A perdere la vita sono in gran parte i civili, in particolar modo bambini. A riguardo, Amnesty International parla di catastrofe umanitaria se la forza schierata sotto l’egida dell’Onu non riuscirà a reggere l’onda d’urto degli scontri. Nel frattempo la comunità internazionale si sta interrogando sulla proposta del Ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner che, in rappresentanza del suo governo, presidente di turno dell’Unione Europea, ha ipotizzato l’invio di un ulteriore contingente di pace europeo a sostegno di quello già presente sul territorio congolese. Oggi, infatti, si riunisce a Bruxelles il comitato politico e di sicurezza dell’Ue proprio per analizzare la proposta francese. Ma il governo inglese ha già detto che “è troppo presto” per pensare ad un possibile invio di truppe europee.

Sulla “questione congolese” abbiamo sentito il giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo, da anni inviato nelle zone più calde del globo e in questi giorni impegnato a seguire proprio la crisi della Repubblica Democratica del Congo. «La crisi del Congo nasce da lontano. Innanzitutto dal fatto che non c’è un governo stabile. Dopo la morte di Laurent Kabila (il presidente della Repubblica che rovesciò il regime di Mobutu e che fu ucciso il 16 gennaio 2001 in un attentato), il potere è passato nelle mani di suo figlio Joseph che, a soli 31 anni, non è in grado di gestire una situazione così complessa», sostiene Mastrogiacomo. «Il Paese è ricco di risorse naturali, ma di difficile collocazione; il Ruanda ha da sempre mire espansionistiche e le influenze dei vecchi colonizzatori( Francia e Belgio) si fanno sentire ancora. Tutto ciò ha portato ad una instabilità diffusa: economia fragile, corruzione, esercito governativo allo sbando, difficoltà logistiche e richieste di indipendenza, come nel Kivu, ne sono la diretta conseguenza», aggiunge il giornalista di Repubblica.

Sull’eventualità dell’invio di un contingente di pace sotto l’egida dell’Ue, Daniele Mastrogiacomo ha le idee piuttosto chiare: «Non so se l’invio di un ulteriore contingente possa contribuire ad uscire da questa situazione. Bisogna puntare sugli uomini dell’Onu già presenti nella zona (si tratta della forza multinazionale più numerosa dislocata nel mondo) e dotarli di mezzi qualitativamente superiori rispetto a quelli già in loro possesso. E poi, la proposta francese potrebbe essere figlia di interessi che Parigi potrebbe continuare ad avere sulla sua ex colonia». Quanto alle possibili soluzioni per risolvere la crisi, Mastrogiacomo afferma: «Ci vorrebbero delle trattative vere e proprie condotte dalle Nazioni Unite, e bisognerebbe stabilire delle priorità nel processo di transizione, magari affidandosi ad un referendum popolare». In sostanza, l’inviato di Repubblica spera che possa essere fatta una divisione del territorio più equa rispetto a quella realizzata in passato dai colonizzatori. Ma che sia rispondente, soprattutto, «ai reali interessi delle varie popolazioni locali».


[pierfrancesco loreto]
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COMUNICAZIONE

Notizie da imprese e istituzioni: quale mercato?

Sono oltre 4500 le imprese che in Italia operano nel settore della comunicazione d’impresa, un mercato che in ambito nazionale vale 23 miliardi di euro. È quanto emerge dal libro Il mercato italiano della comunicazione d’impresa e delle istituzioni, il primo studio organico sul settore a cura di Assocomunicazione, presentato ieri a Milano. Il lungo lavoro di ricerca, che ha coinvolto in primis l’Istituto di economia dei media (Iem) della Fondazione Rosselli, prende in esame un settore che continua a rivestire un ruolo determinante nello sviluppo delle piccole e medie imprese, nella promozione dei prodotti nazionali e dell’immagine dell’Italia.

«L’idea di questo libro è nata in AssoComunicazione circa due anni e mezzo fa, con l’insediamento della nuova presidenza e del nuovo consiglio direttivo - spiega il direttore di Assocomunicazione Marco Testa -. Mi piace pensarlo come un punto di partenza più che come un punto d’arrivo. Se infatti sapremo utilizzarlo nel modo giusto sono convinto che tutti, dalle aziende del settore ai rappresentanti delle istituzioni pubbliche, dal mondo della marca a quello dei consumatori, troveranno le risposte a molte delle domande che oggi sembrano frenare o confondere lo sviluppo del settore».

Con costanti riferimenti alle realtà europee e internazionali, lo studio tenta di analizzare le cause dell’anomalia tutta italiana. Il libro bianco ripercorre, dati alla mano, la latitanza della cultura della comunicazione tanto nella pubblica amministrazione, quanto tra le piccole e medie imprese italiane. Per entrambe le realtà emerge, infatti, una percezione piuttosto marginale della comunicazione, come attività da seguire sporadicamente e per iniziative particolari, piuttosto che in continuità. A ribadire l’importanza di questo comparto, ci pensa sempre Marco Testa. Il direttore di Assocomunicazione ribadisce infatti la necessità di un impegno comune alla formazione. «Questo per contribuire - chiosa Testa - a una, seppur lenta, cultura della comunicazione».


[roberto usai]
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BUSINESS E TECNOLOGIA

Documenti intelligenti, nuova interfaccia tra le aziende

La casa dell’Energia Aem ha ospitato un convegno su fatturazione digitale e performance aziendali. Promosso da Comdata, azienda specializzata in soluzioni per la gestione operativa dei processi di business, in collaborazione con Club TI e Politecnico di Milano, l’evento ha sottolineato come “dematerializzare” i documenti possa portare ad una maggiore integrazione tra processi aziendali, migliorandone la struttura e l’efficienza, e aumentando la possibilità di dialogo di aziende e pubbliche amministrazioni con i propri sistemi di riferimento.


Nel suo discorso introduttivo, Arrigo Andreoni, presidente di Club TI, ha evidenziato come l’innovazione non parta dalla semplice diffusione di una nuova tecnologia, ma dalla individuazione del processo migliore, che diventa la base per soluzioni informatiche finalizzate a creare valore economico. Il centro di ricerca presieduto da Andreoni, composto da professionisti dell’informatica e patrocinato da Assolombarda, ha effettuato studi che mostrano come il vantaggio principale dei documenti digitali e dell’Electronic Data Interchange - lo scambio di flussi informativi digitalizzati tra aziende e pubbliche amministrazioni - consista nell’aumento dell’efficienza dei processi all’interno della filiera, della capacità di reazione ai cambiamenti di contesto e della possibilità di condividere e moltiplicare il valore prodotto, non solo all’interno di un ente, ma in tutto il suo ecosistema di clienti e fornitori.

Nonostante esistano evidenti benefici, nel 2005 in Italia solo il 5% dei processi aziendali legati al ciclo di ordine, consegna, fatturazione e pagamento di prodotti era gestito da soluzioni informatiche. È Alessandro Perego, responsabile dell’osservatorio del Politecnico di Milano sulla dematerializzazione dei documenti, ad analizzare questa situazione, attribuendola principalmente ad una mancanza di consapevolezza sui vantaggi dell’uso delle Ict in azienda. Attraverso uno studio empirico su 92 casi, l’osservatorio del Politecnico ha invece rilevato che la dematerializzazione dei documenti ridurrebbe i costi di gestione dell’80%, e genererebbe in meno di un anno un ritorno di investimenti di 36.5 euro per una piccola impresa, di 39 per una media e di 40.9 per una di grandi dimensioni.

La carta, dunque, è condannata a morte? Non è così, spiega Fabio Chinaglia, responsabile dell’offerta Ict di Comdata. L’innovazione, tuttavia, si chiama “documento intelligente”: un documento informatico con valore legale e prodotto in un linguaggio leggibile tanto da un essere umano, quanto da un terminale. Non si tratta di fantascienza: con il normale formato Pdf ogni azienda è già in grado di produrre documenti dal contenuto inalterabile – condizione necessaria all’attribuzione del valore legale – e concepiti in un formato intellegibile per l’uomo, ma anche dalla macchina (attraverso il codice Xml). La dematerializzazione, secondo Chinaglia, porterà perciò ad un uso più consapevole del documento cartaceo. Il nuovo documento “intelligente”, inoltre, non sarà un foglio inerte, bensì una interfaccia viva: il mezzo per il dialogo tra aziende e per il miglioramento delle loro performance.


[floriana liuni]
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ANNA POLITOVSKAJA

Un albero per la democrazia

Un discorso breve ma toccante sulla vita e sull’impegno per la democrazia di Anna Politkovskaja. Così Tatiana Yankelevich, direttrice del Programma Sacharov sui diritti umani alla Harvard University, ha voluto ricordare la giornalista russa uccisa due anni fa a Mosca, in occasione dell’iniziativa promossa dall’associazione Annaviva e dal Comitato mondiale per la foresta dei Giusti di Milano (Gariwo). La Yankelevich ribadisce la richiesta di un albero in memoria della stessa giornalista nel Giardino dei Giusti.

Ma vuole ricordare anche Andrei Sacharov, fisico russo premio Nobel per la pace nel 1975 e padre adottivo proprio della Yankelevich. La Yankelevich, che insegna storia e letteratura russa in diverse università americane e che ha edito e tradotto diverse opere di suo padre, è da sempre attiva sul piano della difesa dei diritti umani e civili e fondamentali.

Durante la cerimonia, il presidente dell’associazione Annaviva Matteo Cazzulani ha esposto un telo bianco su cui campeggiava il volto di Anna Politkovskaja e la scritta “Per non dimenticare”. Dopo Tatiana Yankelevich a prendere la parola è stato Andrea Riscassi, giornalista della redazione lombarda della Rai che ha seguito in presa diretta le guerre balcaniche e le rivoluzioni democratiche nei paesi dell’ex Unione Sovietica e che lo scorso anno ha pubblicato un volume che tratta anche della difficoltà che si vivono in quegli stati sul fronte della vita democratica. Riscassi ha ricordato il suo precedente incontro con la Yankelevich, avvenuto nel 2003 in occasione della piantagione dell’albero per Andrei Sacharov, e ha ribadito l’impegno suo e dell’associazione affinché venga piantato un albero in memoria di Anna Politkovskaja. Un modo, a suo dire, per ricordare che in Russia c’è un regime e che c’è chi lo ha combattuto e lo combatte ancora. Successivamente è intervenuto Manfredi Palmieri, presidente del Consiglio comunale di Milano. «Siamo in un luogo importante grazie a chi ha creduto che doveva esserci testimonianza dell’impegno di alcune grandi figure», ha detto. Ai primi di novembre, negli uffici del Comune, alla presenza del sindaco Letizia Moratti, verrà firmato l’atto costituivo dell’associazione per il Giardino dei Giusti, in conformità con il voto espresso in Consiglio. «Un luogo - ha concluso Palmieri - patrimonio della nostra città, sempre vivo nel cuore e nella testa dei milanesi».

La conclusione è stata di Gabriele Nissim, presidente del Comitato mondiale per la foresta dei Giusti (Gariwo) e studioso della realtà politica e culturale dell’Europa dell’Est. Il giornalista- scrittore ha sostenuto che, per non perdere la memoria di Anna Politkovskaja, dobbiamo considerare anche che fine ha fatto la memoria in Russia, dato che in quel Paese le figure come quella della giornalista russa vengono eliminate. «Se andate in Russia non troverete monumenti che ricordino i Gulag, così come, ad esempio, se andate in Israele potreste trovare monumenti in ricordo della Shoah», ha detto Nissim. Ciò accade, stando alle sue dichiarazioni, perché le autorità russe non hanno la volontà di perseguire la strada della democrazia. «È nostro dovere - ha aggiunto il presidente del Gariwo - ricordare oggi chi, in Russia e fuori dalla Russia, si batte per la democrazia». E Anna Politkovskaja è un simbolo della lotta per la democrazia.


[pierfrancesco loreto]
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BAMBINI

Con Pedibus e Brucobus alla scoperta della città

Lo dicono i sondaggi ma in pochi lo sanno: in Provincia di Milano è pronto un progetto per rafforzare e capovolgere il rapporto tra bambino e città. Il progetto, presentato a Palazzo Isimbardi a Milano dall’assessore provinciale ai diritti dei bambini e delle bambine, Francesca Corso, è una campagna internazionale. Si chiama I walk to school ed è giunta alla sua quarta edizione.


Promossa e sostenuta dalla provincia di Milano, ha visto crescere nel corso degli anni l’adesione degli enti locali in modo esponenziale, tanto che, ad oggi, più di 60 comuni ne prendono parte. Obiettivo del progetto è rivoluzionare il rapporto che i bambini hanno con la città, per farli andare a scuola a piedi. La città deve tornare ad essere amica, conviviale, luogo animato e umanizzato. Secondo i dati della provincia, l’84% dei bambini tra gli 8 e gli 11 anni si reca a scuola con un mezzo proprio. Questo dato deve essere sovvertito, sottolinea Francesca Corso, «per restituire all’infanzia quella piccola autonomia, riconquistando la libertà di potersi muovere a piedi nella città». Le amministrazioni comunali, dal 2004 ad oggi, hanno incrementato la loro sensibilità al tema anche con iniziative analoghe: sono nati così Pedibus e Brucobus, veri trenini umani i cui vagoni sono bambini, guidati da nonni e pensionati, che seguono il percorso verso la scuola passando di via in via, per recuperare gli scolari che li aspettano nelle varie fermate.

Associazioni genitori, pensionati, nonni sono diventati gli attori di questa sana rivoluzione. L’intenzione della Provincia di Milano, adesso, è quella di incrementare e rendere ancora più ampio lo spirito del programma attuale. E lo fa aderendo al progetto europeo Vivi La Via,in collaborazione con Rosace, Road Safety Cities in Europe, e la Cooperativa ABCittà. Il progetto, finanziato dalla Commissione di Bruxelles, coinvolge un network di città europee con notevoli problemi di mobilità e traffico, tra cui Atene, Madrid e Roma. Il senso dell’operazione è quello di restituire alla strada la sua funzione di luogo di vita e di solidarietà, ponendo la massima attenzione all’ambiente e alla salute del cittadino.


[cinzia petito]
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CRISI ECONOMICA

Carovita, scende in campo la Provincia

Un intervento efficace subito (carta sconti over 65). L’altro, più massiccio (4 dei 25 milioni disposti per aiutare le famiglie più bisognose), entro la fine dell’anno. Sono le due mosse adottate dalla provincia di Milano per combattere il carovita nel capoluogo meneghino. «Purtroppo gli indicatori della crisi economica sono estremamente chiari – ha esordito il presidente Penati -. Nel 2009 aumenteranno le incertezze sociali e crescerà la disoccupazione. Questo ente ha deciso di scendere in campo per essere vicino concretamente alle famiglie. Sarebbe ora, però, che il governo decidesse di ridurre la pressione fiscale. Se da subito fosse detassata la tredicesima, gli italiani prenderebbero una boccata d’ossigeno».

Per prima cosa è stata ufficialmente rinnovata l’iniziativa che permetterà agli over 65 del quartiere San Siro di usufruire di una serie di sconti nei negozi convenzionati. Rispetto all’anno scorso, però, partirà anche il progetto sperimentale Vale la spesa, promosso dall’associazione dei sapori con il contributo dell’assessorato alla tutela dei consumatori della Provincia. Tutti i cittadini di Milano - per gli over 65 del quartiere San Siro è previsto un ulteriore sconto del 10% - potranno prenotare settimanalmente l’acquisto di verdura, carne e uova di alta qualità che verranno consegnate ogni venerdì pomeriggio (16-18) dalla Federconsumatori in Piazzale Segesta 4. «È una formula interessante per arginare il carovita - ha commentato Francesco Castellotti, delegato di Federconsumatori -. Con l’entrata in vigore dell’euro avevamo parlato delle difficoltà di molte famiglie ad arrivare alla fine del mese, ma siamo stati accusati di terrorismo. La nostra è sempre stata un’opposizione costruttiva. Adesso puntiamo ad accorciare la filiera produttiva perché le pensioni spesso non bastano a soddisfare i bisogni primari».

Tra i promotori anche gli assessori Francesca Corso (tutela dei consumatori) e Matteo Mauri (città metropolitana) che hanno sottolineato quanto «sia importante riscuotere consensi in un quartiere popoloso come San Siro». «Con questa card - ha ribadito Corso - i prodotti avranno un prezzo equo e la clientela otterrà un risparmio considerevole rispetto alla grande distribuzione». Ma sarà possibile, in un futuro prossimo, estendere la proposta anche ad altri quartieri di Milano? «È un nostro obbiettivo - ha affermato Penati -, ma non è tanto facile reperire commercianti disposti ad affiancarci. A San Siro erano già stati ottenuti buoni risultati, perciò quest’anno non ci sono state esitazioni. È fondamentale che le parti si uniscano per fronteggiare lo stato di crisi. In questo modo non escludo che il modello possa essere esportato presto in altri comuni».

Sulla totale assenza del Comune dal progetto, Penati ha glissato. Del passo deciso per aiutare le famiglie bisognose, invece, ne ha parlato in chiusura di intervento confermando la disponibilità a sbloccare 4 dei 25 milioni di euro con cui si intende aiutare le famiglie più bisognose entro i prossimi due mesi.


[fabio di todaro]
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PALASHARP

Uno spettacolo formato famiglia

Il magico Show di Topolino, una novità assoluta per l’Italia, arriverà mercoledì 19 novembre al Palasharp di Milano, per poi proseguire per Torino e Roma, portando in scena grandi emozioni per i più piccoli. «Caratteristica di questo nuovo show - spiega Fiorenza Sarotto, vice presidente marketing di Disney Italia - è il fatto di essere prodotto per il divertimento di tutta la famiglia. Non è il classico spettacolo teatrale a cui tutti siamo abituati: lo stile interattivo conferisce una dimensione più profonda ed innovativa. I bambini avranno l’opportunità di entrare realmente a far parte della rappresentazione, potendo interagire attivamente con tutti i personaggi. Ritengo che questo sia un passo in più per accrescere, nel nostro paese, la cultura dello spettacolo dal vivo».


Il tour ha debuttato nel 2006 negli Stati Uniti, nella città di Columbia nel South Carolina, e viaggiando ad una media di 320 spettacoli all’anno è stato già visto da oltre 2 milioni e mezzo di visitatori in tutto il mondo. Fra le tante curiosità: un fondale costituito da 6.800 lampadine, 2 chilometri di alluminio utilizzato per la costruzione della struttura scenica e 620 metri di tessuto per confezionare i 41 costumi presenti in scena. Così, con Disney Live! Il magico Show di Topolino la magia legata alle leggendarie principesse dei film Disney, da Cenerentola a Jasmine di Aladdin, dovrebbe fondersi con le apparizioni di tanti amici di Topolino, da Minnie a Paperino, da Paperina a Pippo, creando una rappresentazione unica e di alto livello qualitativo.
La produzione è caratterizzata da un cast d’eccezione, con celebri esperti d’illusionismo, da Jim Steinmeyer a Brad Ross, che garantiscono sorprendenti scenari in grado di trasportare gli spettatori in un’atmosfera incantata e surreale.

Il magico Show di Topolino è la seconda esperienza italiana dopo Winnie the Pooh e nasce dalla collaborazione tra Feld Entertainment e Disney Live Family Entertainment, la divisione Disney specializzata in spettacoli per famiglie in tutto il mondo. Questa collaborazione dura da oltre 25 anni con moltissime produzioni che raggiungono decine di paesi ogni anno. «Il nuovo show - sottolinea Ermes Bonini, responsabile di Applauso spettacoli, società organizzatrice del tour italiano - è particolarmente adatto alle fasce prescolari. Infatti il gioco, il divertimento e l’allegria sono il fulcro centrale dello show». Due motivi in più per andare a vedere lo spettacolo: una nursery attrezzata per venire incontro alle necessità dei bambini e delle loro famiglie e un palcoscenico per garantire ai più piccini la migliore visione possibile.


[tatiana donno]
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ITALIANI A TAVOLA

Come ti metto all'angolo la mala cucina

«Noi siamo ciò che mangiamo». È così che Giovanni Ballarini, presidente dell’Accademia italiana della cucina, ha esordito al Circolo della Stampa di Milano, per la presentazione della ricerca Gli italiani e il pranzo della domenica, indagine sul campo delle abitudini culinarie degli italiani durante il pranzo domenicale. I risultati, ottenuti analizzando un campione di 1834 questionari postali, sono stati piuttosto sorprendenti, anche per gli stessi curatori dell’indagine, patrocinata dal centro studi dell’Accademia italiana di cucina.


Più che come una consuetudine ormai desueta, il pranzo domenicale sembra riconfermarsi come una tradizione ancora viva e attuale nella nostra gastronomia. Tutte le domeniche il 52% delle famiglie italiane si riunisce, come un tempo, attorno alla tavola imbandita, per consumare, almeno una volta alla settimana, un pasto in tutta calma, circondato, perché no, dalla famiglia “allargata”. Sembra, infatti, che, in particolar modo al Sud e nelle isole, la media dei partecipanti al banchetto settimanale raggiunga i 5 componenti per nucleo familiare, un dato decisamente alto, se si considera che le famiglie italiane sono composte in media da 3, 1 individui. Il menu vede, ancora una volta, il trionfo della tradizione, con piatti soprattutto tipici del proprio territorio che vanno a sconfiggere nettamente i surgelati e le rosticcerie. Antipasto di salumi misti, pasta asciutta o ripiena, arrosto, patate e torta di mele. Sono solo alcune delle portate che vengono servite ogni settimana sulle tavole dello Stivale, con un particolare riguardo alla provenienza geografica e dunque alla possibilità di avere a disposizione certi tipo di alimenti piuttosto che altri. Solo il 5% degli italiani preferisce il ristorante, in particolar modo nel Nord-Est del nostro paese.

Ma è soprattutto la dimensione socio-affettiva che ha sorpreso Paolo Petroni, presidente del centro studi. Per il 62% degli intervistati il pranzo domenicale rappresenta, effettivamente, un appuntamento irrinunciabile, sinonimo di condivisione familiare. «In un periodo storico in cui tutto è messo in discussione, prosegue Ballarini, il pranzo della domenica rappresenta quasi l’ultimo baluardo della socializzazione, un’occasione unica di confronto e dialogo tra i membri della famiglia, ma che conserva anche un’eccezionale valore di presidio gastronomico». Con questa analisi l’Aci ha dato il via a una serie di interventi conoscitivi il cui obiettivo ultimo è quello di costituire un vero e proprio osservatorio permanente sulla cucina italiana, in tutti i suoi aspetti.

Particolare attenzione è stata prestata, infatti, alle tematiche riguardanti la salute e il benessere psicofisico degli italiani, messi in pericolo dall’uso scorretto e malsano degli alimenti, in quella che è stata definita “mala cucina”. Quest’ultima è stata proprio la causa principale dell’abbandono di stili alimentari tradizionali ed equilibrati. Ed è proprio in questo senso che il pranzo della domenica, seppure con alcuni eccessi, giunge a riequilibrare quei ritmi alterati cui si è sottoposti quotidianamente, rappresentando un rito tutt’oggi intramontabile per 8 milioni di famiglie.


[viviana d'introno]
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TEATRO

La camorra in scena al San Fedele

“Sono 4000 i morti ammazzati dalla Camorra negli ultimi anni, di cui tantissimi innocenti. Persone uccise per il semplice motivo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, o peggio per avere tentato di far valere i propri diritti”. È questo l’incipit dello spettacolo teatrale intitolato La ferita-voci contro la camorra, organizzato in collaborazione con l’associazione antimafie Libera, in scena in questi giorni al teatro San Fedele a Milano. Seduti in platea, ad assistere alla rappresentazione, gli alunni delle scuole medie e superiori della provincia milanese. Scopo dello spettacolo è infatti quello di «far riflettere i ragazzi sul significato e la necessità di legalità, intesa come rispetto delle regole comuni», come ci racconta il regista della messa in scena Mario Geraldi.

«Raccontare i meccanismi di base del comportamento mafioso organizzato e come accada che le regole civili vengano rimpiazzate con quelle mafiose è il senso di questo lavoro. Inoltre, il filo conduttore resta sempre la memoria: sia delle vittime innocenti che delle emozioni e sentimenti che queste si portano dentro».

Sul palco, alla lettura dei brani si affianca quella di articoli estratti dai quotidiani, mischiando al reading anche brevi monologhi o stralci musicali. Come sempre, non fa mai male indagare un po’ su cosa conoscono realmente gli studenti. Tra una selva di “non so” e “non seguo queste cose”, troviamo qualcuno che sembra conoscere l’argomento come Daniela Nisio, studentessa del 4° anno dell’Istituto di Istruzione Superiore “P. Frisi” di Milano che ci confessa come abbia seguito negli ultimi mesi la situazione campana soprattutto grazie ai professori che le hanno parlato del “caso Roberto Saviano”.

Luigi Calce invece afferma che «questo tipo di attività sono molto utili per apprendere notizie e informazioni direttamente da chi vive in quei luoghi. Così i ragazzi riescono a farsi un’idea, e si evita il sentito dire, che spesso degenera in notizie false». Ed è proprio questo l’obiettivo di “Libera”: superare con successo la semplice condanna del fenomeno, per reagire concretamente anche nella vita di tutti i giorni (e associazioni come questa ne sono la dimostrazione concreta). Insomma, spiegare ai ragazzi che «è pericoloso allontanare da noi le mafie e gli atteggiamenti mafiosi, ritenendoli questioni che riguardano sempre qualcun altro: le regioni del sud, le altre scuole, gli altri compagni – come sostiene Michela Scavello, professoressa delle medie inferiori “Barozzi” – è fondamentale. Anche da piccoli, formarsi una coscienza civile e legare un tema sicuramente forte come quello della camorra con quello dei piccoli soprusi di tutti i giorni, è necessario per evitare un effetto di straniamento». Accanto allo spettacolo, l’attività si concretizza nell’organizzazione di dibattiti tra studenti. Le scuole lavorano anche in classe: con un elaborato scritto o creativo relativo al tema proposto, in modo da legare, in un unico percorso, informazione, testimonianza, comunicazione emotiva e partecipazione critica.


[raffaele buscemi]
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REGIONE

Pubblica amministrazione, il futuro è digitale

Un momento di confronto e di scambio di esperienze sul ruolo della Innovation Tecnology nella modernizzazione della pubblica amministrazione, con particolare riferimento al caso Lombardia. È questo l’obiettivo del convegno «Lombardia 2015: Innovazione Tecnologica nella Pubblica Amministrazione». In apertura dei lavori, nella sede della Regione Lombardia, il presidente di Lombardia Informatica Alberto Daprà ha auspicato che il convegno si trasformi in un appuntamento annuale; questo perché l’obiettivo sarebbe creare un Innovation Network tra pubblica amministrazione, analisti, società private, università e centri di ricerca.

Secondo Daprà, nel campo delle nuove tecnologie applicate alla pubblica amministrazione la Lombardia ricopre un ruolo di eccellenza, per l’indice elevato di digitalizzazione e per la capacità innovativa. Ma sarebbe necessario «incrementare sempre di più la presenza dell’Information & Communication Tecnology all’interno delle strutture della pubblica amministrazione, per facilitare e migliorare i rapporti con i cittadini».

L’innovazione, però, non può e non deve essere solo di tipo tecnologico, ma deve fondarsi anche su un cambiamento dei processi e su una modifica dei disegni istituzionali. Così il presidente di Lombardia Informatica che rilancia: «Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale la collaborazione interregionale sia a livello italiano, sia a livello europeo». Così, l’innovazione nei servizi, la collaborazione tra enti e l’efficienza operativa sarebbero i principali obiettivi da raggiungere, per rispondere ai bisogni dei cittadini di agilità e flessibilità nei servizi. Dello stesso avviso è Roberto Masiero, presidente della società di ricerche di mercato Idc Emea, che sottolinea come le tecnologie digitali possano favorire il miglioramento della qualità della vita del singolo cittadino. Secondo Masiero, «la strada da percorrere non è semplice, ma fanno ben sperare le previsioni per i prossimi anni che segnalano un aumento nell’uso delle innovazioni tecnologiche pari al 4% annuo a livello statale e al 6% in ambito regionale e locale».

In questo scenario la Lombardia può assumere una funzione-modello, grazie alle numerose iniziative in cantiere e ai progetti di modernizzazione già attuati. Tra questi, la nascita della Centrale regionale acquisti, attiva dalla fine di giugno 2007. Una struttura che permette di realizzare il cosiddetto e-procurement, cioè quell’insieme di tecnologie e procedure che consentono l’acquisizione di beni e servizi on-line. Strumento utile: la gestione del Sintel (Sistema di intermediazione telematica), una piattaforma telematica utilizzata dagli enti per completare gratuitamente on-line le proprie gare, e che, come ha sottolineato Gabriella Cattaneo, Reasearch Director di Idc, potrebbe permettere un risparmio sui costi di transazione vicino all’80%.


[daniela maggi]
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