Normalmente le lauree honoris causa vengono conferite per opere compiute o per pubblicazioni fatte a persone note per la singolare perizia in determinate discipline. Giovanni Bogliolo, rettore da otto anni del grande ateneo di Urbino, spiega che anche le università ne beneficiano: «Nel momento in cui una importante personalità accetta un riconoscimento simile, la qualifica con il suo stesso nome: le Università vivono di questi rapporti. Niente di male se si instaura un rapporto attivo fra università e imprenditori-benefattori. Certo il titolo si svaluta se il beneficio diventa oggetto di contrattazione». Ricordando le lauree conferite a Sepulveda e a monsignor Ravasi, Bogliolo spiega anche la decisione di laureare “the doctor” Valentino Rossi, nel 2005: «La nostra facoltà di Sociologia ha ritenuto che Valentino aveva le caratteristiche che i nostri studenti di Comunicazione e Pubblicità per le Organizzazioni devono avere. Altre grandi università stavano per dargli persino una laurea in Ingegneria. Ma per noi aveva un valore aggiunto perché si tratta di un genius loci». Nessuno scandalo dunque: «L’università di oggi non è più il mondo dell’accademia, una camera stagna, ma ha attinenze con il sociale e quindi materie nuove. Fermo restando che il successo di un ateneo si misura a distanza di anni con la qualità dei laureati e delle pubblicazioni. Escludo che qualsiasi laurea ad honorem venga data per fini di visibilità. La laurea a Valentino non ci ha dato né tolto iscritti».
Diverso è il punto di vista di Alberto Castoldi, rettore a Bergamo dal 1999: «Sicuramente l’ondata di qualche anno fa è passata, ma per noi la laurea honoris causa rimane uno strumento per cercare consenso nel territorio, in un rapporto di legittimazione reciproca con le figure più eminenti». La laurea honoris causa è un atto che assume significati diversi a seconda dell’ambiente: «Laureare Giampiero Pesenti di Italcementi, grossa realtà locale, è una legittimazione che a Milano si perderebbe. Ma come strumento per segnalare la propria rilevanza come istituzione nel Paese sono meglio personaggi di richiamo nazionale. D’altronde, noi abbiamo laureato Andrew Viterbi, italoamericano di origini bergamasche, uno dei padri del telefonino, che nessuno aveva considerato. Se poi a Milano la Iulm laurea Vasco Rossi, sa bene cosa sta facendo. Diverso sarebbe se lo facesse la Statale». Il processo di assegnazione dura circa un anno e all’insaputa dell’interessato. Ma l’università non è l’unica via per poter scrivere “dottore” sul proprio biglietto da visita: su internet circolano infatti siti che assicurano “lo svolgimento di pratiche in forma strettamente riservata per il conseguimento di lauree honoris causa presso istituti italiani e stranieri”. Chissà se conviene fidarsi.
[daniele monaco]
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta questo articolo