Sarà l'export (-5,5%) il comparto più colpito. Ma a soffrire saranno anche la domanda interna e gli investimenti (-7,3%). E mentre le famiglie italiane si troveranno a fare i conti con il rallentamento dei salari e col rischio disoccupazione – prevista per il 2009 all'8,4% (+ 1,7% rispetto al 2008) – le aziende dovranno fronteggiare «un progressivo inasprimento delle condizioni di prestito» dovuto alla crisi finanziaria dello scorso autunno. Se i vati della finanza guardano al futuro con occhio cupo, i cultori del passato evocano l’austerity degli anni ’70. Tuttavia – avvertono gli esperti – la crisi attuale potrebbe sprofondare a livelli imprevisti perché – spiegano – si innesta in un periodo congiunturale particolarmente difficile, dove le debolezze interne si acuiscono a causa delle oscillazioni internazionali. C’è quindi da chiedersi come evolverà la situazione, perché i dati previsionali di Bankitalia potrebbero essere ritoccati in negativo.
In Italia la preoccupazione sale. Anche per la finanza pubblica che potrebbe scontare una doppia tendenza: l'innalzamento della spesa, da un lato, ed un calo delle entrate dall’altro. A diminuire infatti saranno sia il gettito Ires ( imposta che grava sule imprese) sia quello proveniente dalle accise sul metano. C' è poi il fattore x dell'evasione fiscale «perché la tentazione sale con le difficoltà di reddito dei contribuenti». Non stupisce quindi un possibile incremento del debito pubblico che, nel 2009, dovrebbe raggiungere il 105% del Pil. Resta da vedere se il rallentamento dell'inflazione, che dal 3,5% del 2008 scenderà all’1,2%, favorirà la tenuta dei consumi.
I primi segni di ripresa vengono rimandati al 2010 quando il Pil dovrebbe segnare un timido + 0,5%. L’esortazione del presidente di Bankitalia Mario Draghi è «agire con ogni possibile iniziativa per attenuare e abbreviare la recessione». Le reazioni della politica paiono invece contrastanti. Se Walter Veltroni, leader del Pd, parla di «emergenza», Fabrizio Cicchitto del Pdl replica alle accuse di immobilismo. Intanto però, con un rapporto deficit – Pil stimato al 3,8%, l’Italia rischia ancora di non rispettare i parametri di Maastricht.
[ivica graziani]
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