MEDICINA ALTERNATIVA

Aghi e infusi contro i danni da chemio-terapia

«Era ora che si cominciassero a curare anche le persone oltre che le malattie». Con queste parole Gianluca Magi, docente di culture orientali all’università di Urbino, esprime il suo entusiasmo riguardo all’iniziativa, presa dall’ospedale di Merano, di sperimentare alcune cure “alternative” sui malati di cancro. Agopuntura, fitoterapia, omeopatia, yoga e tai-chi non andranno a sostituire le terapie tradizionali ma aiuteranno a combattere i danni collaterali provocati da queste ultime. In Alto Adige l’80% dei malati di cancro già utilizza questi trattamenti. Secondo diverse testimonianze, i pazienti avrebbero trovato, in queste antiche pratiche orientali, un efficace rimedio contro i disturbi gastrointestinali da chemioterapia e i dolori post-operatori. «La medicina occidentale – spiega Magi – nasce dalla dissertazione dei cadaveri. Questo ha portato i medici allopatici a considerare il corpo umano come una macchina da aggiustare. Invece, la medicina cinese e quella ayurvedica partono dall’essere vivo e quindi, per queste, è impossibile prescindere da una concezione olistica della diagnosi e della cura».

Queste tematiche, in Italia, sono state portate al grande pubblico da Tiziano Terzani: un giornalista che, nel libro Un altro giro di giostra, ha raccontato la sua esperienza con il cancro, affrontata sperimentando tutti i limiti della medicina occidentale e l’aiuto delle cure alternative. Terzani chiamava i medici di New York che lo avevano in cura “gli aggiustatori”, termine che il professor Magi trova particolarmente azzeccato. «Anche se in Italia i dati clinici sono ancora pochi – spiega l’orientalista – negli Usa e in Germania la sperimentazione di molte pratiche indo-cinesi dura ormai da 30 anni. Per esempio, è stato dimostrato che il tai-chi previene il Parkinson». Una delle critiche più frequenti alle medicine “alternative” è che queste funzionano solo come placebo. Ma, secondo Magi, il linguaggio tradizionale asiatico dovrebbe essere tradotto nel linguaggio medico occidentale: «Il chi, o energia vitale, per esempio, potrebbe essere tradotto con “rilascio di endorfine”».

Ma l’iniziativa dell’ospedale di Merano non ha suscitato solo commenti entusiastici. Anche se i pazienti pagheranno il 70% di questi trattamenti, la regione, per far partire l’iniziativa, ha dovuto stanziare un milione di euro. Secondo l’oncologo Francesco Cognetti, direttore del dipartimento di oncologia al Regina Elena di Roma, «in un momento in cui mancano le risorse per offrire ai malati i nuovi farmaci antitumorali è assurdo pensare alle medicine alternative. Che non hanno ancora dato prova scientifica definitiva della loro efficacia». Di parere diverso è invece il chirurgo oncologo Giorgio Pizzocaro, che pensa che «il medico deve essere aperto a tutto». «Quello di cui dobbiamo preoccuparci – spiega il medico – è che la sperimentazione sia fatta nel modo adeguato, poi non dobbiamo fare altro che aspettare i risultati. Dobbiamo ricordarci che la medicina si basa sull’evidenza».

Comunque il professor Magi si augura che la tradizione orientale sia presa in considerazione anche per agire sull’umore dei pazienti: «Dobbiamo uscire dalla concezione meccanicista figlia del pensiero occidentale ottocentesco. Agire sull’umore vuol dire rafforzare il sistema immunitario e migliorare la qualità della vita». Se la sperimentazione porterà dei risultati positivi, le cure alternative saranno utilizzate anche su altre patologie. Milioni di persone le usano, già oggi, contro diverse malattie mentali. Dobbiamo ricordarci che la depressione è stata definita la peste del nuovo millennio e che, secondo diversi studi, pare che tra pochi anni una persona su tre farà uso di psicofarmaci.


[andrea torrente]

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