Altri quindici attivisti hanno subìto negli stessi giorni la medesima sorte e nemmeno di loro si hanno più notizie. I collaboratori della donna sostengono che sia stato proprio il lavoro di catalogazione della giornalista, la causa della sua sparizione. Questo materiale, una volta reso pubblico, avrebbe reso ancora più fraglie la posizione di Mugabe agli occhi del mondo.
«Robert Mugabe è stato un grande uomo, ma oggi, a ottantaquattro anni, farebbe qualunque cosa per mantenere il potere. Anzi, ha già modificato più volte la Costituzione per essere rieletto come presidente». A parlare è Raffaele Masto, giornalista di Radio Popolare di Milano, ed esperto di questioni africane. Mugabe, che da vent’anni governa lo Zimbabwe, è stata infatti una delle personalità più importanti del secolo nella lotta al colonialismo e ha avuto un’importanza capitale nella liberazione del suo paese dal governo britannico. Ma come un degno drago della mitologia norrena, sta ora rintanato nel suo territorio per difendere il tesoro da lui custodito: il sottosuolo del paese. Senza occuparsi di quello che ci sta sopra, di uomini e cose: «L’agricoltura potrebbe costituire una risorsa importante per il Paese, ma non viene sfruttata. La corruzione, inoltre, ha colpito soprattutto il settore sanitario. Basta un’epidemia semplice, come quella di colera degli scorsi giorni, e il Paese cade in una situazione incontrollabile», sottolinea Masto.
Con la sua politica, infatti, Mugabe ha sprofondato lo Zimbabwe nella povertà, isolandolo all’estero e trasformando il suo comando da virtuoso embrione di democrazia filocomunista a famigerata dittatura totalitaria. I problemi più grandi dello stato sono l’inflazione drammatica, la grande corruzione e l’economia bloccata. In questi anni, l’opposizione al governo si è andata via via rafforzando. Morgan Tsvangirai, storico antagonista di Mugabe, ha guadagnato molto consenso. Raffaele Masto: «Il controllo sulla popolazione è diventato più duro dopo le ultime elezioni che, ufficiosamente, tutti sanno essere state vinte da Tsvangirai. I mezzi di comunicazione sono totalmente controllati dai generali e i giornalisti non possono avere il visto per entrare in Zimbabwe». La comunità internazionale non sembra, per ora, voler intervenire per affidare il governo dello Stato a Tsvangirai, cui spetterebbe di diritto. Un peggioramento delle cose, però, potrebbe portare a un intervento dell’Onu e i generali luogotenenti di Mugabe finirebbero, insieme all’anziano dittatore, davanti alla Corte Internazionale a rispondere di tutti i crimini commessi.
Sullo sfondo di questa vicenda c’è il dramma di Jestina Mukoko. I suoi legali sospettano che sia detenuta in una delle carceri illegali di Harare e temono per la sua vita. «Qualsiasi regime – conclude il giornalista Raffaele Masto – deve pensarci più di una volta, prima di eliminare fisicamente un oppositore; questo regime, però, sembra giunto alla fine dei suoi giorni: per questo si ha l’impressione che i generali si comportino come non ci fosse più nulla da perdere. Il pessimismo per la situazione della signora Mukoko, quindi, è più che giustificato». Su Jestina Mukoko è calato il silenzio dal 10 dicembre. Da quel momento, non una parola e non più denunce.
[alessia scurati]
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