ZIMBABWE

Jestina Mukoko, cronaca di un sequestro annunciato

È ancora una delle poche voci che, all’interno dello Zimbabwe, si leva contro il dittatore Robert Mugabe, quella di Jestina Mukoko. Jestina è una giornalista coraggiosa, tanto da decidere di lasciare il suo lavoro di anchorwoman del canale di governo (legato alla dittatura militare) per fondare l’associazione Zimbabwe Peace Project. Jestina non si trova più. È scomparsa dai primi di dicembre. Con centinaia di collaboratori, era riuscita a raccogliere una serie di prove che testimoniano le violenze subite dagli oppositori del regime. Nei suoi fascicoli si trovano nomi e cognomi di alcuni tra i più potenti capi dello Zimbabwe, che per anni si sono macchiati di atroci torture per mantenere la loro posizione. Forse per farli sparire per sempre e per dare una lezione esemplare a chi cerca e trova per denunciare crimini e misfatti, quindici persone armate sono penetrate nella sua casa alle cinque di mattina il 3 dicembre, hanno picchiato il domestico e hanno prelevato la donna davanti al figlio, che, una volta ripresosi dallo shock, ha denunciato il fatto. Ma la madre non compare nella lista dei detenuti ufficiali, non risulta scomparsa e il suo nome è stato cancellato, perlomeno ufficialmente, dalla vita sociale dello Stato.

Altri quindici attivisti hanno subìto negli stessi giorni la medesima sorte e nemmeno di loro si hanno più notizie. I collaboratori della donna sostengono che sia stato proprio il lavoro di catalogazione della giornalista, la causa della sua sparizione. Questo materiale, una volta reso pubblico, avrebbe reso ancora più fraglie la posizione di Mugabe agli occhi del mondo.

«Robert Mugabe è stato un grande uomo, ma oggi, a ottantaquattro anni, farebbe qualunque cosa per mantenere il potere. Anzi, ha già modificato più volte la Costituzione per essere rieletto come presidente». A parlare è Raffaele Masto, giornalista di Radio Popolare di Milano, ed esperto di questioni africane. Mugabe, che da vent’anni governa lo Zimbabwe, è stata infatti una delle personalità più importanti del secolo nella lotta al colonialismo e ha avuto un’importanza capitale nella liberazione del suo paese dal governo britannico. Ma come un degno drago della mitologia norrena, sta ora rintanato nel suo territorio per difendere il tesoro da lui custodito: il sottosuolo del paese. Senza occuparsi di quello che ci sta sopra, di uomini e cose: «L’agricoltura potrebbe costituire una risorsa importante per il Paese, ma non viene sfruttata. La corruzione, inoltre, ha colpito soprattutto il settore sanitario. Basta un’epidemia semplice, come quella di colera degli scorsi giorni, e il Paese cade in una situazione incontrollabile», sottolinea Masto.

Con la sua politica, infatti, Mugabe ha sprofondato lo Zimbabwe nella povertà, isolandolo all’estero e trasformando il suo comando da virtuoso embrione di democrazia filocomunista a famigerata dittatura totalitaria. I problemi più grandi dello stato sono l’inflazione drammatica, la grande corruzione e l’economia bloccata. In questi anni, l’opposizione al governo si è andata via via rafforzando. Morgan Tsvangirai, storico antagonista di Mugabe, ha guadagnato molto consenso. Raffaele Masto: «Il controllo sulla popolazione è diventato più duro dopo le ultime elezioni che, ufficiosamente, tutti sanno essere state vinte da Tsvangirai. I mezzi di comunicazione sono totalmente controllati dai generali e i giornalisti non possono avere il visto per entrare in Zimbabwe». La comunità internazionale non sembra, per ora, voler intervenire per affidare il governo dello Stato a Tsvangirai, cui spetterebbe di diritto. Un peggioramento delle cose, però, potrebbe portare a un intervento dell’Onu e i generali luogotenenti di Mugabe finirebbero, insieme all’anziano dittatore, davanti alla Corte Internazionale a rispondere di tutti i crimini commessi.

Sullo sfondo di questa vicenda c’è il dramma di Jestina Mukoko. I suoi legali sospettano che sia detenuta in una delle carceri illegali di Harare e temono per la sua vita. «Qualsiasi regime – conclude il giornalista Raffaele Masto – deve pensarci più di una volta, prima di eliminare fisicamente un oppositore; questo regime, però, sembra giunto alla fine dei suoi giorni: per questo si ha l’impressione che i generali si comportino come non ci fosse più nulla da perdere. Il pessimismo per la situazione della signora Mukoko, quindi, è più che giustificato». Su Jestina Mukoko è calato il silenzio dal 10 dicembre. Da quel momento, non una parola e non più denunce.


[alessia scurati]

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