Anche l’attentato dell’11 settembre si è prestato a ispirazione per due film e per una serie di cortometraggi e documentari; ma, se si considera che il lasso di tempo trascorso tra l’attentato e la produzione cinematografica è stato di circa 4 anni, si può capire che una sorta di «dignità del lutto» sia stata rispettata. Sono infatti del 2006 United 93 di Paul Greengrass e World Trade Center di Oliver Stone. Insomma, prima di addentare la carogna, si è quantomeno aspettato che il cadavere fosse freddo.
Ma l’attenzione del cinema indiano agli attentati di Mumbai non è casuale. «Bollywood sta vivendo un momento di grande crisi, perché in India l’attenzione è monopolizzata dalla televisione e dalle soap opera in particolare. – spiega Marilena Malinverni di Repubblica, esperta di India che ha vissuto in prima persona l’attacco a Mumbai –. Lo star system indiano si è quindi trasferito dal cinema alla tv e questo lo si capisce sfogliando i giornali locali di gossip. I volti che vi si trovano non sono più riconducibili ai colossal di Bollywood ma alle nuove serie tv. Questo fenomeno divistico obbliga così il cinema a spostare la propria attenzione sulla realtà. Ne è esempio il film Dostana, un blockbuster bollywoodiano che tratta tematiche sociali delicate come l’omosessualità, consegnandone una visione prettamente occidentale. Per vincere la concorrenza della tv, tutto deve quindi trasformarsi in reality, e anche il cinema segue questa tendenza. La produzione di 18 film sull’attacco terroristico è un esempio lampante di questo processo».
I messaggi contenuti nelle produzioni di Bollywood racchiudono a tutto tondo la corrente dominante, politica, culturale e sociale indiana. «Per le produzioni legate all’area geografica di Mumbai, il patriottismo è un componente fondamentale. Non a caso, proprio nella capitale economica indiana, il tema patriottistico è dominante all’interno delle produzioni bollywoodiane, simbolo dell’influenza dell’area politica della destra nazionalista Bjp». Prosegue la Malinverni: «L’India convive quotidianamente con gli attentati, ma la scelta di spettacolarizzare l’attacco di Mumbai si fonda sul fatto che l’attentato si sia protratto per più giorni, rappresentando un colpo durissimo. Gli stessi attentatori hanno adottato un piano militare in sé fallimentare, ma improntato sulla medialità dell’evento. Questo perché la cultura indiana è fondata sull’immagine, il Darshan. In sostanza, il contatto visivo con la divinità è il punto di partenza per una società che, seppur modernissima, assorbe e rielabora costantemente la tradizione».
[francesco cremonesi]
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