Da quel maledetto pomeriggio l’Italia piomberà nell’incubo degli “anni di piombo” del terrorismo che si sarebbero protratti per più di un decennio e si troverà in ginocchio dinanzi ad una serie di attentati senza soluzione di continuità. Lo scenario di quei giorni è a dir poco fluido: il Partito Comunista Italiano aveva fatto un gran balzo nelle elezioni legislative dell’anno precedente e il sistema di potere imperniato sulla Democrazia Cristiana iniziava a scricchiolare. Gli Usa erano ”impantanati” nella guerra del Vietnam con pesanti ripercussioni interne, mentre l’Urss reprimeva nel sangue le manifestazioni di dissenso scoppiate in Cecoslovacchia, mostrando il volto più truce del regime comunista. Eventi che, come si ricorderà, contribuirono a far salire la tensione ben oltre i livelli di guardia.
Cerchiamo ora di ripercorrere le tappe di questa vicenda che ha segnato in maniera indelebile la storia del nostro Paese. Nei giorni successivi alla strage, solo a Milano, sono 84 le persone fermate tra anarchici, militanti di estrema sinistra e due appartenenti a formazioni di destra. Il primo ad essere convocato è proprio Giuseppe Pinelli. Dopo tre giorni di interrogatorio all’anarchico non viene contestato alcun capo di imputazione, ma comunque non viene rilasciato. Il 15 dicembre Pinelli muore in circostanze misteriose, volando da una finestra della Questura di Milano. Verranno istruiti processi nei confronti di alcuni funzionari di Polizia che si concluderanno con un nulla di fatto. Il prezzo più alto lo pagherà il commissario Luigi Calabresi, vittima della spirale di violenza innescata dalla morte di Pinelli.
Il primo processo per la strage della Banca Nazionale dell’Agricoltura inizia il 23 febbraio del 1972: i principali imputati sono due militanti del gruppo anarchico 22 marzo, Pietro Valpreda e Mario Merlino, che si scoprirà poi essere un infiltrato dei servizi segreti. Nel corso degli anni, accanto alla pista anarchica si fa strada l’ipotesi del coinvolgimento di gruppi neonazisti. Sotto la lente degli inquirenti finiscono in particolare Franco Freda e Giovanni Ventura. La farraginosa macchina della giustizia italiana “partorisce” finalmente una sentenza definitiva solo dopo il quinto processo contro i quattro, accusati a vario titolo di aver pianificato e realizzato la strage: tutti assolti.
Nel 1990 arriva la svolta nelle indagini: Delfo Zorzi, all’epoca dei fatti capo operativo della cellula veneta del gruppo di estrema destra Ordine Nuovo, si attribuisce la responsabilità di essere l’esecutore materiale dell’attentato. Il 1 luglio 2001 la Corte d’assise di Milano condanna all’ergastolo lo stesso Zorzi, fuggito in Giappone subito dopo la strage, Carlo Maria Maggi, capo di Ordine Nuovo in Triveneto, e Giancarlo Rognoni, leader del gruppo “La Fenice”. Ma sia la Corte d’assise d’appello di Milano che la Cassazione annullano le condanne perché «i tre non hanno commesso il fatto».
[pierfrancesco loreto]
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