MOSTRA A BRESCIA

Guareschi al “Bertoldo”, quando la risata è arte

“Oggi è morto uno scrittore che non è mai nato ”. Era il 22 luglio del 1968, l’Unità “celebrava “ così la scomparsa di Giovannino Guareschi, umorista del ‘900. A cento anni dalla nascita - 1 maggio 1908 - l’eco potrebbe essere rovesciata “allora nacque uno scrittore che non è mai morto” .
Con questa idea il comune di Brescia ha allestito nell’Auditorium di Santa Giulia, un’esposizione dedicata al periodo milanese dello scrittore: Giovannino Guareschi
al “Bertoldo”. Ridere delle dittature 1936-1943
. Settanta disegni originali, prelibatezze da collezionisti, che ripercorrono la storia della rivista meneghina.

Chiaro-scuri che emergono, ancora impertinenti, da cartoncini perfettamente conservati, un poco ingialliti ma gioviali. In qualche skizzo il tratto, sempre sicuro, è sottolineato dalla “biacca”. Sono immagini del novecento, vignette, strisce, caricature, in grado di fotografare la storia oltre la superficie. Di estorcere al Secolo Breve le sue contraddizioni e, contemporaneamente, piegare le labbra del lettore ad un sorriso, sempre consapevole, mai stereotipato, in un gioco comunicativo che a tratti rasenta la confidenza.


Sette anni che hanno riempito le pagine di un’enciclopedia ancora da sfogliare. Impressa di quell’ irresistibile umorismo che con vibranti guizzi ha scavalcato, senza mai inciampare, un intero secolo. E che ha saputo sbeffeggiare la resistibile dittatura del ventennio.
Al “Bertoldo” lo scrittore della Bassa parmense lavorò con passione, incrociando la propria arte con quella di altri grandi maestri del ‘900, da Mosca a Metz, da Molino e Angoletta al disegnatore del New Yorker Saul Steinberg. Fu proprio nella rivista milanese che imparò a miscelare lo zolfo al tritolo, affinando, sapiente artigiano, la pirotecnica della risata.
Un’esperienza che porterà con sé, di baracca in baracca, persino nel campo di concentrazione, dove fu prigioniero dal 1943 al 1945 per non aver aderito alla Repubblica sociale.

A quarant’ anni dalla morte, Guareschi resta una figura difficilmente imbrigliabile. Che rifiutò sempre di incurvarsi all’opportunismo del momento. Si scontrò con l’ottusità fascista ma fiutò anche il pericolo comunista. La sua matita vergò, distillandoli, i difetti di un’intera generazione e spesso, con astuzia, riuscì a eludere la censura mussoliniana. Oggi è uno degli scrittori italiani più letti al mondo e i suoi personaggi, da don Camillo al Crocifisso parlante, continuano a solleticare uno umor schietto, sanguigno, mai volgare. Che si riverbera di citazione in citazione, perfino nelle gag dei nostri comici-tv.


[ivica graziani]

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