COMUNITÁ SARDA

Da isolani a isolati

I 200 metri quadri con vista sul Duomo potrebbero avere i giorni contati per il centro sociale culturale sardo di Milano. Dopo la manifestazione dello scorso primo dicembre, associati, sostenitori e simpatizzanti hanno continuato a palesare il proprio dissenso nei confronti dell’ingiunzione di sfratto, arrivata dal comune del tutto inaspettatamente. Il centro sociale culturale sardo è presente nella storica sede milanese di via Ugo Foscolo fin dai primi anni Ottanta, paga regolarmente 80mila euro annui di affitto e finora ne ha spesi quasi 90mila per i lavori di ristrutturazione e manutenzione dei locali. E fin qui nulla lasciava presagire che il comune sarebbe arrivato a una decisione così radicale.

Nel 2001 è arrivata la firma del nuovo contratto che, dati alla mano, prevedeva un affitto di 396 euro al metro quadro e comprendeva la clausola del rifacimento della pavimentazione. Ed è proprio da questo che l’odissea ha avuto inizio: «Abbiamo affidato il lavoro a uno studio che a sua volta ha passato i documenti alla sovrintendenza, accumulando così ritardo – spiega la presidente Pierangela Abbis –. Secondo un altro studio, in realtà, i lavori non erano necessari. In questo modo si è innescato un processo di ritardo sui lavori e il comune ha deciso di intervenire. Così abbiamo perso il ricorso al Tar, anche se, in sostanza, i lavori sono stati effettuati».

Insomma, se prima il comune di Milano poteva appigliarsi al cavillo burocratico del mancato rispetto della clausola contrattuale, ora sembra proprio che questo sia un pretesto per sgomberare i locali di via Ugo Foscolo dall’invasore sardo. «È stata sicuramente una mossa strumentale – prosegue la Abbis –. Siamo stati ricevuti dal consiglio comunale e loro stessi hanno constatato che i lavori sono stati effettuati correttamente. Quindi teoricamente adesso non esiste una motivazione plausibile per il nostro sfratto». Secondo la presidente, dietro la volontà di allontanare il circolo dei sardi dall’area del centro ci sarebbero interessi di tipo economico: «Non sono d’accordo sul voler far diventare il centro di Milano un grande Mc Donald’s», dichiara Pierangela Abbis, che continua: «Il problema persiste anche perché il comune non ci ha dato un’alternativa e al momento non esiste un’altra sede; per questo non saremmo in grado di garantire una certa continuità lavorativa. Lavoriamo con istituzioni universitarie, culturali ed enti pubblici: non possiamo permetterci un blocco delle attività».

Sembra che la volontà di sgomberare la sede, resa celebre anche dal terrazzo ceduto a Mtv per le dirette della trasmissione Trl, sia stata motivata da qualcuno con l’intento di valorizzare le aree periferiche cittadine: «Ma noi siamo d’accordissimo con la volontà di far vivere le periferie - prosegue la Abbis -, anche trasferendo le sedi delle associazioni culturali. A Roma esiste un posto vicino a Villa Borghese dove riescono a convivere diverse realtà di questo tipo. E un progetto del genere sarebbe ideale anche per Milano, dove una certa vicinanza probabilmente gioverebbe anche a nuove sinergie tra associazioni».

Con 14mila emigrati, quella sarda è una delle comunità regionali più numerose a Milano. E il centro sociale culturale sardo promuove iniziative, convegni e occasioni di aggregazione regionale in città, dove potersi sentire “a casa”, almeno per qualche ora. Nonostante la situazione non sia delle migliori, Pierangela Abbis intravede un risvolto positivo dopo l’ultimo consiglio comunale: «Sono quantomeno ottimista dopo il consiglio della scorsa settimana. Ci hanno fatto intendere che ci sarà la possibilità di una mozione d’urgenza. Alla luce dei lavori fatti, si tenterà di ripartire da zero. E non è da escludere che si faccia un nuovo contratto, anche perché adesso non esiste una reale motivazione per farci andare via dalla nostra sede». In una realtà che continua a promuovere multiculturalismi e società multietniche, riconoscere un consistente multiregionalismo può rappresentare un punto di svolta verso una maggiore consapevolezza di sé e, soprattutto, dell’”altro”.


[roberto usai]

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