In realtà, l’opposizione conquista posti importanti, riuscendo a strappare al partito del presidente cinque stati, tre in più rispetto alle amministrative del 2004: Zulia, Nueva Esparta, Tàchira, Carabobo e Miranda. In queste zone si concentra la metà della popolazione del Paese, la maggior parte dell’industria petrolifera e il grosso delle attività industriali. Un brutto colpo per la compagine governativa, che si scopre meno gradita tra le fasce più ricche della nazione. Senza dubbio, però, il risultato che più fa scalpore è il trionfo dell’opposizione nella zona di Caracas. La capitale è divisa in cinque municipi ed è guidata da un alcalde mayor . Dopo queste elezioni, quattro dei cinque sindaci, insieme al “sindaco maggiore”, sono dell’opposizione. A Chavez rimane solo il municipio di Libertador.
Nonostante questi dati, Chavez ribadisce la netta vittoria del suo partito. E non a torto. Il partito socialista, infatti, si aggiudica il 77% delle preferenze, grazie a 1,5 milioni di voti in più rispetto agli avversari. La differenza c’è e si vede, ma il passo avanti compiuto dall’opposizione non lascia indifferente Chavez: «Come capo del governo e presidente del partito socialista unito, riconosco la sconfitta in alcuni stati e faccio i complimenti ai vincitori. A loro lancio un invito affinché mantengano un comportamento democratico. Eppure – continua il presidente – il voto è chiaro. Il Venezuela vuole continuare sulla strada del socialismo». Completamente opposta l’opinione di Teodoro Petkoff, direttore del giornale Tal Cual, dichiarato oppositore di Chavez: «I risultati di queste elezioni segnano la sconfitta della prepotenza, dell’arroganza della politica intesa come aggressione, insulto e offesa all’avversario».
Queste elezioni si ricorderanno anche per la massiccia partecipazione popolare. Secondo i dati ufficiali del Cne, Consiglio elettorale nazionale, si è recato alle urne il 65,45% degli aventi diritto al voto. Secondo Tibisay Lucena, presidente del Cne, questo è stato «il tasso di partecipazione a elezioni regionali più alto degli ultimi anni». Prevedibile la soddisfazione di Chavez di fronte a questi dati. Il comandante non si è lasciato sfuggire l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Questo è la vittoria della nostra democrazia, della costituzione. È un risultato storico e ratifica il grande trionfo del sistema politico che regna in Venezuela». Impossibile però dimenticare il comportamento non proprio corretto che Chavez ha tenuto durante la campagna elettorale. Il presidente, infatti, si è più volte rivolto al suo principale nemico Manuel Rosales minacciandolo di rinchiuderlo in carcere per una sospetta evasione fiscale. Inoltre, Chavez ha promosso come candidato per Carabobo, un presentatore di un programma televisivo il cui punto di forza era la denigrazione dell’avversario. Per concludere in bellezza, il presidente aveva promesso l’uso dell’esercito in caso di vittoria dell’opposizione a Carabobo. Accuse e minacce dimenticate una volta usciti i risultati definitivi.
E adesso cosa succederà? Gli avversari del governo temono un nuovo tentativo di Chavez di cambiare le regole del gioco e diventare così presidente a vita. Ora la costituzione consente la rielezione per un massimo di due mandati consecutivi, limite che Chavez ha già raggiunto. Il presidente ci aveva già tentato lo scorso anno, ma un referendum popolare aveva bloccato i suoi piani. Il capo del governo affronta di petto la questione assicurando di non voler riproporre una norma del genere, anche se il suo partito potrebbe riproporla nel 2009. «Anche se un emendamento del genere dovesse essere approvato dall’Assemblea nazionale – si è affrettato a dichiarare Chavez – il via libera definitivo dovrà essere sancito attraverso un nuovo referendum popolare». Di sicuro, comunque, il Partido socialista unido de Venezuela tenterà di far diventare il Paese uno stato sempre più socialista.
[daniela maggi]
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