Hillmeyer esordisce su Bush e sugli otto anni di mandato dell’ex presidente; non tace alcuni sentimenti tipicamente americani, e non tace nemmeno su come vengano recepiti dagli europei: «Sia in America che in Europa si parla moltissimo di cosa succederà dal 20 gennaio in poi (data di insediamento di Barak Obama, ndr) ma quasi nessuno si è fermato a riflettere sugli otto anni appena passati, bollandoli come negativi. L’amministrazione Bush si era provata, inizialmente, in un periodo in cui c’erano delle prospettive sul mondo diverse da quelle attuali: si avvertiva una maggiore fiducia e si era nel mezzo della bolla della new economy».
Il diplomatico statunitense, però, individua il momento dal quale tutto è cambiato, l’11 settembre. «Il senso di frustrazione degli americani, nel 2001, era altissimo: da una parte l’Onu non era efficace, dall’altra c’era una forte necessità di reagire all’attacco. Necessità non avvertita dall’Unione Europea. Ed è stato per questo che George Bush ha deciso di adottare delle azioni unilaterali». Chiusa la parentesi sul cambio al governo americano il console entra a gamba tesa sull’attuale nuovo gelo tra Usa e Russia sottolineando che «a tratti si avverte una nuova aria da guerra fredda. Ma dobbiamo ribaltare il punto di vista in quanto gli Stati Uniti non guardano più la Russia come un nemico. Mentre questa è rimasta negli ultimi 20 anni comunque guardinga. La Russia deve prendere una decisione netta: o integrarsi nella comunità delle nazioni democratiche o arroccarsi in una posizione isolata, forte delle sue risorse naturali ed energetiche». Dalla crisi energetica alla crisi economica il passo è breve. John Hillmeyer: «La vera guerra in corso al momento non si svolge ne in Iraq ne altrove. L’unico fronte attualmente impegnato in battaglia è quello economico: è la prima crisi mondiale di questa portata da quando esiste la storia dell’uomo. Io abbasserei le aspettative che gli europei hanno nei confronti degli Usa per quanto riguarda un loro intervento massiccio a livello globale per franare la caduta dei mercati. Essenzialmente perché si penserà sì a far fronte alla crisi, ma guardando innanzitutto l’interno del paese. Crisi dei prezzi, disoccupazione e produzione sono problemi che vanno risolti per prima per gli americani e solo il governo potrà pensare al resto del mondo. La crisi è stata causata da un eccesso di deregolamentazione e bisogna studiare per capirne i limiti».
E a uno uno studente, che si chiedeva come Ue ed Usa potessero agire assieme, Hillmeyer da il “la” per parlare dei rapporti politici tra la nazione americana, i singoli stati europei singolarmente prima e nel loro insieme poi: «Gli americani vorrebbero sempre che l’unione europea avesse una posizione comune. Non sapete quanto sia frustrante avere a che fare con 27 interlocutori che dicono cose diverse. La politica americana ha accolto piacevolmente sia la presa di posizione sulla questione georgiana che sulla risposta alla crisi economica. È sempre meglio avere un unico interlocutore forte con cui dialogare, senza dimenticare che agli americani piace mantenere la propria leadership sul mondo».
[raffaele buscemi]
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