Dall’orizzonte spunta un treno residuato delle ferrovie sovietiche che ferma anche nelle stazioni più improbabili: altro che Perestrojka, impossibile perderlo. Non è difficile salirvi, i più sono caduti sulla banchina sotto i primi colpi del nemico e già si affidano all’automobile. Grave errore tattico: in direzione di Milano ci sono code apocalittiche su ogni strada; vorrebbe dire festeggiare la vigilia di Natale al semaforo in fondo a viale Forlanini.
Dopo un’ora di sinistri rumori di sferragliamento e odore di plastica bruciata, il pendolare giunge nella metropoli, ma per lui i guai sono solo appena iniziati. Il drappello scende dal treno e si fionda giù per le scale della metropolitana come fosse la ciurma dei pirati di Mompracem, ma si deve scontrare con la saracinesca abbassata all’ultimo secondo dal dipendente Atm in sciopero. Non c’è Sandokan che tenga: altre urla, parolacce e calci. Lo sciopero miete altre vittime. Chi può permetterselo, si mette in coda per un taxi. L’attesa per un’auto si calcola in ore. Non resta che iniziare a camminare per raggiungere l’ufficio. Ormai le cravatte sono allentate, le signore maledicono i tacchi tanto agognati e gli studenti sperano che il vicino firmi per loro all’inizio del corso con obbligo di frequenza. Nessuno in realtà conosce precisamente la strada da percorrere per giungere in università o in ufficio, ma la fiumana di combattenti è pilotata dal fiuto dei grandi navigatori. Si potrà anche circumnavigare isolati come trottole, ma alla fine la strada si trova. Dopotutto c’è un po’ di Cristoforo Colombo e Magellano in tutti noi. Si dice anche che qualche fortunato sia riuscito a ottenere un passaggio da un’auto ferma al semaforo: leggenda o verità? Poco importa, bisogna camminare alla svelta. Alla fine, di arrivare, si arriva: in ritardo, però, e come reduci del Vietnam. Peccato che ci siano ancora 8 ore di lavoro e un futuro incerto sugli orari a cui bisognerà sottostare per ritornare a casa.
La “condanna” dello sciopero dei mezzi è estenuante. Ormai il pendolare veterano medio non conta più le volte che ha affrontato questo nemico. Ma un interrogativo rimane ancora irrisolto: perché? Dato che il popolo di chi paga le spese è enorme e variegato, ci si faccia il piacere di sapere per quale causa stiamo sacrificando il nostro diritto a giungere a destinazione. Perché, con uno sciopero al mese, anche il fronte delle motivazioni plausibili potrebbe non convincerci più.
[francesco cremonesi]
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