Sandro Antoniazzi è stato per anni al vertice della Cisl della Lombardia ed è ancora molto legato ai valori sindacali. «Bisogna credere ai sondaggi, ma fino a un certo punto, anche perché non si sa mai quanto rappresentativo possa essere il campione intervistato». Le interviste sono state fatte su domande preconfezionate? Sono state domande “volanti”, fatte di corsa a persone che non vedevano l’ora di liberarsi dell’interrogante? «Quel che è certo è che i lavoratori continuano a iscriversi al sindacato, in Cisl ci sono tre milioni e mezzo di iscritti». Il parere del professor Antoniazzi è che gli italiani sanno benissimo che il sindacato è molto importante. Purtroppo non funziona bene, e per questo si lamentano. Ma un motivo c’è: per i sindacati confederali è un momento difficile perché l’Italia non attira cambiamenti, le parti sociali non hanno più il peso di una volta nella contrattazione e nella società e la globalizzazione e la crisi finanziaria degli scorsi giorni non hanno fatto altro che peggiorare la situazione. «Il problema vero è che ci si è dimenticati del valore e della centralità sociale del lavoro, sia in politica che in sociologia. Baumann ha recentemente affermato che il secolo del lavoro è stato il Novecento, mentre questo secolo è quello del consumo. In uno scenario del genere è difficile trovare un ruolo attivo e propositivo per il sindacato».
Per le associazioni dei lavoratori è finita un’epoca e bisogna ricostruire. La soluzione alla crisi passa per una nuova partenza dalla base; obiettivo: ristabilire il rapporto di fiducia con i lavoratori. Antoniazzi: «Una volta, per prendere delle decisioni importanti, i sindacati locali si riunivano e si confrontavano; ora le decisioni vengono prese dalla dirigenza che appare lontana dai problemi veri dei lavoratori. Gli iscritti al sindacato pensano che le idee di una sigla sindacale siano quelle dei singoli segretari, spesso esposte malamente durante programmi televisivi che non lasciano spazio al confronto». La soluzione, insomma, passa per le fabbriche e per la ricostruzione di relazioni personali con gli interessati. I sindacalisti devono imparare a conoscere i veri problemi di ogni realtà con la quale si confrontano. «È ora che tutti, specialmente i lavoratori, tornino a pensare al lavoro e non si occupino dei giochini di borsa».
Anche il professor Sergio Zaninelli, docente di storia economica, studioso di storia dei sindacati e rettore, fino al 2002, dell’Università Cattolica di Milano, crede solo in parte al sondaggio. «Non mi sembra corretta la formulazione del quesito – afferma zaninelli -. È stato chiesto al campione del sondgagio se il sindacato sia un ostacolo per lo sviluppo. Ma qual è l’idea di sviluppo di cui si discute? Non c’è, perché la società italiana non ha un progetto di sviluppo». La caduta di fiducia nel sindacato era prevedibile, ma era stata sinora tenuta nascosta. La vera crisi, infatti, è una crisi motivazionale. Dice Zaninelli: «Una volta la motivazione d’adesione al sindacato era, da un lato, di tipo ideologico, dall’altro di tipo tutelare. L’adesione ideologica al sindacato è calata, ma è ancora viva, come dimostrano i risultati del sondaggio. Invece, la sensazione che il sindacato offra una efficace tutela nel mondo del lavoro è andata via via svanendo». Per la sopravvivenza del sindacato è indispensabile rinnovarsi, senza però dimenticare le radici dell’esperienza sindacale. «Il sindacato ha due componenti, una di piazza, che ha sempre un seguito molto ampio, una associativa, che ha un progetto e una prospettiva. Spesso si tende a confondere le due componenti. Il sindacato interessava perché proponeva un’idea diversa di sviluppo».
Zaninelli ipotizza che la risposta degli intervistati al sondaggio sia stata determinata dalle posizioni del sindacato su Alitalia, una linea dura scelta a fronte di una proposta senza uno sviluppo sicuro. E prova a lanciare una soluzione: «È necessario che il sindacato si rinnovi riprendendo la lezione di Romani e Pastore, che negli anni Sessanta rinnovarono la Cisl con le loro idee, senza perdere la fiducia nell’importanza del sindacato. In realtà, non se ne può fare a meno».
[alessia scurati]
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