Oggi in Italia una vittima su quattro è un utente di due ruote a motore - 1159 su 5669, dati Istat 2006 - e l’elevata mortalità sulle strade, oltre che in termini umani, costa al Belpaese ben 30 miliardi di euro, somma che potrebbe essere investita per ammodernare i dispositivi stradali. Claudio De Viti, responsabile del settore moto dell’Ancma: «Purtroppo la normativa En1317, quella che regola l’adeguamento delle barriere stradali, non prevede la verifica secondo gli impatti più frequenti dei motocicli. Ad Anagni si testano gli impatti dei veicoli leggeri e pesanti, ma l’impatto di un centauro con una barriera di sicurezza non progettata produce spesso effetti devastanti».
L’obiettivo, da raggiungere magari entro la fine del 2008, è quello di adeguarsi alla Spagna che ha già emanato una normativa nazionale per l’esecuzione di prove d’impatto per i mezzi a due ruote. Altre indicazioni interessanti sono emerse dall’intervento di Eleonora Cesarini, responsabile del settore ricerca Anas. «Purtroppo gli ultimi dati ci dicono che si muore in città, per una precedenza non rispettata o un sorpasso azzardato. La nostra azienda ha istituito un’unità specifica di ricerca e innovazione su richiesta del ministero delle Infrastrutture con il compito di migliorare la sicurezza, attiva e passiva, sulle nostra strade». Qual è il profilo che emerge da questi dati? L’Italia, seppur in ritardo rispetto ad altre realtà europee, non è del tutto ferma sul tema della sicurezza stradale. Dal 2003 i motocicli hanno un sistema di accensione automatica delle luci, mentre nel 2008, in dodici città italiane, sono stati effettuati corsi di guida con le scuole per i più giovani.
[fabio di todaro]
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