ORDINANZE ANTI-DEGRADO

A Milano scattano i divieti

Saranno esecutivi da subito i provvedimenti in materia di degrado e sicurezza adottati nei giorni scorsi dal sindaco di Milano, Letizia Moratti. Si tratta di sei ordinanze firmate in conformità alle indicazioni espresse nel cosiddetto decreto Maroni dello scorso maggio. Un testo che, come si ricorderà, attribuisce ai sindaci maggiori poteri oltre a quelli già previsti dal testo unico sugli enti locali del 2000. Le disposizioni del primo cittadino del capoluogo lombardo riguardano chi si prostituisce in luogo pubblico, clienti compresi, chi compra ,vende o consuma sostanze stupefacenti in luogo pubblico, chi fa accattonaggio molesto (previsto il sequestro dell’elemosina), chi scarabocchia muri pubblici e privati (i cosiddetti writers) e, infine, i consumatori di bevande alcoliche in luogo aperto.

Le multe scattano da subito. A dir poco salate: 500 euro con uno “sconto” di 50 euro se si paga entro i primi cinque giorni dall’illecito. In caso di responsabilità da parte di minori, la sanzione verrà notificata ai genitori o a chi ne detiene la patria potestà. Ad occuparsi del controllo non saranno solo i 3.000 vigili urbani ma anche 7.000 tra poliziotti, carabinieri e uomini della guardia di Finanza di stanza a Milano. Previsti, inoltre, 3 milioni di euro per programmi di prevenzione, sostegno e recupero dei trasgressori. «Siamo la prima città in Italia, ha affermato la Moratti, ad emettere le ordinanze sulla sicurezza unite a interventi di prevenzione, sostegno e di recupero sociale». Ma le polemiche impazzano: c’ è chi parla di “fumo negli occhi”, chi di provvedimenti presi senza il coinvolgimento dei consiglieri comunali, chi di frizioni che sarebbero emerse anche in giunta.

Sulla questione abbiamo sentito Giangiacomo Schiavi, giornalista del Corriere della Sera., curatore della rubrica Il caso del giorno sul quotidiano di via Solferino. «Guido Vergani si sarebbe sottratto al ping-pong di questi giorni sui favorevoli o contrari al pacchetto per evitare inutili polveroni, ma avrebbe valutato singolarmente e nello specifico le singole ordinanze», dice Schiavi citando il “milanese” per antonomasia, scomparso nel 2005. «Avrebbe chiesto di trovare soluzioni il più possibile condivise nel rispetto di una battaglia di civiltà, educazione e senso civico che ne ha sempre contraddistinto la carriera». Lo stesso Schiavi preferisce analizzare nel dettaglio le singole disposizioni adottate da Letizia Moratti. «Sull’ordinanza che riguarda muri e writers, andrebbero fatti dei distinguo: gli imbrattata menti dei muri sono meri atti vandalici e come tali vanno puniti; i graffiti, invece, meritano attenzione, rappresentano una forma di cultura alternativa che può presentare aspetti positivi». Quanto alla lotta alla droga, il giornalista del più diffuso quotidiano nazionale sostiene che «è assolutamente condivisibile, ma occorrerebbe maggiore attenzione sugli spinelli, propedeutici all’utilizzo di droghe più pesanti ma troppo spesso considerati innocui». L’ordinanza contro la prostituzione è «importante per alcune zone di Milano che si trovano a dover fronteggiare quotidianamente questa emergenza. Lo stesso dicasi per le disposizioni riguardanti il consumo di alcool in luogo pubblico». Schiavi ha le idee molto chiare anche sul provvedimento anti-accattonaggio molesto, definito «demagogico, velleitario, adottato allo scopo di mostrare un volto di Milano truce, poliziesco e muscolare, diverso da ciò che questa città è realmente» Un atto che, a suo dire, contraddice l’immagine di una città come Milano da sempre «aperta e pronta ad offrire a tutti un letto per dormire e un piatto per mangiare».

Le difficoltà con cui i milanesi si confrontano ogni giorno non si esauriscono però nelle tematiche affrontate dalle sei ordinanze. Ci sono problemi assolutamente di prim’ordine «come le difficoltà nelle infrastrutture, il disagio e la solitudine soprattutto nelle periferie, le carenze educative e culturali», aggiunge Schiavi. Il giornalista del Corriere formula anche una speranza: «Che Milano sia una città per tutti, una città per noi che la viviamo, amica e declinata al plurale».


[pierfrancesco loreto]

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