DIPENDENTI PUBBLICI

Col sorriso sulle pratiche

Verrebbe da sintetizzare con un’emoticon-smorfia il parere degli esperti sulla singolare idea di Renato Brunetta. Ma forse c’è poco da fare ironia. Perché è proprio questo il punto: la proposta del ministro della Funzione pubblica di usare le faccine utilizzate in sms o messenger, per valutare i dipendenti pubblici, dà la sensazione di aver intrapreso una via poco seria per risolvere un annoso problema dei servizi statali: la mancanza di una verifica circa la qualità delle amministrazioni pubbliche, che misuri il grado di soddisfazione dei cittadini utenti. La questione tocca la quotidianità di tutti: come creare una linea diretta fra cittadino e servizio, garantendo trasparenza ed efficienza? In che modo si può evitare che il malcontento, relativo ad un’eventuale disfunzione, finisca in un magma indistinto di lettere di lamentela? O di questionari la cui funzione non è chiara a nessuno? O in chiacchiere da treno o da bar?


Brunetta sfila gli “smiley” dalla manica e spiega che il sistema è già in uso in Cina. Per capirci: il Ministro propone di dare agli utenti uno strumento per valutare in tempo reale non solo un servizio, ma direttamente un dipendente statale. :-) giudizio positivo, :-( giudizio negativo, :-I, giudizio perplesso. Brunetta immagina dunque un grande database che contenga tutte le faccine, in modo da premiare chi colleziona sorrisi e intervenire anche in termini di retribuzione dove siano prevalenti le valutazioni negative.

La proposta, però, solleva più d’una critica. «Si tratta di uno strumento troppo, troppo potente in mano agli utenti – spiega Carlo Dell’Aringa, ex presidente dell’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, una sorta di Confindustra dell’impiego pubblico) -: stiamo parlando di andare ad incidere direttamente sulla retribuzione dei cittadini. Come possiamo stabilire un giudizio sia fondato? Cosa succede quando un dipendente entra in altre dinamiche, anche solo semplicemente di antipatie? In che modo, con questo sistema, possiamo stabilire l’attendibilità di chi sta valutando e soprattutto perché?».
Vincenzo Ferrante, docente di Diritto della previdenza e di Diritto sindacale dell’Università Cattolica, parla di un nodo che va cercato a monte: «Come si fa a pretendere che i dipendenti statali siano efficienti con quegli stipendi?». Tornando però sul tema del filo diretto fra servizio e cittadino, Ferrante auspicherebbe un primo passo che veda il reperimento di fondi per risarcire concretamente chi subisce danni dalla Pubblica amministrazione. Bisognerebbe poi creare un’apposita commissione che stabilisca dei criteri condivisi di valutazione, con indici molto complessi, «ben diversi da una faccina sorridente, da asilo infantile», commenta criticamente il professore.

Sull’importanza di affinare le procedure di valutazione di un servizio interviene anche Matteo Corti, docente di Diritto del lavoro in Cattolica: «La strada è questa, ma non può essere fatta in maniera così grossolana e folkloristica. Si può pensare a dei questionari più semplici, magari a risposta chiusa; oppure a dei controlli a campione sulla base di criteri minuziosamente stabiliti. La verità, però, è che gli strumenti per intervenire ci sono già: un apposito comitato per la valutazione esiste. Bisogna solo che ci sia la volontà politica per metterlo realmente in funzione».


[tiziana de giorgio]

Nessun commento:

Posta un commento

Commenta questo articolo