INFORMAZIONE

Il sorriso che salva la notizia

Leggere un quotidiano e cadere in depressione, piuttosto che sedersi davanti al tg e ritrovarsi come pessimisti cosmici di leopardiana memoria. Il modo di fare informazione può influenzare l’animo delle persone e quello di un Paese che si vuole vitale? A quanto pare non è così scontato che comunicazione e ottimismo debbano essere strettamente legati l’uno all’altro, eppure a settori del mondo politico sembra che questo legame debba essere più saldo che mai. Berlusconi in primis non ha dubbi sul ruolo “rassicurante” che l’informazione deve giocare nella società, così come il senatore Marcello Dell’Utri non ha avuto esitazioni nel criticare aspramente i volti “dark” di RaiTre.

«Chi conduce un telegiornale ha un approccio molto personale alla notizia, ognuno ha un proprio stile e modo di porsi – spiega Paolo Pardini, giornalista e conduttore del tg3 -. Ci possono essere colleghi più solari o più dark, ma sono caratteristiche naturali delle singole persone che ricalcano i singoli stili di vita. La gente mi ferma per strada e mi dice che rido sempre. Ma è naturale, io sono così nella vita di tutti i giorni e lo stesso atteggiamento lo trasmetto durante la conduzione. Personalmente non credo molto nel tg rassicurante, quello che conta è dire la verità, però è anche vero che nel notiziario bisogna sorridere perché al suo interno c’è la vita, fatta di buone e cattive notizie».

La diatriba sull’ottimismo nell’informazione potrebbe però portare giornalisti e operatori verso terreni insidiosi e qualche volta fuorvianti: «Ottimismo e pessimismo non devono avere nulla a che vedere con le notizie. Sono veri e propri concetti deformanti. – spiega l’ex presidente della Rai, l’onorevole Roberto Zaccaria – Questo problema non sarebbe nemmeno da porsi, perché al giornalista spetta il compito di comunicare notizie in modo chiaro e sintetico e semmai quello di commentarle in maniera autorevole. Dal mio punto di vista, ottimismo e pessimismo sono parole che non devono appartenere al vocabolario di un giornalista».

Tuttavia, soprattutto in ambito comunicativo, l’abito aiuta a fare il monaco. Oltre alla sfera puramente contenutistica della notizia, a completare il messaggio concorrono innumerevoli fattori che condizionano il significato di quanto viene veicolato. Come diceva lo psicologo Paul Watzlawick, anche nel silenzio c’è comunicazione: «È evidente che il tono fa la musica. – spiega Giorgio Simonelli, docente di Giornalismo radiofonico e televisivo all’Università Cattolica del Sacro cuore di Milano – Ovvero, sono innumerevoli i fattori fondamentali nella costruzione di una notizia. L’interno dello studio, l’abbigliamento e la mimica hanno un valore comparabile a quello concettuale. Spesso le analisi che vengono condotte sui telegiornali prediligono la quantità sulla qualità delle notizie, i contenuti sugli elementi significanti. Si sacrifica cioè il “come” per il “cosa” e questo è sbagliato. Tuttavia alle persone bisogna raccontare le cose come stanno, premesso che tale operazione prevede un’interpretazione della realtà da parte di un giornalista e in questo senso credo che parlare di pessimismo e ottimismo sia un procedimento artificiale. Sicuramente ci sono notizie che influiscono sulla vita delle persone, penso all’economia, ed è chiaro che i toni divengano grigi, ma allo stesso tempo è bastata l’elezione di un presidente americano che ha segnato un punto di rottura per riempire le persone di speranza».


[francesco cremonesi]

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