DECRETO FLUSSI

Cgil Lombardia contro lo stop agli immigrati

Il decreto flussi 2008 per l’ingresso di 170.000 immigrati sta per essere approvato dal Governo. Sul campo resta tuttavia la polemica suscitata dall’idea della Lega Nord di bloccare per due anni gli arrivi degli extracomunitari. La proposta, respinta dalla Fiom, è stata appoggiata dal ministro dell’Interno Roberto Maroni ed è piaciuta anche al segretario della Cgil di Treviso, Paolino Barbiero. In tempi di crisi, il provvedimento servirebbe a riassorbire i disoccupati, italiani e stranieri, già presenti in Italia: il 5,6% del totale, il 6,2% degli immigrati nel 2007.

Nel 2008 in Veneto la crisi si è fatta sentire con un aumento da 11.035 lavoratori in mobilità a 13.243, di cui un quinto immigrati. Tuttavia, il responsabile del dipartimento immigrazione della Cgil lombarda, Giorgio Roversi, commenta: «Sarebbe inopportuna una gestione regionale dell’immigrazione. I lavoratori stranieri si spostano molto e le regioni contribuiscono a definire il fabbisogno nazionale di manodopera». E sul blocco: «Siamo assolutamente contrari, farebbe solo aumentare gli irregolari, il lavoro nero e la necessità di sanatorie. Già ora l’80% degli stranieri passa dall’irregolarità». Proprio il segretario Cgil Guglielmo Epifani aveva proposto la sospensione della Bossi-Fini, vista come una legge che crea clandestinità. Una volta perso il lavoro infatti, l’immigrato ha sei mesi per trovare un’altra occupazione, prima che scada il permesso di soggiorno. Roversi propone allora di «concedere un anno di soggiorno a chiunque voglia cercare in Italia lavoro o un’esperienza di formazione. Così l’immigrato si registra al confine, non paga le mafie dell’immigrazione, dichiara la residenza e finalmente non ha più paura delle istituzioni».

Ad ogni modo, se la moratoria di due anni ci sarà, potrà iniziare solo dal 2009. Al momento non si può prescindere dal fatto che, secondo i dati dell’Eures, i lavoratori stranieri in Italia sono oltre 2,5 milioni, il cui contributo è pari al 9,2% del Pil, ovvero 122 miliardi di euro. Svolgono spesso lavori abbandonati dagli italiani e hanno ampie presenze in agricoltura (20,9%), nell’alberghiero (20,9%) e nell’edilizia (19,7%). Si tratta comunque di valori medi, visto che in molte Casse edili il numero di iscritti stranieri raggiunge il 40% del totale. Secondo l’Associazione nazionale dei costruttori edili della Lombardia, con il calo di produzione l’acquisizione di lavoratori comuni è destinata a ridimensionarsi: serviranno più specializzati. Vista la situazione Maurizio Bovo, responsabile per le politiche dell’immigrazione della Cisl di Milano, dice: «Il decreto flussi oggi potrebbe tutelare solo i lavoratori specializzati e ad alto livello tecnico, che sono meno numerosi». Solo l’11,4% degli stranieri svolge lavori impiegatizi, tecnici o direttivi. Bovo ne ha anche per il decreto flussi: «È una mascherata per regolarizzare gli immigrati già sul territorio e soprattutto è uno strumento scomodo e costoso, perché impone che il lavoratore richiesto si trovi all’estero». Ma non basta. Per Bovo, al danno si aggiunge anche la beffa: «Basti pensare al costo del biglietto aereo andata e ritorno per il paese di origine; il rischio al rientro di essere espulsi sul confine e la perdita di un mese di lavoro, rimpiazzato spesso con un altro lavoratore in nero». L’idea di un blocco degli ingressi è quindi come il fumo negli occhi: «Non bisogna bloccare gli ingressi, né spingere verso una irregolarità di ritorno, ma normalizzare i casi difficili».

Il decreto all’esame del Governo prevede l’ingresso di 120.000 colf escluse dalla graduatoria del click day del 18 dicembre scorso, la giornata indetta dal ministero dell’Interno per l’invio delle domande di assunzione. Le badanti straniere rappresentano il 67,4% del totale e sono un aiuto fondamentale per molte donne italiane. Luigi Carriero, presidente dell’Associazione datori di lavoro domestico afferma: «Al momento niente è deciso e non sappiamo come muoverci, ma l’importante è che non rimandino tutti in patria per poi farli tornare qua». Se tutto dovesse andare in porto, molte famiglie italiane tirerebbero un sospiro di sollievo.


[daniele monaco]

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