ARTE IN MOSTRA

Caravaggio, il mistero delle Conversioni

Questa non è Damasco. È Milano, con tanto di gonfalone, e con un santo, Ambrogio, a rappresentare la città ospite. Ma La conversione di Saulo del Caravaggio folgora lo stesso chi passa dalle vie del centro. E qui, nel salone Alessi di Palazzo Marino, dopo un accurato restauro, è in mostra la pala di Michelangelo Merisi, grazie anche al patrocinio dall’Eni.

La storia della pala è nota: di proprietà della famiglia Odescalchi, venne commissionata a Caravaggio nel 1570 da Tiberio Cerasi per decorare la cappella di famiglia a Santa Maria del Popolo a Roma, dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Cerasi, però, morirà pochi mesi dopo. Caravaggio, nel frattempo, aveva consegnato due tele: La crocifissione di San Pietro e La conversione di San Paolo. Ma la pala de La conversione di Saulo, destinata a Santa Maria del Popolo, e commissionata dal Cerasi, in quella chiesa non arriverà mai. Le cause del cambio non sono note e le ipotesi si sprecano. Quel che è certo è che, dopo essere passata dalle mani della nobiltà di mezza Europa, la pala entra in possesso della famiglia Odescalchi che la possiede tuttora.

Il Saulo di questa pala è un uomo adulto, al contrario del giovane Paolo protagonista della tela di Santa Maria del Popolo. Nell’angolo in alto a destra un angelo sostiene con le braccia Gesù a braccia aperte nell’atto di ricevere Saulo a sé. Questi due personaggi sono assenti nell’edizione della tela romana dedicata al santo. La scena centrale è occupata da un vecchio soldato che cerca di scacciare con la sua lancia la fonte del turbamento di Saulo, mentre sullo sfondo un cavallo bianco scarta violentemente. Nella tela di Santa Maria del Popolo, invece, un servo disarmato che sembra disinteressarsi dell’azione tiene le redini di un tranquillo cavallo baio a disarcionamento ormai avvenuto. Questo è un Caravaggio dalle influenze fiamminghe e leonardesche per la calligrafia nella pittura di armi e decorazioni, e per l’attenzione al paesaggio naturale. Dal raffronto generale, però, l’atmosfera del dipinto è distante dalle opere esposte a Roma soprattutto per i colori vivaci, che richiamano alcuni dipinti della prima fase della pittura del Merisi, come I bari o La buona ventura. Le due tele di Santa Maria del Popolo, invece, rappresentano appieno lo stile caravaggesco, fatto di scarna essenzialità e di colori scuri. Un processo del tutto simile porterà alla rielaborazione della Cena in Emmaus, di cui la prima versione datata 1601, più colorata e meno drammatica, nel 2009 verrà prestata dalla National Gallery di Londra, dov’è esposta, alla Pinacoteca di Brera per essere accostata alla sorella, La cena in Emmaus del 1607.

In questa tourneè milanese, la pala viene esposta in una teca di cristallo che la protegge e permette una perfetta illuminazione. Questa sistemazione, tra l’altro, permette ai visitatori di ammirare il supporto in cipresso realizzato da alcuni artigiani romani nel diciassettesimo secolo per il dipinto del Merisi. Il primo fine settimana della mostra è stato fulminante: code all’ingresso (libero), molti turisti, molte scolaresche, pochi milanesi. E, passata la tempesta dei primi giorni, si spera che il fuoco dell’arte attecchisca in questa città. Magari accendendo l’attenzione sulla Cena in Emmaus, attesa tra qualche mese, a Brera.


[alessia scurati]

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