LAVORO

«Siamo in 200, 9 su 10 sono stranieri»

Via Volturno, viale Zara e l’interminabile viale Fulvio Testi da mesi sono percorse da un lungo serpentone arancione. Nell’aprile 2012 il colore delle recinzioni che circondano i cantieri si trasformerà in magenta. Sarà il colore della linea 5 della metropolitana di Milano. Sei chilometri di tracciato che lungo l'asse stradale Zara-Testi collegherà, con nove fermate, la stazione Garibaldi con Bignami. Questo quello che sarà. Adesso ci sono solo recinzioni, ruspe e tanti operai.
Sono le sei del pomeriggio quando ne avviciniamo due. Uno sulla cinquantina, l'altro leggermente più giovane. A parlare è soprattutto il primo. Il tono è quello di chi ne ha viste tante e forse non ha più molto da perdere. Il suo volto è il ritratto del disincanto. La rassegnazione di chi è insoddisfatto del proprio lavoro consapevole però che c'è chi se la passa decisamente peggio.
In fondo, ci spiega, «non c’è tanto da lamentarsi. I contratti sono regolari e i controlli sulla sicurezza non mancano, anzi forse sono pure troppi». Come gran parte degli altri operai che vivono lontano da qui, abita per 15 giorni al campo base del cantiere, in via Racconigi. Torna a casa solo per tre giorni. Poi, altre due settimane fra le ruspe. Italiani ma soprattutto stranieri. In un cantiere immenso che fa da siepe col mondo esterno, da pane per mangiare, da letto per dormire.
Che è una casa a tutti gli effetti, quando la vera casa è già lontana.
Sono in duecento, secondo lui, la maggior parte dei quali stranieri «soprattutto slavi e maghrebini, sono un buon 90% » prova ad azzardare. Una stima precisa del resto non la si può dare, l'addetto al personale della società che si occupa dei cantieri, la Garbi, da noi interpellato taglia corto: «Gli operai sono assunti regolarmente secondo il contratto nazionale degli edili. Sono di nazionalità italiana e non». Di più non è dato sapere.
La fiducia nel sindacato è ai minimi storici: «Pensano solo ai fatti loro. Io sono stato iscritto sia alla Cisl che alla Cgil ma sono rimasto deluso da entrambe».
Per la realizzazione della nuova metropolitana il Comune di Milano,che nelle intenzioni dei progettisti dovrebbe estendersi fino a Monza e San Siro, ha affidato i lavori a una società nata ad hoc: la Metro5 Spa. Un cartello di imprese formato da Astaldi, Ansaldo Sistemi, Ansaldo Breda, Alstom, Atm e Torno. La prima azienda si occuperà dell’armamento, la seconda dell’automazione e del materiale rotabile, mentre alle altre sarà affidata la costruzione dei veicoli (Ansaldo Breda), l’elettrificazione (Alstom) e gli scavi (Torno).
Il costo dell’operazione, secondo i dati forniti da Metro5, è pari a 554 milioni di euro coperti per il 59% da contributi pubblici, per il 34% da finanziamenti bancari e per il 7% dai capitali privati dei soci. Gli investitori hanno già calcolato anche il ritorno economico. I ricavi che la linea 5 della Metro garantirà saranno infatti pari a 724 milioni di euro, provenienti dalle tasche dei 22,5 milioni di passeggeri che, secondo le previsioni, ogni anno utilizzeranno i convogli.
Metro 5 non è però solo un progetto che coinvolge le sei aziende citate. I lavori sono infatti subappaltati a numerose ditte che a loro volta smistano il lavoro ad altre imprese. Praticamente, una matrioska. Un rischio per la trasparenza e la regolarità dei lavori? Metro5, attraverso l’ingegnere Ildefonso Siliconi, rassicura e spiega: «In un grande progetto come questo è naturale che ci sia una redistribuzione degli incarichi. Soprattutto perché si tratta di lavori che vanno a toccare campi diversi fra loro, come quello puramente tecnologico. Va detto, però che ogni subappalto viene monitorato e controllato».

[luca aprea e alberto tundo]

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