EXPO

Sì al verde, no alle cattedrali nel deserto

«Oggi ero al bar con un amico. A un certo punto è entrato un egiziano, probabilmente in amicizia col proprietario, e col sorriso sulle labbra ha chiesto di poter leggere il giornale. “Expo expo – diceva -. Tanto lavoro per tutti. Anche per me”. Non c’era verso di farlo smettere di sorridere, di essere felice». Ma per un egiziano che gioisce c’è un italiano che rimane perplesso. Enrico Prevedello, docente di Pianificazione delle infrastrutture al Politecnico di Milano, è l’uomo che stamattina era allo stesso bar a prendersi un caffè e teme che l’Expo 2015 possa tradire le attese di molti.

«Pensiamo ai Mondiali ’90 – dice –. In eredità ci hanno lasciato alberghi mai completati, che ora giacciono come ruderi alle porte di Milano. Oppure ricordiamoci degli investimenti stanziati per il Giubileo del 2000: la Casa del pellegrino, un edificio costruito in Bovisa per ospitare i fedeli che da Milano viaggiavano verso Roma, è oggi una gigantesca struttura d’acciaio arrugginita». Attenzione dunque agli entusiasmi: bisogna puntare sulla costruzione di opere di cui Milano ha un reale bisogno, come edifici pubblici (piscine, palazzi dell’arte e auditorium) che siano di interesse collettivo. È uno sbaglio secondo il professore puntare tutto sui grattacieli, perché così Milano rischierebbe di fare concorrenza a città come Shangai, quando è invece a città come Lione, Monaco o Parigi a cui si dovrebbe guardare. Ma soprattutto Milano ha bisogno di verde urbano.
A tal proposito, il responsabile della sezione Lombardia di Aiap (Associazione italiana architetti del paesaggio), Paolo Villa, giudica positivamente il piano “Raggi verdi”, il progetto promosso dal Comune di Milano che prevede la realizzazione di otto raggi di verde, che partendo dal centro della città portano ai grandi parchi della cintura milanese. Questo dovrebbe rendere la città più vivibile e meno schiava dell’auto. Per quanto riguarda gli altri progetti in cantiere sulle aree verdi, il paesaggista appare scettico. Si parla tanto ultimamente dell’area City Life, l’ex quartiere fieristico della città che si prepara ad essere radicalmente trasformato, ma Villa mette in guardia: «Su 255mila metri quadrati dell’area City Life, lo spazio dedicato al verde è di appena la metà. Mentre esistono già spazi verdi come il Bosco in città o parco Cerba che constano rispettivamente di 50 e 31 ettari, ma non sono minimamente pubblicizzati».
Un progetto alternativo per l’area City Life è stato presentato dall’architetto Giuseppe Boatti, docente del Politecnico, che vorrebbe lasciare il parco e i giardini all’esterno, verso la città, in modo che siano facilmente accessibili a tutti e non solo ai privilegiati che potranno permettersi un appartamento nel quartiere. Solo in questo modo, spiega Boatti, sarebbe possibile avere un’urbanizzazione meno egoistica, che di fatto favorisce gli interessi degli immobiliaristi anziché dei milanesi.


[beatrice scardi barducci]

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