NARRATIVA SPAGNOLA

Il lato oscuro di Virginia Woolf

Dalla Spagna all’Italia, dalla narrativa al palcoscenico: è il percorso di Una stanza tutta per gli altri, uno dei libri di maggior successo della scrittrice spagnola Alicia Giménez Bartlett. Il romanzo, pubblicato nel 2003, è diventato ora uno spettacolo teatrale e, ribattezzato Le serve di Virginia, è approdato sul palcoscenico milanese del teatro Verdi. In questo testo la Bartlett, nota ai lettori italiani soprattutto per la serie di romanzi polizieschi che hanno come protagonista la detective Petra Delicado, esplora i lati oscuri della scrittrice Virginia Woolf, icona del movimento femminista.

Il compito di raccontarne la complessa personalità è affidato a due testimoni d’eccezione: la sua cuoca, Nelly Boxall, e la cameriera, Lottie Hope. Queste donne, storicamente esistite (la prima è recentemente scomparsa, mentre della seconda si sono perse le tracce), mostrano il lato umano e contraddittorio di un personaggio cardine della cultura europea. «La Woolf rappresenta un punto di riferimento per chi, come me, ha vissuto il ’68, è stata una figura straordinaria, ma non perfetta. Anzi, per il mio lavoro sono importanti soprattutto i suoi limiti – spiega Alicia Bartlett –. Era sicuramente una progressista, ma viveva in una società classista, e questo è fondamentale. Per lei era impensabile preoccuparsi delle esigenze delle sue domestiche». Si tratta di un problema di priorità: è più forte il senso di appartenenza a una determinata classe sociale o quello al genere femminile? È uno degli interrogativi a cui cerca di rispondere lo spettacolo messo in scena al Verdi per la regia di Gabriele Calindri. Jolanda Cappi e Renata Coluccini, nei panni di Nelly e di Lottie, interpretano due punti di vista molto differenti sulla padrona. La prima se ne invaghisce e le dimostra una dedizione assoluta, che con il tempo si trasforma in odio sottile a causa della totale indifferenza di Virginia. «Nella trasposizione teatrale abbiamo dato grande rilievo a uno dei punti di svolta del romanzo – sottolinea Jolanda Cappi –. La sconfinata ammirazione del mio personaggio per la Woolf finisce nel momento in cui viene descritta la conquista del diritto di voto da parte delle donne. Appena viene a conoscenza della notizia, Nelly si precipita a casa per dirlo alla padrona, ma Virginia la gela, comunicandole che per lei non cambierà nulla. Una donna non sposata e senza un reddito di un certo livello non potrà comunque votare. La cuoca, che fino ad allora aveva tenuto un diario per sentirsi a sua volta una scrittrice, vede il suo mito che le crolla davanti». La cameriera, invece, appare più ribelle: si vuole sposare, giudica sconveniente il tenore di vita e strane le relazioni della famiglia e degli amici di Virginia. «Lottie è l’anima più ingenua della situazione – aggiunge Renata Coluccini –. Non subisce l’influsso della Woolf, vede le cose come stanno e cerca una propria identità». Fondamentale è il fatto che Virginia Woolf non appaia mai in scena, lasciando che siano le parole delle serve a delinearne il ritratto. «Questa è una caratteristica della trasposizione teatrale che ho molto apprezzato: per parlare di un mito non è necessario che sia fisicamente presente» conclude la Bartlett.

[lucia landoni]

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