Le foto di von Gloeden debuttano tra le polemiche
Milano celebra un fotografo tedesco che amò l’Italia al punto tale da farne il soggetto principale delle sue opere. Dal 24 gennaio al 24 marzo Palazzo della Ragione ospiterà la più completa mostra mai fatta a livello internazionale su Wilhelm von Gloeden. Saranno esposte circa 150 fotografie, provenienti in parte dalle raccolte museali della Fratelli Alinari di Firenze e in parte dall’archivio civico del Castello Sforzesco.
Innamorato della Sicilia, dove si trasferì per problemi di salute, von Gloeden trascorse a Taormina gran parte della propria vita, dal 1878 al 1931. In mostra, oltre a documenti e libri appartenuti al fotografo, ci saranno le stampe originali che ne ripercorrono l’arte. Si va da immagini del paesaggio siciliano alle foto delle antiche vestigia classiche, dai personaggi in costume folkloristico al vero e proprio reportage del 1908, quando von Gloeden documentò i catastrofici effetti del terremoto di Messina. Impossibile, poi, non citare le fotografie di nudo maschile, che hanno causato le polemiche da cui è stata accompagnata l’inaugurazione della mostra. Polemiche che però, a sentire gli esperti, sono assolutamente ingiustificate.
«Von Gloeden è stato il primo artista ad affrontare il mito con la fotografia – spiega Vittorio Sgarbi, assessore alla Cultura – Tutte le sculture antiche sono nude e nessuno lo trova scandaloso: pensiamo ai Bronzi di Riace. Non parliamo poi della pittura. Se ci scandalizzassimo per un nudo dovremmo inorridire di fronte alla Venere del Botticelli». Le immagini proposte nella mostra non vogliono rappresentare la realtà, ma una dimensione onirica, di speranza e desiderio che appartiene al fotografo. «Il lavoro più audace di von Gloeden, se riletto senza pregiudizi convenzionali, si rivela, salvo alcune eccezioni, di delicata castità, semmai naïve, e di una ironica, ingenua ma accattivante poesia», sottolinea Italo Zannier, curatore della mostra ed esperto di tecnica e storia della fotografia. La produzione dell’artista si divide sostanzialmente in due grandi filoni: quello della professione pubblica, con vedute paesaggistiche e scenette di folklore, e quello dell’attività apparentemente clandestina di fotoamatore e conclamato omosessuale. Insomma, le immagini catturate dall’obiettivo di von Gloeden sono destinate a far discutere, ma pare che questa sia una particolarità dell’arte fotografica. «Anche se l’Italia sta cominciando solo ora a comprenderne l’effettivo valore, la fotografia è un’arte importantissima, giovane e rivolta ai giovani – sostiene Federico Motta, la cui casa editrice figura tra gli organizzatori della mostra –. È naturale che apra al confronto e, in qualche caso, alla polemica». Probabilmente von Gloeden, alla fine dell’Ottocento, non avrebbe mai immaginato che i suoi scatti avrebbero dato impulso a un acceso dibattito sull’omofobia, attualissimo anche nel Duemila.
[lucia landoni]
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