SPETTACOLI

Piccoli esilaranti drammi coniugali

“Sa? Oggi o domani festeggiamo 23 o 24 anni di matrimonio”. Una battuta dai tratti surreali e dentro c’è tutto il talento di Neil Simon. Non ci sono doppi sensi o volgarità, ma solo l’incomunicabilità che dà vita a paradossi, quelli che rendono “Suite Plaza”, ieri al debutto al teatro San Babila, una commedia che a quarant’anni di distanza gode ancora del favore di critica e pubblico. La pièce è costruita su tre coppie che s’incontrano e si scontrano facendo scintille, personaggi disegnati sopra le righe ma per niente banali o eccessivamente caricaturali.

Corrado Tedeschi interpreta in tutti e tre gli atti il maschio della coppia. Recitazione un po’ monocorde la sua, soprattutto se paragonata al brio e all’esuberanza delle sue partner: Patrizia Loreti, tra le migliori caratteriste italiane, e Ketty Rosselli. Entrambe lasciano il segno. Si cuciono addosso il personaggio e lo indossano come una seconda pelle. Nella prima scena Tedeschi e Loreti sono una coppia in crisi che cerca di riaccendere la fiamma. Lei è la mogliettina devota e molesta, voce querula e capacità d’infastidire il marito anche solo servendogli il caffè. Lo porta nella stanza della prima notte di nozze in occasione dell’anniversario ma sbaglierà stanza, e soprattutto anno: non il ventiquattresimo ma il ventitreesimo. Lui è il perfetto uomo in carriera, ben conservato ma annoiato dalla vita (e dalla sua compagna). Rifiuta di accettare il passare del tempo e s’infastidisce quando la moglie ammicca dicendo: “vedrai, nel cimitero sarai il cadavere più giovanile”. Lei vorrebbe ricevere più attenzioni. Si sdraia sul letto e legge ad alta voce un salmo, mentre il marito si dedica alla sue scartoffie, ma non resiste alla tentazione di modificare il canto e pungere il consorte : “Il Signore è il mio pastore, non mi fa mancare nulla, Lui”. Ah, i doveri coniugali, che nota dolente: “Perché non l’hai portato? Sai che senza pigiama non riesco a dormire” fa lui. “Appunto, era proprio questa l’idea”, risponde lei con sguardo torvo. Anche l’irruzione sulla scena dell’amante di lui, non scalfisce il potenziale ironico della moglie: “Stai con lei perché è la prima persona che hai visto quel giorno. Se quella mattina avessi incontrato il portiere, adesso toccherebbe a lui”. Nella seconda scena, Tedeschi interpreta il classico animaletto da salotto defilippico, il belloccio di successo che non riesce a camminare senza autocompiacersi del proprio splendore. Vita dorata, la sua, ma vuota. Cerca compagnia sfogliando la sua agenda e collezionando sonori rifiuti, fin quando una fiamma di quindici anni prima non risponde positivamente all’invito. È una mogliettina felice, madre di tre bimbi ma sotto il trench indossa un vestitino sexy. Precisa che ha fretta perché alle tre ha un appuntamento dal parrucchiere. Le tre passano e i bicchieri di vodka, “non bevo nulla, non insistere” si moltiplicano, il numero dei figli si riduce (“sono tre ma uno è in campeggio”) e il rapporto col marito mostra crepe profonde. “Con Larry sono in crisi, e poi se penso che a quest’ora avrei potuto essere la moglie del più famoso produttore di Hollywood, vivere nella casa di Humphrey Bogart e frequentare Bruce Willis…”. Non completa la frase, gli si concede sotto una chaise longue. Torna in sé ma gli si butta di nuovo al collo, accusandolo di aver abusato della sua ingenuità. Esilarante gioco delle parti, in cui il biasimo del pubblico divertito si sposta progressivamente dal narciso alla valletta mancata. Si chiude con i due che hanno resistito a tutte le intemperie del rapporto di coppia, perdendosi inesorabilmente per strada. Questa volta devono unire le forze per convincere la figlia, chiusasi in bagno a cinque minuti dalle nozze, a non rovinare tutto. Battibeccheranno come Sandra e Raimondo dei tempi migliori, scegliendo registri diversi. Lei sarà accomodante e accondiscendente con la pargoletta, lui le ricorderà che ha quattro musicisti sul libro paga, il catering già pagato, il vestito e il noleggio della Sala Blu. La moglie sembra incapace di rendersi conto della gravità della situazione, finché non le si smagliano le calze e, a forza di bussare, non le si rompe l’anello di brillanti. Il padre tenterà addirittura di stanarla riempiendo di fumo il bagno. Disperazione e tensione che conducono la coppia a gesti sconsiderati che rovineranno irrimediabilmente i loro vestiti perfetti. “Ma perché non vuoi uscire? Cosa pensi possa capitarti? Starete insieme, invecchierete, diventerete una coppia normale. Come noi”. I due si guardano. Hanno capito di cos’ha paura la figlia.

[alberto tundo]

Nessun commento:

Posta un commento

Commenta questo articolo