“Nostri concittadini e fratelli prima che autori”. Giornalisti che scavano nelle pieghe di un Paese malandato, con l’occhio di un biologo al microscopio. E’ l’immagine che riassume “Il corpo e il sangue d’Italia”, un’acuta inchiesta corale, dal taglio narrativo, alla quale hanno partecipato otto delle migliori penne italiane. Il volume, edito dalla casa editrice romana “Minimum fax”, raccoglie minuziose testimonianze dirette di persone attraversate da amore e odio per la propria terra. Accorati spaccati di quell’Italia nascosta, ripudiata dall’informazione miope di questi tempi. Dalla Taranto di Cito al Family Day, dall’Imam di Roma che lavora in un phone-center allo “Scandalo a Filadelfia” di una paesino della Calabria, l’esperienza che segna il volume tocca e suscita pensieri. L’edizione è stata curata da Christian Raimo (nella foto), scrittore romano, per le collane “Indi” e “Nichel” di “Minimum fax”, Raimo ha puntato sulla “ricerca della verità”, tema che riprende nella sua prefazione al libro. “A chi frega qualcosa dell’Italia?” Si chiede nell’introduzione. Abbiamo intervistato Christian per capire la natura e le ragioni di quest’inchiesta.
Come nasce “Il corpo e il sangue d’Italia”?
“Dall’esperienza con “Indi”, la collana a cui collaboro per “Minimum fax”.
Tempo fa, mentre ci stavo lavorando, pensai ad una nuova collana narrativa d’inchiesta. Il titolo mi è venuto in mente subito, e penso che fotografi al meglio le nostre intenzioni. Ne usciranno altri, almeno cinque, dello stesso tenore e con la stessa voglia di raccontare il non raccontato. Politica, cronaca nera, società, spettacolo: tutto ci interessa per fornire dei reali spaccati italiani, senza filtri.”
Il lavoro ha seguito una struttura precisa?
“Si, i ragazzi si sono mossi su tre livelli distinti. In primo luogo su un preciso lavoro documentale sul campo, aspetto del quale si sente una terribile mancanza. Molti moderni pezzi d’inchiesta a mio parere non scavano abbastanza, e soprattutto non compiono una ricerca che centri davvero la verità. In secondo luogo volevamo rispondere alla domanda: dove sono finite improvvisazione ed interpretazione? Montagne, cumuli, pile e pile di dati senza una lettura approfondita non servono a nulla. Oggi molti giornalisti, pigramente, raccontano la realtà in maniera asettica, e ciò che veramente importa rimane nascosto. Noi abbiamo puntato invece ad un’interpretazione sentita, accorata, ed a questo proposito l’appartenenza alla comunità è stato il primo requisito di scelta dei ragazzi coinvolti. In ultimo è stato fondamentale il coinvolgimento personale. Diffido dai giornalisti tuttofare, che si prendono la briga di avere una parola su tutto. Noi abbiamo affidato “Il corpo e il sangue” a donne e uomini innamorati della loro esperienza, della loro vita in mezzo ai loro fratelli e amici.
Ecco, credo che vadano recuperate quelle voci che vengono da dentro, da persone autenticamente legate alla propria terra.”
Come hai scelto gli autori?
“Ho grande stima dei ragazzi che hanno collaborato.
Li conosco personalmente da tempo, alcuni di loro provengono dalle Scuole di giornalismo e nutrono grande fiducia nella Professione.
Sono giovani ma hanno già dei curricula pesanti, non avevo nessun dubbio.
Sono bastate due parole per mettersi d’accordo, l’assenso è stato logico e naturale.
Il loro coinvolgimento personale era già lì, pronto per essere messo al servizio de “Il corpo e il sangue”.
Nella tua prefazione metti in risalto l’importanza della “ricerca della verità”.
“Il nostro è stato un obiettivo/tentativo. La ricerca della verità deve essere una priorità ma l’impresa non è facile.
Più che dalla verità, purtroppo, il giornalismo e la comunicazione in generale sono alimentati da un pesante sensazionalismo: si finisce sempre per non parlare di niente.
Mi viene in mente l’esempio di un agenzia che operava tempo fa, “Eta communication”: creava notizie al solo scopo di fare promozione.
Ad esempio, studiò abitudini delle persone che fanno il brunch domenicale.
Ecco, questo per me è un esempio di inutile informazione, oltre che cattiva.
Serve di più parlare di quello che ci succede attorno, ma le voci devono essere quelle delle persone a noi più vicine, le fonti sorgive della notizia.”
La televisione condiziona il giornalismo?
“Il problema non è la televisione, bensì l’audience dalla notizia.
E’ il mercato, il consumo della notizia che ormai regola l’informazione.
E questo è un grosso problema. Si decidono le diete da somministrare periodicamente al popolo e si procede fino alla saturazione . A dieta finita se ne trova una migliore, e il mercato si rigenera senza curarsi del valore delle notizie.
E’ stata interessante un’indagine di Alessandro Baricco di qualche tempo fa. Ha spiegato come ci fossero alcune notizie che passavano nel disinteresse più assoluto in un primo momento ma che venivano poi recuperate per diventare una fonte d’intrattenimento.
Il più delle volte erano soltanto accattivanti, e ovviamente il mercato le preferiva ad altre.”
“Il corpo e il sangue” vuole essere anche una sorta di guida per il giornalista “autentico”?
“Non abbiamo una tale presunzione e credo che ci siano, a parte tutto, ancora molti giornalisti davvero bravi.
Il punto fondamentale è, secondo me, che il giornalista oggi deve essere ferrato su più campi. Deve conoscere bene anche altre aree, altri lavori, per compiere al meglio la propria inchiesta.
E penso che ne “Il corpo e il sangue” ci sia un forte esempio di cosa voglia dire raccontare la vita.”.
[paolo rosato]
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta questo articolo