Lotta alla mafia, «lo Stato non fa più sul serio»
«Lo sforzo dello Stato non è adeguato al problema che dobbiamo affrontare». Non usa mezzi termini Alberto Nobili, procuratore aggiunto della procura di Milano, nel corso del suo intervento al convegno sulla mafia nel nord Italia. Nobili, un passato alla Direzione distrettuale antimafia del capoluogo lombardo, ha iniziato il suo intervento ricordando un concetto di Giovanni Falcone: «Quando lo Stato fa le cose sul serio, i risultati si vedono».
La riforma dell’ordinamento giudiziario e l’alto numero di pentiti degli anni Novanta sono la dimostrazione che una strategia organica di attacco alla mafia può portare frutti evidenti. Oggi non sembra esserci da parte delle istituzioni la dovuta attenzione verso la mafia. «Lo Stato è distratto dal problema della microcriminalità e della sicurezza - denuncia Nobili - . In tutto il Nord solo 200 membri delle forze dell’ordine si occupano a tempo pieno della mafia. Ne servirebbero almeno il quintuplo». Pochi uomini e poche risorse, come dimostrano le testimonianze dei procuratori del nord Italia, che dipingono uno scenario di forte infiltrazione delle mafie italiane e straniere in Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Veneto ed Emilia-Romagna. Maurizio Laudi, procuratore aggiunto a Torino, invita a mantenere alta l’attenzione, in un momento in cui la mafia ha attuato una strategia di invisibilità, investendo in affari di difficile investigazione. «Mancano gli strumenti legislativi: ad esempio, si dovrebbe negare il patteggiamento ai recidivi per reati di spaccio e impedire la concessione agli stranieri di misure alternative alla carcerazione», accusa Laudi. Un ribaltamento di mentalità dunque, non più la ricerca solo dei capi, ma l’attacco alla bassa manovalanza.
Parla anche Giuliano Turone, grande indagatore di Licio Gelli e oggi docente dell’università Cattolica: «Serve un salto di qualità nelle indagini patrimoniali, le analisi finanziarie sono fondamentali». Di opinione opposta è Raffaele Grassi, direttore del Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato: «Nessun’altra polizia del mondo ha mezzi sofisticati come i nostri. I problemi sono nella macchina globale, alcuni sotto l’aspetto giudiziario, come i riti alternativi e la mancanza di certezza della pena». «Non si può certamente abbassare la guardia - continua Grassi - . Dopo la cattura di Bernardo Provenzano, l’ideatore della strategia di invisibilità, la mafia potrebbe cambiare sistema e rendersi nuovamente visibile. Dobbiamo vigilare».
[francesco perugini]
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