CUBA

Cinque cubani in carcere senza prove

Si trovano in carcere da oltre nove anni. Cinque uomini cubani sono stati arrestati nel settembre del 1998 a Miami con l’accusa di essere spie dal governo di Washington. I loro nomi sono: Gerardo Hernandez, Ramon Labanino, Fernando Gonzalez, Renè Gonzalez, Antonio Guerriero. Le imputazioni ufficiali vanno dalla strage, all’omicidio, alla cospirazione, al terrorismo anti-americano.

Avrebbero messo in pericolo la sicurezza nazionale. In effetti una violazione della legge c’è stata poiché alcuni di loro avevano documenti falsi, nulla di più. Per questo i “Cinque” si trovano in diversi penitenziari statunitensi senza che i capi di imputazione siano stati né provati, né documentati. Eppure fin dal primo giorno questi uomini hanno subìto un trattamento carcerario durissimo, in genere riservato ai più pericolosi killer, rimanendo in celle d’isolamento (i cosiddetti “buchi”) per oltre 17 mesi di seguito, senza poter vedere mogli, figli, avvocati e subendo torture psicologiche d’ogni genere.

Durante il processo, i cubani hanno affermato di essere agenti di Fidel Castro e di essersi infiltrati nei gruppi paramilitari della mafia cubano-americana, per prevenire atti di terrorismo contro il proprio Paese, ripetendo più volte di non aver mai ricercato informazioni segrete sul governo statunitense. La difesa ha ampiamente dimostrato che gli accusati non rappresentavano un pericolo per la società e che non avrebbero causato alcun danno contro obiettivi civili o militari. Manuel David Orrio Del Rosario è un agente della sicurezza cubana, che è stato infiltrato 11 anni come economista e giornalista nell’agenzia di notizie Cubanet con sede a Miami, agenzia che si dedica a promuovere il cosiddetto “giornalismo indipendente”. Orrio Del Rosario ha spiegato che «proprio loro che sempre si preoccupano di giudicare gli altri (gli Stati Uniti, n.d.r. ) ancora oggi dopo quasi nove anni dall’arresto, non hanno permesso agli avvocati della difesa dei cinque cubani di poter accedere all’80% della documentazione presentata dalla procura perché il governo statunitense l’ha dichiarata segreta. Gli accusati, inoltre, non conoscevano i propri capi di accusa e sono stati confinati in solitarie celle di rigore, per impedire che si preparassero per il processo».

«I “Cinque” – continua il giornalista - sono stati arrestati con 26 accuse di violazioni delle leggi federali degli Usa. Di queste accuse, 24 sono delitti di carattere tecnico e sono relativamente lievi, e includono una presunta falsificazione di identità e l’omissione della verità, cioè quella di dichiararsi agenti stranieri. Nessuna delle accuse imputa loro l’utilizzo di armi, di essere stati coinvolti in atti violenti o di distruzione delle proprietà». I “Cinque” arrivarono negli Stati Uniti provenienti da Cuba dopo molti anni di violenze perpetrate da mercenari armati dalla comunità degli esiliati cubani nella Florida. Durante più di 40 anni questi gruppi sono stati tollerati e protetti dai governi degli Usa».

«Il comportamento assunto contro i “Cinque” non solo viola le leggi nordamericane riguardo ai diritti individuali, ma anche i procedimenti legali». Così ha denunciato Ricardo Alarcón de Quesada, presidente della Assemblea Nazionale cubana. «I ragazzi sono stati arrestati all'alba del 12 settembre 1998 e per tre giorni e poco più sono rimasti sotto costanti e intensi interrogatori, senza essere presentati alla giustizia, senza che venissero formulate accuse né contassero su di un avvocato per la loro difesa. Per legge sono innocenti finché non venga dimostrata la loro colpevolezza, ma nonostante sia stata dimostrata, al contrario, la loro innocenza, i “Cinque” continuano a restare in prigione.» «Questa è la prima volta negli Stati Uniti – ha affermato Ricardo Alarcón de Quesada - che si condanna qualcuno per spionaggio, senza prove». «Da anni ormai questi ragazzi sono in isolamento senza motivo», racconta l'avvocato Tecla Faranda, dell'associazione "Giuristi democratici” che ha seguito la vicenda da vicino. «Mi sono imbattuta in situazioni simili solo in Israele e in Turchia. È la prima volta che un tribunale americano condanna all'ergastolo dei detenuti che non si siano macchiati di crimini di sangue, ma solamente di associazione per delinquere, che poi di fatto non esiste».

Anche Amnesty International è intervenuta nella vicenda, chiedendo più volte al tribunale statunitense di rivedere i propri giudizi. L’ultimo appello lanciato dall’organizzazione riguarda la decisione di non concedere il visto alle mogli dei “Cinque” per poterli visitare. «Amnesty International ritiene – ha spiegato un portavoce – che negare le visite ai cinque cubani sia una misura eccessivamente punitiva oltre che contraria agli standard di trattamento dei prigionieri e contraria al dovere dello Stato di proteggere la vita familiare». Secondo Salim Lamrani, studioso delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti e autore del libro Il terrorismo degli Stati Uniti contro Cuba, la censura operata dalla grande stampa internazionale è stata complice della grave ingiustizia subìta dai “Cinque”. «Il mondo della stampa – dichiara Lamrani – non è più quel quarto potere con il compito di denunciare errori ed eccessi dei governi. Oggi risponde ai programmi dei gruppi privilegiati e difende gli interessi economici e politici delle élite. Questo è stato dimostrato ancora una volta con il totale silenzio sulla vicenda dei “Cinque”».

[gaia passerini]

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