ARTE E IMMIGRAZIONE

Immigrazione, l'arte che non ti aspetti

Michel Koffi viene dal Benin, costa occidentale dell'Africa. È arrivato in Italia negli anni ’90. Sale sul palco con il suo caftano colorato e si presenta: «Sono un musicista, uno scrittore e un attore». Si aggiusta il microfono e dalla pianola fa partire una base che mescola ritmi tribali e sonorità pop. Canta in italiano e la sua canzone parla d’integrazione e di tolleranza. Michel è uno dei Talenti Extravaganti che la Provincia di Milano ha raccolto allo spazio Oberdan per presentare il nuovo progetto omonimo sulle espressioni artistiche delle comunità immigrate realizzato in collaborazione con il Centro Come della cooperativa Farsi prossimo.

La sua esibizione apre il convegno che durerà tutta la giornata e in cui agli interventi di personalità istituzionali e di studiosi si alterneranno altri artisti come lui: per leggere poesie e racconti, suonare musica e mostrare dipinti.
«Ci auguriamo che questo progetto – dice Daniela Benelli, assessore provinciale alla cultura – promuova l’interculturalità e i processi di integrazione, valorizzando la polifonia dei linguaggi e delle varie forme di espressione artistica degli immigrati. Un’alternativa alle politiche sull’immigrazione ispirate al sospetto, alla paura dell’altro e del diverso».
Gli artisti scovati fra le comunità di stranieri a Milano e in provincia sono più di 115, tutti presenti sulla mappa online del sito della Provincia. Provengono da tutte le parti del mondo. Leggendo i dati si scopre che dall’America Latina e dall’Africa la creatività si sprigiona per lo più attraverso la musica e la pittura. Dall’Est europeo, invece, arrivano molti scrittori, che in tutto sono 31. E molti di loro scrivono in italiano. Spesso sono figli di immigrati di prima generazione, o figli di una coppia mista, come Gabriella Kuruvilla, nata da padre indiano e da madre italiana. Lei ha fatto della contaminazione dei linguaggi e delle culture una delle basi per costruire i suoi racconti: «Ho sofferto per anni il rimpianto per le tradizioni indiane, adesso le sto riscoprendo».
«La contaminazione è la matrice del nuovo. Il melting pot è il nostro orizzonte futuro, quello che permetterà agli immigrati di acquisire la cittadinanza attiva e che darà loro il diritto voto», continua l’assessore Benelli. Anche per questo la Provincia aprirà una Casa delle Culture, dove gli immigrati che producono arte e cultura potranno incontrarsi con gli italiani, mescolarsi con loro. Servirà a trasformare Milano in una metropoli capace di assorbire le diversità grazie all’incontro e al dialogo, non solo attraverso la globalizzazione.
Servirà a superare la diffidenza e l’ignoranza disorientata di chi ricorre a stereotipi e banali mezze verità per costruirsi un’immagine dell’immigrato da inquadrare e tenere a distanza. «Sarà utile – dice Enzo Colombo, docente di sociologia della Statale di Milano – ad accoglierlo come colui che più di ogni altro è capace di sorprenderti. Perché la caratteristica principale dell’incontro con lo straniero è la meraviglia, non la paura».

[mario neri]

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