Il volume ripercorre in quattro capitoli la storia del Partito socialista dal 1956 al primo governo di centro sinistra del 1963. Nel gennaio successivo nacque il Partito socialista di unità proletaria, di cui l’autrice ricostruisce il progetto politico attraverso gli editoriali del Mondo Nuovo, settimanale del partito. Il periodo di riferimento arriva al 1967, ultimo anno del deludente progetto riformista propugnato dal Psi, una volta salito al governo. Negli stessi anni la direzione vide l’avvicendarsi del fondatore Lucio Libertini, Tullio Vecchietti e Piero Ardenti. Diventando giornale di partito il Mondo Nuovo perse tuttavia la vivacità intellettuale e il rapporto con il mondo operaio, mentre lo Psiup, che ottenne nel 1968 il 4,5% dei voti, reagì in modo troppo ambiguo alla Primavera di Praga. Tentando di porsi alla sinistra del Pci provocò infatti una crescente disaffezione del suo elettorato, i giovani che avrebbero poi fatto il Sessantotto.
Bertinotti iniziò la sua carriera a 26 anni nello Psiup e ricorda che nel ’64 era ormai chiaro il fallimento dei tentativi socialdemocratico e comunista: «È necessario per noi mettersi all’altezza di chi, come Giorgio Amendola, già allora proponeva un partito unico a sinistra, rivolgendosi alle formazioni che potevano mettere insieme il 45% dei voti». Non è dato sapere se si tratta di un messaggio velato agli attuali interlocutori politici di sinistra, ma dalla storia socialista Bertinotti trae un altro suggerimento per l’attualità: «Quando muore il centro sinistra, Nenni annota nei suoi Diari: "Non c’è niente da fare al Governo se non arginare la prepotenza della destra". Scopre cioè che il Governo non è la vera “stanza dei bottoni”, come credeva. Lì finisce l’idea di riformare il Paese dall’alto. La verità – spiega l’ex Presidente della Camera - è che l’ala di centro sinistra non è mai idonea alle riforme sociali, perché ha organicamente al suo interno un centro che dal Governo diventa sistematicamente la potenza egemonica: il centro infatti non è in relazione politica, ma sistemica, con la Banca d’Italia, la Confindustria e il Vaticano».
L’ipotesi unitaria viene comunque presa in considerazione da Chiara Cremonesi, segretario provinciale di Sinistra democratica: «Milano dimostra quello che sta succedendo nel Paese: c’è il più alto tasso di immigrati, di donne lavoratrici e di domanda di laicità, con il maggior numero di coppie non sposate, con figli. Stiamo lasciando che tutto questo venga interpretato dalla destra. Dobbiamo rispondere, ma è necessario a sinistra un confronto vero per discutere con chiarezza su quello che vogliamo. L’unità non sia una formalità, un paravento». Raccomandazioni, dunque, ma anche l’allarme di Antonio Panzeri, membro del Pd, eurodeputato del gruppo socialista: «Dobbiamo renderci conto che nel cammino dal Pci al Pd stiamo subendo una grossa sconfitta culturale, ma soprattutto che si sta generando un vero blocco sociale e politico intorno alle bandiere di Berlusconi, così come avvenne per la Democrazia cristiana per tanti anni. Potrebbe non rivelarsi soltanto un problema di leadership». L’osservazione gela gli astanti e strappa una stretta di mano da parte di Bertinotti, che, a latere della conferenza, esprime anche una valutazione sull’attuale crisi economica: «Finora ha colpito i giovani e i precari, di cui è necessario che si occupi il Governo. L’intervento dello Stato nell’economia è inoltre necessario. Lo fa Obama, lo fa Sarkozy: se un Paese decidesse di non attuarlo, ne soffrirebbe il doppio».
[daniele monaco]
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