Matteo Lancini, professore incaricato di psicologia dell’adolescenza, presso l’università Bicocca di Milano, non accetta questa generalizzazione e lancia un messaggio ben preciso: «Serve molta attenzione. Il bullismo è un fenomeno ben definito. Si può parlare di bullismo solo quando siamo in presenza di un’azione aggressiva ripetuta nel tempo, in cui i soggetti coinvolti ricoprono sempre lo stesso ruolo: chi il “carnefice” e chi la “vittima”». Non si può, quindi, identificare ogni atto violento come bullismo: «È importante capire questa differenza - continua il professor Lancini - altrimenti si corre un serio pericolo educativo. Il bullo, di per sé, non è un delinquente».
Con queste parole, però, Lancini non vuole minimizzare un fenomeno preoccupante, da tenere sotto stretta osservazione. Dagli ultimi dati, forniti dall’ottavo rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, emerge che il 35,6% degli adolescenti è vittima di provocazioni e prese in giro. Gli episodi di bullismo si verificano soprattutto negli ambienti in cui i giovani si ritrovano. Luogo classico in cui si riscontrano molti casi di aggressività tra adolescenti è la scuola. «Per questo ribadisco che il bullismo pone un problema educativo molto forte - insiste Lancini -. Il bullismo è espressione di un disagio sociale del bullo, che cerca il successo attraverso l’aggressività verso i più deboli».
Negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento di modelli. Da fenomeno prevalentemente maschile, il bullismo ha iniziato a diffondersi anche nel mondo femminile. Il professor Lancini precisa: «Rimangono comunque delle differenze tra i due tipi di bullismo. Mentre, infatti, i maschi tendono ad agire attraverso un’azione diretta, come ad esempio i maltrattamenti fisici, le ragazze attuano un bullismo indiretto, fatto di pettegolezzi e di isolamento della vittima dal gruppo».
Si è portati a pensare che il dilagare di questo fenomeno sia dovuto in parte alle dipendenze del mondo giovanile. Videogiochi, alcool, droga spingono all’isolamento e aumentano l’aggressività. Il professor Lancini, però, suggerisce di non credere a conclusioni affrettate: «I dati su un possibile legame tra abuso di videogiochi o di altre sostanze e il bullismo sono incerti. Non si può negare che la dipendenza da sostanze produca effetti negativi, così come bisogna ammettere che Internet ha favorito la nascita di una nuova tipologia di bullismo, il cosiddetto cyberbullismo. Di certo, però, il fenomeno del bullismo non è nato con queste problematiche».
Ma come si può affrontare un fenomeno così complesso? «Proprio perché è un problema legato alla crescita degli adolescenti, le famiglie rivestono un ruolo fondamentale» dice il professor Lancini. «Da membro dell’Osservatorio regionale della Lombardia sul bullismo, credo sia molto importante l’alleanza scuola-famiglia proposta nel patto educativo dell’Osservatorio. Molto spesso, i genitori delegano alla scuola alcune loro funzioni. Ma di fronte al bullismo è necessario che scuola e famiglia operino insieme sul ragazzo, per fornirgli una risposta sistemica e coordinata alla sua situazione»
[daniela maggi]
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