VERTICE DI OSLO

Non più a spasso con un grappolo di bombe

Si chiamano cluster bomb, bombe a grappolo. Quando esplodono liberano centinaia di submunizioni che si sparpagliano andando a colpire in più punti l’obiettivo da eliminare. Quando le cluster bomb deflagrano fanno parecchio rumore, ma sembra che qualcuno non voglia sentire il boato di questa esplosione. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, ma quel che è peggio, si ostinano a tapparsi le orecchie proprio quelli che le cluster bomb le producono, le vendono e soprattutto, le usano. Stati Uniti, Cina, Russia, Israele, India e Pakistan hanno preferito volgere lo sguardo altrove mentre a Oslo cento governi di tutto il mondo si sono riuniti per sottoscrivere l’impegno a non a non usare, produrre, acquistare, commercializzare, stoccare, trasferire direttamente o indirettamente munizioni cluster; assistere o incoraggiare chiunque a intrattenere attività proibite dall'accordo con un altro Stato membro della convenzione.

Il traguardo siglato ad Oslo è sì un fatto importante, ma, in fondo, è una vittoria mutilata, proprio per la defezione delle grandi potenze militari del pianeta. Sono ormai cinque anni che la società civile internazionale, attraverso l'impegno di 300 Ong, ha avviato un processo multi-laterale di negoziato per l'elaborazione di un trattato di messa al bando delle cluster che si è concretizzato con l’impegno di Oslo. E mentre i Paesi sottoscriventi si impegneranno entro i prossimi otto anni a distruggere i propri arsenali di munizioni a grappolo, i colossi bellici hanno fatto spallucce davanti alla proposta di firma del trattato. Il grande problema di questa tipologia di ordigni consiste (oltre alla mutilazione degli arti delle vittime) nel non innesco degli ordigni sganciati, sia per via aerea o da artiglieria. In questo modo le cluster disegnano scenari post-bellici disseminati di pericolosissime bombe inesplose. Nagorno-Karabakh, Kossovo, Vietnam, Afghanistan, Libano e Iraq sono solo le realtà maggiormente colpite da questo fenomeno. Uno degli esempi di largo utilizzo delle cluster bomb è proprio legato al recente passato dello Stato ebraico: nella guerra contro i miliziani Hezbollah nel sud del Libano del 2006, le truppe israeliane fecero ampio utilizzo delle munizioni a grappolo per stanare i guerriglieri sciiti

Avendo di fatto svuotato di importanza la portata della firma del trattato, la defezione delle grandi potenze militari dal collegio di firma dell’impegno di Oslo deve indurre a ragionare sulle conseguenze che tale scelta comporta. «L’aspetto positivo della firma dell’impegno consiste nel fatto che probabilmente si avranno meno vittime civili negli scenari di guerra post bellici – spiega Andrea Nativi, direttore.del Rid, la Rivista italiana di Difesa -, ma occorre prestare attenzione ad un paradosso molto importante legato all’evento. L’utilizzo di questo tipo di munizioni deriva da una precisa esigenza bellica imposta dalle parti chiamate in causa. Il problema è che le potenze impiegate in scenari di guerra che richiedono l’utilizzo delle cluster, se dovessero rinunciarne, proteggerebbero i civili nelle aree postbelliche, ma metterebbero a repentaglio la vita dei propri soldati durante le operazioni militari». Un altro punto contradditorio legato all’abbandono delle munizioni a grappolo riguarda i colossi dell’industria bellica. Lo smaltimento di interi arsenali di cluster inutilizzate, porterebbe al rinnovo completo dei depositi bellici: si incrementerebbe così il business dell’industria della difesa: «In calce allo stesso trattato è evidenziata in maniera precisa la definizione degli ordigni che non rientrano nella classificazione cluster – conclude Nativi – e questa, di fatto, è la definizione dei futuri ordigni che rimpiazzeranno quelli banditi dall’impegno di Oslo».


[francesco cremonesi]

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