STORIA

Leggi razziali: passo indietro per l’umanità

«Uno spaventoso passo indietro nella storia dell’umanità». È questo il pensiero di Nedo Fiano, testimone della deportazione ebraica in Germania ai tempi della Seconda guerra mondiale, a proposito delle reggi razziali promulgate in Italia esattamente settant’anni fa. Lo ricorda per non dimenticare come si arrivò alla loro emanazione, oggi, al centro congressi della Provincia di Milano, affollato dai liceali. Un’occasione unica per analizzare l’impatto delle leggi sulla società italiana, partendo proprio dalle scuole.

Gli effetti di queste leggi - che portarono ad una separazione forzata dei cittadini anche nel cuore di Milano - sono stati mostrati ai ragazzi anche con la proiezione del trailer del film Fratelli d’Italia?, nel quale è stato ricostruito in digitale lo scantinato della stazione centrale milanese; da qui gli ebrei d’Italia salivano sui vagoni che li avrebbero portati ad Auschwitz .

«Queste leggi aberranti - afferma durante il suo intervento Giansandro Barzaghi, assessore all’istruzione della Provincia di Milano - non possono essere scisse da quello che è stato il fenomeno del fascismo. Anche oggi la scuola discrimina le etnie con la proposta delle classi-ponte. Questo modello separatista è applicato in Italia mentre è abbandonato in tutta Europa, dove si punta sul modello integrativo. Che la lingua italiana si impari d’estate, come accompagnamento all’inserimento». «Credo – ha concluso Barzaghi - che sia una mozione stupida, inefficace e incivile».

Michele Serfatti, storico, direttore del Cdec e membro per il comitato per il memoriale della Shoah di Milano, commentando il titolo del Corsera dell’11 novembre 1938 Leggi per la difesa della razza, ha spiegato alla giovane platea che,se i 44 milioni di italiani avevano bisogno di difendersi da 44mila ebrei, c’era un problema di “razionalità”. «I miei alunni dell’Università Statale - sottolinea Serfatti - hanno trovato 18 contraddizioni nel testo a difesa della razza, a dimostrazione che queste leggi che volevano essere scientifiche facevano leva sulla dittatura, sulla fede feroce che gli italiani dimostravano di avere in essa e sulla profonda banalità alle sue argomentazioni. La sconfitta di El Alamein ha evitato che il genocidio si allargasse anche ad Egitto e Medio Oriente».

La “codarda rassegnazione” è stata messa sotto osservazione anche riproponendo le parole del primo dicembre 1943 di Concetto Marchesi, Rettore dell’Università di Padova, che non si estraniava dalle colpe commesse dalla classe dirigente italiana. Secondo lui, d’innanzi alla propaganda del tempo a favore della “razza”, fatta con manifesti, fumetti, radio e attraverso le parole degli intellettuali, gli studenti erano la nuova speranza che doveva liberare l’Italia dalla “schiavitù e dall’ignoranza”.

La testimonianza di Nedo Fiano è stato il momento emotivamente più intenso della mattinata. La narrazione della sua deportazione, resa viva dalle sue affermazioni urlate in tedesco e dalla divisa che gli diedero nel campo di concentramento, si è conclusa con un saluto alla madre che da Auschwitz non è più tornata. La sua commozione è stata amplificata dalla standing ovation che la sala intera gli ha tributato. «In vita mia –ha concluso Fiano – ho gioito e sofferto ma ho ricordato. Questa è una missione».


[roberto dupplicato]

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