La presenza di immigrati in Italia si fa sempre più forte e stabile e il nostro Paese si colloca in Europa tra i primi per numero di presenze. La comunità più rappresentata, raddoppiata in due anni, è quella romena (sono quasi 1 milione le presenze regolari secondo le stime del dossier), seguita da quelle albanese (402.000) e marocchina (366.000); seguono le collettività cinese e ucraina. Oltre al forte aumento annuale, le fonti statistiche attestano alcuni cambiamenti significativi dell’immigrazione in Italia: l’aumento della presenza femminile, diventata ormai pari a quella maschile, la maggiore forza di attrazione delle regioni del Centro-Nord ma con una crescente presenza anche nel Meridione, la tendenza alla stabilizzazione e il peso crescente delle seconde generazioni.
Il dossier sottolinea come la presenza di immigrati, che costituiscono la maggior parte della manodopera, è indispensabile per accrescere l’economia del paese soprattutto in un momento di crisi economica come quello attuale. La massima concentrazione di lavoratori immigrati si trova, come è facile immaginare, al Nord: le province dove l’incidenza è maggiore sono quelle di Brescia, (dove è immigrato ben un lavoratore ogni cinque occupati) Mantova, Lodi e Bergamo. Tra gli immigrati che trovano occupazione in Italia, secondo i dati del dossier, almeno mezzo milione lavorano in nero, non solo nelle piccole e medie imprese, ma anche nelle famiglie. «Le imprese e le famiglie italiane – ha spiegato Maurizio Ambrosini, docente di sociologia dei processi migratori – sono le prime fautrici del lavoro nero degli immigrati irregolari. Le famiglie hanno bisogno di badanti per accudire i loro anziani e le imprese di operai per mandare avanti le imprese». «Le esigenze economiche e sociali in questo caso – prosegue Ambrosini – si scontrano con quelle della politica e con le paure ingiustificate ma diffuse nell’opinione comune. La politica e, in particolare, l’attuale governo vuole chiudere le porte agli immigrati».
Una sezione del dossier Caritas è dedicata al “pacchetto sicurezza”, presentato dal ministro dell’Interno Maroni, che inasprisce le pene per gli immigrati clandestini, facilita le espulsioni, trasformando i centri di permanenza temporanea e di assistenza in “centri di identificazione e espulsione”. L’immigrazione clandestina rappresenta sicuramente un problema per lo stato italiano ma una distinzione importante va fatta: «Molti di coloro che rischiano la vita per arrivare in Italia – si legge nel dossier – non sono migranti economici bensì persone costrette a fuggire a causa di persecuzioni, violenze o guerre e che non hanno altra possibilità di arrivare in Europa per trovare la protezione che, nel loro Paese, gli viene negata». Nel 2007 hanno presentato domanda di protezione internazionale in Italia 14.053 cittadini stranieri, la maggior parte dei quali proveniva dall’Africa, anche se molti fuggono da Asia e Europa dell’Est. «Esiste un obbligo umanitario nei confronti dei rifugiati – ha detto Maurizio Ambrosini – che fa riferimento alle convenzioni internazionali sottoscritte dal nostro Paese insieme ad altri stati europei. Il nostro dovere, come Stato e come popolo italiano, è quello di accogliere, curare, sfamare gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste in cerca di protezione. Altrimenti andiamo incontro ad una violazione dei diritti umani. I limiti all’accoglienza stanno nella nostra concezione di umanità, di diritti e di società giusta».
Alla presentazione milanese del dossier è stato gettato uno sguardo sul modello di accoglienza spagnolo grazie all’intervento di Maria Segurado Lozano, avvocato responsabile della Rete Legale di Caritas Spagnola. I dati presentati mostrano come l’economia spagnola sia cresciuta nel 2007 proprio nei settori in cui lavorano tradizionalmente gli immigrati: agricoltura, costruzioni e servizi. «In Spagna l’immigrazione non è vista come un problema – ha spiegato Maria Segurado Lozano – ma come un’opportunità. Gli stranieri si integrano nel tessuto sociale e, con la loro presenza, bilanciano numericamente la popolazione spagnola che invecchia». Sono 4 milioni gli immigrati spagnoli con permesso di soggiorno nel 2008, persone che lavorano, pagano i contributi e le tasse come qualsiasi cittadino spagnolo. «L’integrazione – prosegue la Segurado Lozano – è concepita dalle istituzioni e dai cittadini come un fenomeno bidirezionale in cui devono essere responsabili e attivi gli immigrati, i cittadini spagnoli e gli organi politici e amministrativi. L’immigrazione è inserita in tutte le politiche relative alla società».
La Spagna dà una grande lezione di integrazione e proprio l’integrazione degli immigrati è la priorità per Caritas e Migrantes, organismi impegnati in questo settore con propri mezzi e operatori fin dagli anni ’70, quando il fenomeno ha iniziato a essere visibile: «È la logica dei numeri a esigere un cambiamento di mentalità – si legge nel dossier – e l’adozione di politiche realistiche e più aperte. È necessario superare l’avversione aprioristica verso la diversità degli immigrati».
[michela nana]
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